3 COSE CHE DEVI SAPERE DI ME

Classe ’75
Sposato con Laura
Padre di Giulia e Greta

CHE COSA FACCIO?

La mia passione per i contenuti digitali e la mia storia di giornalista professionista specializzato in hi-tech, autore di oltre 20 libri, content manager in agenzie di comunicazione e formatore sulla comunicazione online e sull’AI generativa mi permettono di aiutare aziende, professionisti e famiglie a comunicare meglio online e a usare in modo consapevole la tecnologia, grazie a lezioni, workshop e divulgazione. Ho fondato due startup innovative. Dal 2022 sono titolare della cattedra di Net Marketing presso l’Accademia SantaGiulia di Brescia.

PERCHÉ LO FACCIO?

Stiamo vivendo un momento storico di cambiamento epocale: molte persone – professionisti e genitori – hanno paura del digitale perché non lo governano. Ed è la mancanza di controllo a generare stress e ansia.
Il mio contributo – divulgazione, consulenza o formazione che sia – è quello di rendere consapevoli famiglie e aziende del fatto che la tecnologia sia soprattutto un’opportunità: può essere la soluzione, non (solo) il problema. L’onda arriva comunque, meglio cavalcarla che farsi travolgere: ecco perché racconto come governare, e non subire, il digitale.

Firmato: uno che – per colpa del digitale – ha perso il lavoro da giornalista su carta e ora – grazie al digitale – ha trovato la sua vera strada.

IL RACCONTO DELLA MIA CARRIERA DA IN-FORMATORE

Fino al 2012 ero un giornalista professionista specializzato in hi-tech. Causa la crisi del settore e il fallimento del mio editore, ho perso il lavoro della mia vita. È stata la mia grande fortuna.

Ho da sempre una smodata passione per comunicazione e cultura digitali. Cerco di portare l’entusiasmo per la tecnologia in tutti i contenuti che creo: articoli online, interviste, post per blog, piani editoriali per social media, corsi per professionisti e aziende, video, speech per convegni, moderazione di tavole rotonde sul digitale ma soprattutto libri, libri e libri. Queste passioni mi hanno travolto quando ancora ero uno sbarbato (da allora però porto la barba).

A 16 anni ho iniziato a scrivere per un settimanale locale: giravo col motorino per i campetti di calcio di periferia. C’erano sempre 100 spettatori circa, terreno in buone condizioni e partite dai due volti. Dovevo scrivere d’altro.

Dopo la laurea a pieni voti in Scienze Politiche conseguita nel 2001 con una tesi su Internet presso l’Università Statale di Milano (la tesi è in download gratuito qui), ho scritto di tecnologia per una dozzina d’anni per una diffusissima rivista informatica (Computer Idea). Tutt’ora collaboro con diverse testate: tra le altre Agendadigitale.eu, StartUp News e Digital4 nel mondo business.

Peccato che, dopo 10 anni, avevo una professione (giornalista professionista dal 2006) ma non più un lavoro: scrivere di tecnologia sulla carta era un mestiere destinato all’estinzione. Dovevo reinventarmi.  Sebbene nel frattempo quello tecnologico fosse diventato un settore mainstream, avevo un problema di “personal branding”. Allora ho iniziato a scrivere libri ed eBook per diversi editori quali Mondadori, Hoepli, Fag, Informant (vedi Pubblicazioni) e ho ideato la collana “Fai da tech” di Ledizioni. Un testo gratuito è stato scaricato da Amazon quasi 100.000 volte!
La realizzazione di contenuti per le aziende mi ha portato poi a collaborare con diverse agenzie di comunicazione (Business Press, EffettoDomino, Sangalli M&C e altre). Negli ultimi quattro anni ho formato più di 3.000 persone (è una stima per difetto). Faccio formazione sui temi hi-tech per giornalisti presso Primopiano, con crediti formativi. Insegno presso la Business School del Sole24Ore e la Digital Academy di Fastweb, e in alcune università (Pavia, Insubria tra le altre): dal 2022 sono titolare della cattedra di “Net marketing” presso l’accademia SantaGiulia di Brescia (qui una mia intervista per il blog dell’università).
Tengo corsi anche su altri temi: Web writing, digital storytelling, comunicazione aziendale, smart working, brand journalism, social media marketing, ricerca del lavoro online, benessere digitale in azienda. Il mio corso best-seller è il corso sull’uso strategico di LinkedIn e sul social selling.

Da quando sono genitore è esploso l’interesse per il tema “tecnologia e genitorialità” (nel frattempo diventata emergenza nazionale): ho scritto due libri, decine di articoli, tenuto centinaia di ore seminari e workshop nelle scuole (soprattutto incontri di navigazione familiare) sull’uso consapevole della tecnologia. Ho lanciato il primo podcast italiano sul tema. Partecipo, in qualità di relatore, ad eventi e convegni (vedi, per esempio, “Internet mon amour” di Treviolo del 2014). Nel dicembre 2017 ho tenuto un intervento, presso la BCC di Carugate, davanti a più di 500 persone.

Ho il vizio della satira. Scrivo battute hi-tech, che puoi leggere qui.

Insomma, se dovessi scegliere le keyword della mia carriera sarebbero: passione, contenuti, libri e formazione.

Quando alla fine del 2022 ho provato per la prima volta ChatGPT, ho pensato: “Ci siamo”. Erano anni che studiavo il fenomeno dell’intelligenza artificiale generativa e tenevo corsi (vedi “A. I. copywriting – Come usare l’intelligenza artificiale per creare contenuti”) e conferenze sul tema (vedi “Stupidità artificiale Vs. stupidità umana”), ma quando ho testato la versione 3.5 del chatbot di OpenAI mi sono emozionato, mi è caduta la mascella.  Da tecno-entusiasta, ho pensato subito alle implicazioni positive di questa tecnologia, pregustando da una parte un enorme risparmio di tempo, dall’altra la possibilità di accrescere creatività e produttività. Da allora è stato un crescendo: sempre più eventi (vedi l’evento “Fenomeno ChatGPT”) e ancora più workshop (per aziende, professionisti, insegnanti). L’obiettivo, ovviamente, è sempre quello di usare l’AI solo a supporto del nostro lavoro: come giustamente ci insegna Microsoft, i chatbot sono “co-piloti”, non piloti. Il tema va affrontato senza paura, anche perché “non è l’intelligenza artificiale che ruba il lavoro, ma un professionista che sa usarla bene”.

Da anni, come detto, tengo corsi sulla comunicazione digitale, su LinkedIn in particolare. E da altrettanti anni registro tanto entusiasmo sul tema ma anche questi problemi:
– Le aziende investono in LinkedIn, aprendo una pagina ufficiale, ma ottengono pochi risultati (in termini di visibilità e opportunità). Faccio un esempio concreto: pagine con 20.000 follower e 150 dipendenti agganciati, ma post con 20 “consiglia”, nessun commento e zero condivisioni.
– I dipendenti non usano lo strumento, se non per “guardarsi in giro” (a volte in modo sguaiato, danneggiando l’azienda) e non aiutano il proprio datore di lavoro. Perché? Hanno paura di sbagliare, non sono supportati né pungolati e, tutto sommato, non ci guadagnano nulla…
– La rete dei dipendenti è dieci volte superiore a quella dell’azienda su LinkedIn, ma questo potenziale è totalmente inespresso: basti pensare che ogni sei condivisioni di contenuti della pagina, l’azienda acquisisce un nuovo follower. Studiando la teoria dei nudge (fortemente suggerito il testo “La spinta gentile” di Thaler), ho pensato che la soluzione potesse essere la gamification (qui un video su qualche esempio di gamification nella vita di tutti i giorni) per questo motivi.
– Permette di rendere la comunicazione coinvolgente e divertente.
– Trasforma la comunicazione su LinkedIn in una (sana) competizione tra colleghi.
– I dipendenti sono seguiti ma, soprattutto, incentivati con premi (di tappa e finali, fino a proclamare il vincitore).

Per puntare sulla gamification, però, occorreva avere un sistema di tracciamento e misurazione. Per questo, grazie ad Andrea Fattori di Gruppo Orange (uno dei miei soci in questa avventura) abbiamo ideato un algoritmo – QBE – per misurare quantità, qualità e risultati della comunicazione dei dipendenti sui social.

Per maggiori info fai clic qui

Dall’inizio del 2024 sono consigliere scientifico per i temi del digitale dell’IAI – Istituto Affari Internazionali, think tank non-profit (fondato nel 1965) per promuovere la conoscenza della politica internazionale.

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