Dall’analfabetismo funzionale a quello digitale

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Il compianto Tullio De Mauro ci ha spiegato che cos’è l’analfabetismo funzionale. Con questa espressione si intente qualcuno che sa leggere e scrivere – non è un analfabeta tout court – ma è incapace di usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana. Un analfabeta – dice l’OCSE – è anche una persona che sa scrivere il suo nome e che magari aggiorna il suo status su Facebook, ma che non è capace…

“di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”

Di esempi, sui social, ne abbiamo a bizzeffe, ogni giorno. Qualche tempo fa ha fatto discutere la reazione della social media manager dell’account Facebook “INPS per la famiglia”, che rispose così a un’utente:

Anche se apparentemente autonomo, un analfabeta funzionale non comprende molte delle cose che gli accadono: non capisce i termini di una polizza o di un contratto, il senso di un articolo, non sa riassumere un testo né di interpretare un grafico.

Che cos’è l’analfabetismo digitale?

Nel bel libro “Figli virtuali” (Erikson Live), Annalisa D’Errico e Michele Zizza propongono un percorso educativo alla tutela e alla complicità nella famiglia digitale. Nel primo capitolo si occupano proprio di analfabetismo. E si chiedono: in quanti hanno studiato le regole di utilizzo di Facebook? Pochi lo hanno fatto, ma sono documenti fondamentali. Molti non sanno comprendere nemmeno messaggi WhatsApp e mail. L’analfabetismo digitale (digital illiteracy) ha caratteristiche simili a quello funzionale, ma riguarda l’utilizzo dei mezzi informatici e delle strutture digitali annesse.
Gli autori non pongono solo il problema, ma propongono una soluzione per genitori che si sentono meno competenti e capaci rispetto a nativi digitali e Millennials: la resilienza. Per resilienza s’intende la capacità di reagire con forza e determinazione ad avversità, complicazioni, difficoltà che la vita pone ogni giorno. Nel caso specifico la resilienza serve per affrontare la situazione, superare l’impasse iniziale e iniziare a lavorare sui dispositivi, senza aver paura di sbagliare. Può anche essere l’occasione per aprire un fronte di dialogo con i figli!

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