Ermes Maiolica, l’ultimo dei situazionisti

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“Volkswagen.Italia regala 800.000 auto per San Valentino”: peccato per quel punto tra Volkswagen e Italia. “Umberto Eco voterà sì al referendum costituzionale”: peccato che l’intellettuale, buonanima, non sia più tra noi dal febbraio 2016 mentre il referendum si è tenuto dieci mesi dopo. Sono solo alcuni degli exploit di Ermes Maiolica (sotto, nella foto), ormai unanimemente considerato il bufalaro numero uno in Italia (ma lui si definisce “l’ultimo dei situazionisti”). Trentatreenne, operaio di Terni, lo abbiamo contattato per fargli tre semplici domande.

Ermes, perché crei le bufale online?

“Innanzi tutto non è molto importante il perché, ma il come. Il perché potrei anche inventarmelo, invece il come è oggettivo. Solo capendo il come si potranno prendere provvedimenti, cosa che invece non capiscono Pitruzzella e Grillo, che puntano su un organo di controllo o una sorta di giuria popolare per smascherare le bufale.

Ultimamente si registra un’isteria di massa sulla parola ‘post-verità’, soprattutto da parte delle istituzioni. Perché non si capacitano del fatto che le informazioni non siano più gestite da TV, giornali o siti ufficiali, ma da testate goliardiche e siti fantasma. Mi spiego meglio: una bufala che funziona non ha bisogno di canali ufficiali di divulgazione. Anzi, funziona meglio se viene dal basso. Basta un profilo Facebook, anche con pochi amici. Nel giro di qualche ora una bufala è in grado di diventare la notizia più letta del Paese. Giustamente il Potere si sente minacciato da tutto questo; chi detiene l’informazione controlla le masse: questo si traduce in potere”.

Come hai iniziato?

“Ho iniziato per gioco. Il mio hobby è quello di fare stampe su magliette, così mi consigliarono di iscrivermi a Facebook (questa la pagina Facebook di ErmeX T-Shirt, ndr). Ci ho messo poco a capire che Facebook è un luogo di sfogo e narcisismo, così ho iniziato a prendere in giro la gente (in gergo ‘trollare’, ndr) nei gruppi, postando false citazioni dei politici. Tutti ci cascavano! Ricevevo migliaia di commenti indignati e questo mi faceva ridere. Il massimo era quando le citazioni fasulle finivano nei siti ‘seri’ di controinformazione, divenendo presto virali. Da lì ho iniziato a farmi delle domande, cercando di capire il meccanismo, e lo sto perfezionando. Ora la cosa è letteralmente esplosa…”

Qui parliamo non tanto di come si creano, ma di come disinnescare le bufale: tu come ti difendi da quelle altrui?

“Nella maggior parte dei casi le bufale sono talmente banali che basta davvero poco: l’analisi del link del provenienza spesso dice tutto. La cosa più importante, ci tengo a dirlo, è non interagire: non commentare, non condividere. La bufala non nasce con l’idea dell’autore, ma con la propagazione.”

Questa intervista è stata realizzata per il libro “Manuale per difendersi dalla post-verità“. Il libro – che ho scritto a otto mani con Pilla, Dolce e Giacomello – è inserito nella mia collana “Fai da tech” ed è disponibile sia in formato cartaceo che in eBook. Potete acquistarlo su Amazon:

Che cos’è il Native Advertising? Lo spiega Ligatus

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“Native advertising” può sembrare l’ennesima etichetta di un mondo, quello del marketing digitale, necessariamente in costante fermento e sempre ricco di nuove definizioni ad effetto. Invece si tratta di una vera rivoluzione: lo dimostrano i tassi di crescita a tre cifre.

Di che cosa parliamo? In pratica si tratta di una sorta di gioco di prestigio: attirare l’attenzione del pubblico sulla pubblicità facendo in modo che non sembri pubblicità. Nulla di strano, anzi: è il trionfo della trasparenza. Gli utenti non vogliono più essere sommersi dai classici banner (il display advertising è infatti in crisi, travolto dall’indifferenza e, soprattutto, dagli Ad-blocker) ma accettano volentieri di leggere, tipicamente a fondo articolo nella pagina Web, contenuti interessanti, rilevanti, targettizzati sui loro interessi. Per questo il native advertising genera risultati importanti dal content marketing. Detto nella sostanza, anche la forma conta: gli utenti vogliono fruire di quei contenuti in modo non traumatico, non interruttivo per la navigazione, laddove sono più abituati a leggere le notizie o altri contenuti editoriali.

Tra i player più importanti di questo mercato c’è certamente Ligatus (www.ligatus.com). L’azienda tedesca, che quest’anno festeggia gli 11 anni di vita, è parte del gruppo Gruner + Jahr ed è presente in nove paesi europei, Italia compresa (dal 2013). I numeri sono impressionanti: vanta 31 miliardi di ad impression al mese e la bellezza di oltre 1.200 siti partner (solo siti Premium, dove il traffico non umano tende a zero). Pioniere tecnologico nell’area del performance marketing, investe svariati milioni di euro all’anno in ricerca e sviluppo. Tanto che attualmente la società è il #1 Native Performance Network in Europa.

Julien Mosse, Managing Director di Ligatus

Ci siamo fatti spiegare chi è Ligatus da Julien Mosse, che abbiamo incontrato a Milano in occasione del NetComm Ecommerce Forum. “La proposta di Ligatus – ha dichiarato il Managing Director per il Sud Europa – si articola principalmente in una piattaforma di annunci Native. Puntiamo tutto sulla qualità: non vogliamo dare, come molti fanno, un bel pacchetto vuoto. Quello che per noi fa la differenza è l’algoritmo, il posizionamento, il lavoro consulenziale degli account manager che accompagnano i clienti nella scelta delle migliori strategie e dei contenuti adatti e, soprattutto, il fatto che ci appoggiamo a una rete premium per evitare che il messaggio dei clienti finisca sui siti sbagliati, in ottica brand-safety”. In realtà esiste anche una piattaforma Self-booking utilizzabile in autonomia da chiunque; ma anche in questo caso vi è un controllo sulla qualità dei contenuti.

Per entrare ancor più nel dettaglio, abbiamo chiesto a Mosse che cosa si intende per Programmatic Native advertising: “Si tratta di un sistema per far comparire i contenuti giusti nel momento giusto alle persone giuste. Tecnicamente si sfruttano i dati e il processo decisionale in tempo reale, garantendo la pubblicazione sugli spazi disponibili solo dell’annuncio più pertinente per quel contesto”.

Recentemente Ligatus ha stretto importanti partnership con AppNexus e MediaSmart per ampliare ulteriormente le proprie capacità tecnologiche e il proprio network. Anche in quest’ottica, quali sono gli obiettivi dell’azienda nel prossimo futuro, con particolare riferimento al mercato italiano, in fermento ma certamente in ritardo rispetto ad altre realtà internazionali? “Molti clienti anche qui in Italia hanno capito i vantaggi, in alcuni casi la necessità, di fare native e di continuare a investire sempre più budget con noi, perché hanno visto quali risultati può portare la nostra piattaforma. Oggi siamo in Italia il player di riferimento in questo settore, vogliamo rafforzare questa posizione e rendere i clienti sempre più felici dei risultati che riescono a generare dalla nostra piattaforma”, ha concluso Mosse visibilmente soddisfatto. Come dargli torto: gli esperti di eMarketer dicono che entro un paio d’anni il native sarà il 70% di tutto il mercato dell’advertising digital.

Le mie interviste per il sito Ecoista.it

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Ecoista

A settembre uscirà il mio prossimo libro: “Non mi piace – Il contromanuale di Facebook” per Ledizioni – LediPublishing. Ne ho anticipato alcuni temi (soprattutto che cosa NON fare su Facebook) in una chiacchierata con il sito Ecoista.it. Scarica le tre interviste in un unico PDF.

Intervista ad Antonella La Carpia, Pr & Marketing Director di Ebuzzing Italia

Di che cosa vi occupate in Ebuzzing e qual è il tuo ruolo?

ALC: Creiamo engagement attraverso esclusive esperienze di video advertising online. Distribuiamo Ad a un pubblico fortemente targetizzato, tramite il posizionamento di contenuti pubblicitari su: mobile, social media e sui siti di informazione appartenenti al nostro network di premium publisher online.
Oggi siamo felici di poter annunciare che abbiamo realizzato migliaia di campagne, per tutti i più importanti brand multinazionali tra cui: Coca Cola, Adidas, Samsung, Telecom, Heineken, Acer, LG, Evian, Toyota e molti altri. La società è stata fondata da Bertrand Quesada e Pierre Chappaz (ex direttore di Yahoo Europa) nel 2007.
Ebuzzing conta oltre 200 risorse interne e uffici in tutto il mondo. Il nostro dipartimento di R&D è rappresentato da oltre 50 ingegneri che sono il cuore pulsante e la forza dell’innovazione tecnologica dei nostri prodotti. Io sono arrivata nel 2011 e sono responsabile di tutte le attività di marketing e PR per l’Italia. Il mio è un ruolo fortemente differenziato nelle responsabilità e negli obiettivi: dall’emissione di comunicati stampa allo sviluppo di strategie di marketing per la costruzione della brand awareness di Ebuzzing; dall’organizzazione di eventi alla gestione di contenuti corporate per i canali social. Dedico molto tempo ed energie al mio lavoro ma sono molto felice e soddisfatta, soprattutto, perché collaboro con un team internazionale da cui non smetto mai di apprendere.

Come è cambiato il tuo lavoro con l’avvento dei social network?

ALC: I social network hanno radicalmente rivoluzionato il modo di fare comunicazione e marketing. La mia dichiarazione potrà risultare banale e scontata ma è la realtà dei fatti. Oggi gli obiettivi di comunicazione sono tarati per sublimare in tempo zero il concetto di “brand activation” e di conseguenza il tanto speculato engagement. I linguaggi, i ritmi con cui vengono scanditi i processi di “comuni-azione” (comunicare e attivare) e le metriche per misurarne i risultati oggi, sottendono a KPI che fino a pochi anni fa non erano nemmeno contemplabili. Basti pensare a quanto le strategie SEO abbiano influenzato il modo di produrre i contenuti. Un comunicato stampa che nel 2013 viene distribuito anche sul web deve essere prima di tutto pensato e orientato verso questo media. Internet è affollato da “junk content” per questa ragione ci sono regole e procedure ben precise che bisogna seguire per valorizzare un post, un video o un’immagine. Ti faccio un altro esempio: per monitorare i contenuti che quotidianamente condivido sui social o sui siti di informazione devo usare 3 piattaforme diverse. Se mi guardo indietro rimango sconvolta ripensando a quanto il mio lavoro sia stato stravolto alla velocità della luce. Ho iniziato la mia carriera professionale molto giovane. Mi sono iscritta all’ordine dei giornalisti a 22 anni. Ancora sorrido se penso ai primi anni di gavetta in un ufficio stampa istituzionale. La rassegna stampa si faceva ancora a mano: forbici, colla e fotocopie. Adesso, ricevo ogni mattina – in maniera automatizzata – un estratto degli articoli più rilevanti sulla base delle keywords che io stessa aggiorno su un tool di monitoraggio che uso anche per l’emissione dei comunicati stampa. Il riscontro più immediato – rispetto a come stia costantemente cambiando il mio lavoro – ce l’ho anche quando osservo la crescita della pubblicità online. I dati di Nielsen più recenti testimoniano che i media tradizionali hanno subito un crollo considerevole; i brand sono completamente assorbiti dalle dinamiche dei social. Per questo è indispensabile che aziende come la nostra e i direttori marketing non perdano di vista i propri obiettivi di target. E’ fondamentale osservare il mercato costantemente per essere pronti a cambiare rotta in qualsiasi istante, anticipando, prevedendo. Vi consiglio di leggere una celebre intervista di Einstein in cui lui dichiarava: “Non penso mai al futuro. Arriva così presto”. Pe questa ragione l’innovazione in tempo reale è una prerogativa su tutte perché non sono solo realtà come Ebuzzing a imporre cambiamenti e innovazione sulla Rete, piuttosto, l’evoluzione è spesso influenzata da come mutano i comportamenti degli utenti stessi su internet.

Nell’era dei social network, secondo te, è ancora importante avere un sito Web, aziendale o personale?

ALC: I social network hanno amplificato la voce dei brand e ridotto la distanza tra questi ultimi e i consumatori. Allo stesso tempo, sono stati responsabili dei processi di frammentazione dei contenuti. Ogni giorno una singola persona o un brand produce una moltitudine di video, foto, messaggi, articoli che vengono seminati su Twitter piuttosto che su Facebook. Io, personalmente, non ho il tempo per seguire tutto, pertanto, un sito o un blog aziendale hanno ancora la loro funzionalità nel costruire un’identità digitale sintetica e immediata di un utente o di un brand/azienda.