Cercare lavoro online: la mia intervista per Silhouette Donna

Sul numero di luglio 2017 di Silhoutte Donna è stata pubblicata questa mia intervista sul tema della ricerca del lavoro online (sotto l’intero testo):

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Il lavoro? Cercalo on-line

La Rete è un mare magnum ricco di opportunità e di trappole per chi cerca lavoro ma per sfruttare al meglio le prime ed evitare le seconde è importante saper navigare con gli strumenti opportuni. Non serve mandare cv a pioggia in modo indiscriminato né rispondere a qualsiasi annuncio e nemmeno scrivere chilometriche lettere di presentazione. Servono invece delle strategie mirate, evitando errori e ingenuità. «Il primo errore è quello di buttarsi a caso su un qualsiasi social network, sito aziendale o di ricerca veicolando le stesse informazioni, troppe e confuse, senza tener conto del target» spiega Gianluigi Bonanomi esperto di web e social media, da anni responsabile di corsi sulla ricerca attiva del lavoro on-line e autore del libro Job war di prossima pubblicazione «In base al profilo e al ruolo professionale che ci interessa, invece, deve cambiare anche la nostra strategia».

 

L’importanza del posizionamento

«Il primo passo è comune a tutti e consiste nel presentarsi al mondo del lavoro virtuale nel modo giusto grazie a un buon posizionamento» continua Bonanomi «Si tratta di costruirsi un’immagine corretta che possa essere notata e apprezzata dai recruiter. Lo strumento Curriculum vitae veicola in modo diretto le informazioni base e può andar bene nel caso, per esempio, di un operaio non specializzato che però può anche crearsi la sua scheda caricando direttamente le informazioni su siti come Infojobs.it e Monster.it. In ambito impiegatizio e dirigenziale il cv conta molto meno: secondo le statistiche, i recruiter lo guardano per una ventina di secondi, poi l’88% di loro va subito a cercare in Rete chi siete. Per questo fra gli esercizi che propongo durante i miei workshop c’è l’ego-surfing cioè il cercare se stessi on-line perché le informazioni che troverete sono presumibilmente le stesse che troverà il datore di lavoro. Se non c’è nulla, nessun danno ma non va bene perché non siete presenti quindi non state comunicando. Se trovate qualcosa di positivo, bene: servirà a rendere il recruiter ben disposto nei vostri confronti integrando le informazioni di base del cv. Il caso peggiore è il terzo: tutte le competenze ed esperienze che elencate perderanno di appeal se incontrerete in Rete, per esempio, una vecchia foto dove vi lasciate andare in discoteca con un cocktail in mano o un commento dove insultate qualcuno in una discussione su temi caldi come sesso, religione, politica. I numeri parlano chiaro: in un caso su tre i candidati vengono scartati per questa ragione».

Ottimizzare il profilo Linkedin

L’ottimizzazione della propria presenza on-line è quindi una priorità. A partire dal profilo Linkedin, il primo che appare cercando su google e il più professionale dei social. Come apparire al meglio? «Non sottovalutate l’importanza della foto dato che è la prima cosa che viene vista e pesa sul giudizio complessivo più di quanto si creda» sottolinea l’esperto «Mostratevi in primo piano, vestiti con cura e sorridenti. Lo sfondo deve essere omogeneo il che esclude le foto del mare e delle vacanze. Il recruiter vi trova tramite i motori di ricerca quindi occhio al job title (descrizione del lavoro) e al riepilogo (paragrafo di circa 2000 battute per presentarsi): entrambi devono contenere le giuste parole chiave in relazione a settore e ruolo che si vuole occupare. Nessun recruiter cercherà “impiegato” ma si orienterà su una competenza specifica per esempio “impiegato addetto paghe”. Nel riepilogo scrivete chi siete, cosa fate e soprattutto quali problemi siete in grado di risolvere portando possibilmente i risultati ottenuti: “sono un bravo amministratore” non basta, se aggiungete “con il taglio dei costi ho fatto risparmiare alla mia azienda centomila euro” sarete più concreti e appetibili. Come nel web marketing, le referenze positive (qui si chiamano segnalazioni) da parte di ex colleghi o meglio ancora ex capi possono fare la differenza; si possono chiedere tramite un apposito comando automatico ma la netiquette poi vuole la reciprocità. Evitate noiosi elenchi e chiudete con una call to action, per esempio: chiamatemi per un colloquio».

Un mare di siti

La stragrande maggioranza delle persone manda la stessa lettera di presentazione con lo stesso cv allegato a centinaia di aziende: lo stesso testo non potrà andar bene per una piccola ditta a gestione familiare, un supermercato, una multinazionale o una no-profit. Infatti di solito nessuno risponde. «Procediamo step by step» spiega Bonanomi «Individuate l’offerta di lavoro che più vi interessa usando infojobs.it, cambiolavoro.it, lavoro.it, jobonline.it, job-net.it e via dicendo. Sono molti i siti a disposizione, a volte i più impensabili: per esempio eBay, Vivastreet, subito.it, usati di solito per la compravendite veloci e a buon prezzo, dedicano molto spazio alle offerte di lavoro. Alcuni siti pubblicano offerte originali come monster.it, lavoro.corriere.it, miojob.repubblica.it. Poi ci sono i motori di ricerca che vanno a pescare le offerte su altri siti come jobrapido.it, it.indeed.com, motorelavoro.it, careerjet.it e molti altri. Se vi volete far notare dalle aziende in una nicchia di mercato o in un settore specifico, informatevi se esistono siti specializzati così la ricerca è ancora più mirata. Volete lavorare nella comunicazione? Andate su lavoricreativi.com, primaonline.it o comunicazionelavoro.com. Nel mondo del green e dell’energia? C’è la sezione Green Job del portale Infojobs. Nel turismo? Jobintourism.it e lavoroturismo.it Nell’Information Technology? Crebs.it e jguana.it Se invece state cercando un lavoretto come babysitter, giardiniere, collaboratore domestico o tuttofare, meglio usare okget.it oppure tabbid.com».

Studiare l’offerta

«Una volta individuata l’offerta giusta, dovrete dedicare un po’ di tempo a un’operazione importante e spesso trascurata: leggere e capire davvero l’annuncio» continua l’esperto «Un esercizio che propongo nei miei corsi è prendere l’offerta, schematizzarla e sintetizzarla in punti. Solo dopo scriverete una lettera di accompagnamento che andrà nel corpo della mail con allegato il cv. Sarà un testo breve di 6-7 righe dove risponderete punto per punto alle richieste dell’offerta. Se c’è scritto che è richiesta flessibilità, voi evidenziate che siete disponibili a turni e trasferte. Se serve gente con una certa manualità, dimostrate che avete ricoperto ruoli pratici e magari nel tempo libero vi dedicate al modellismo. Quello che deve emergere dalla lettera è che avete esattamente le hard e soft skill richieste nell’annuncio. A questo punto, se arriva una proposta di colloquio, lo studio non è finito: è necessario raccogliere più informazioni possibili su quello che fa l’azienda che ve lo propone. Non basta conoscere grosso modo il settore. Cercate su google, esplorate il sito aziendale, verificate se sulla stampa locale ci sono notizie di quell’azienda, prendete informazioni sulla persona che incontrerete magari usando Linkedin come strumento di intelligence».

Occhio alle truffe

Si sa che dove c’è tanto bisogno arrivano gli sciacalli. E in Italia il bisogno di lavorare è un problema primario. Ecco perché bisogna stare molto attenti alle offerte di lavoro che riceviamo direttamente in posta elettronica o individuiamo in Rete. Come capire se e quanto sono affidabili questi annunci? «Ci sono diversi modi per capire che un annuncio di lavoro è fuffa o peggio ancora truffa» spiega Gianluigi Bonanomi «Primo, c’è un’esagerata offerta di denaro e condizioni, per esempio: lavorate part time guadagnando 2000 euro al mese da subito, non è richiesta alcuna esperienza. Secondo: l’offerta arriva in posta elettronica da un indirizzo mail sospetto o anche solo sconosciuto; tenete presente che un’azienda seria non usa mail gratuite, ha un suo dominio per cui l’indirizzo del mittente dovrebbe essere il nome del recruiter o del reparto seguito dalla chiocciola e dal nome dell’azienda. Terzo, l’annuncio è infarcito di errori. Quarto, vi chiedono di versare una certa somma per iscrivere il cv in una banca dati oppure per l’acquisto con pagamento anticipato di materiale di studio o di lavoro (inutile dire che la consegna non andrà in porto). Se vi iscrivete a una cooperativa di lavoro dovrete versare un quota ma se ve la chiedono prima di assumervi c’è qualcosa che non va. Insomma,  se dovete pagare, la cosa è sospetta. Provate, infine, a “buttare” su google il nome dell’azienda o del recruiter e vedete cosa salta fuori; nel 99% dei casi, se è una truffa, verranno subito fuori delle segnalazioni perché qualcun altro ne ha già parlato. Può essere utile seguire la pagina Facebook che si occupa di truffe on-line: “sos truffe lavoro”».

Box: sei dritte per un buon cv

  1. Usate sempre lo schema Europass: è bruttino ma abbastanza codificato quindi i selezionatori sono facilitati nella ricerca delle informazioni. Inoltre c’è la possibilità di farlo direttamente on-line sul sito europass.cedefop.europa.eu/it
  2. Fatelo breve, non più di due pagine perché le aziende usano dei software di scrematura dei cv che spesso eliminano in automatico quelli troppo lunghi
  3. Non tralasciate posizioni lavorative che ritenete irrilevanti al fine della nuova carriera. Dategli meno spazio ma non lasciate mai buchi perché il recruiter si domanderà che avete fatto negli anni in cui non c’è nulla e magari penserà male
  4. Nel cv non devono mancare le parole chiave. Se per esempio siete un esperto nel linguaggio di programmazione Java e non scrivete Java, il software di scrematura vi eliminerà e il vostro cv non verrà nemmeno aperto
  5. Quando parlate degli hobby, indicate quelli funzionali a inviare un messaggio: se per esempio avete scritto che siete bravi nella gestione dei team, il fatto che nel tempo libero alleniate una squadra di pallavolo rinforza il concetto, l’eventuale passione per la lettura no
  6. Occhio ai refusi e agli errori di grammatica e sintassi. Venite giudicati anche per come scrivete

 

Queste informazioni

La mia intervista per Surgelati Magazine

La rivista Surgelati Magazine mi ha intervistato in merito all’uso dei social media nel settore Food. L’intervista è stata pubblicata sul numero 1 del 2017, che puoi consultare a questo link. Ecco le due pagine dell’intervista (che poi continua nelle pagine successive con contributi altrui):

 

Simone Barbone, il Millenial e Digital Marketer che… Lavora con noi

“Qualche anno fa stavo cercando lavoro. Notavo che la maggior parte delle aziende, soprattutto quelle più grandi, pubblicavano gli annunci nel loro sito, tipicamente in una pagina chiamata ‘Lavora con noi’. Era scomodo tenere traccia di tutte quelle opportunità sparse per il Web e siccome iniziavo ad appassionarmi di digital marketing e blogging, decisi di aprire io un blog che le raccogliesse. Oggi si è sviluppato diventando un blog di interviste, recensioni, guide pratiche e raccolte di consigli e risorse per lavoro, carriera, business e startup con un milione di utenti unici all’anno”.

Inizia così la storia che mi racconta il ventinovenne Simone Barbone, mente e mano che stanno dietro al popolare www.lavoraconnoi-italia.it.

Iniziamo dal “C’era una volta”: Simone, come è iniziata questa avventura?

“Anni fa, nel 2011 iniziavo a lavorare nel marketing e ad appassionarmi del canale digitale, allora in via di sviluppo. Ci fu un periodo in cui cercavo delle aziende per cui candidarmi. All’epoca non si usava LinkedIn, né c’erano molti portali di lavoro. Per trovare le offerte di lavoro delle aziende più grandi e famose, l’unica cosa da fare era cercare le posizioni aperte sui siti delle aziende con il solo ausilio di Google. Si perdeva molto tempo a cercarle tutte, quindi decisi di creare un sito – meglio: un blog – per trattare questo argomento, a partire dalla mia esperienza”.

La scrittura era lo sbocco naturale per te, visto che hai fatto studi classici. Tra parentesi: ho scoperto che hai dato alle stampe pure un romanzo thriller con lo pseduonimo Sim Taster (http://ilcacciatorediscoop.it). Torniamo a noi: che cosa si trova, in pratica, su “Lavora con noi Italia”?

“L’idea è stata subito quella di unire i contenuti del blog a un portale, una directory che raccogliesse una serie di risorse utili a chi cerca lavoro, in Italia e all’estero. Ho iniziato creando delle schede aziendali con link alle varie pagine ‘Posizioni aperte’, ‘Invia CV’, ‘Candidatura spontanea’ ma soprattutto ‘Lavora con noi’, ovviamente. Ho indicizzato tutte queste risorse, le ho categorizzate in base al settore in tal modo che, chi era interessato a una azienda, scoprisse automaticamente anche le altre aziende correlate in base al settore di appartenenza”.

Qual è il tuo target?

“Tutti quelli che cercano lavoro, ma non solo. Inizialmente c’erano solo news e risorse per potenziali candidati: per esempio si trovano 1300 link a portali per chi vuole lavorare all’estero oppure la guida ‘Job Solver’ con dritte e modelli di documenti per chi cerca lavoro. Poi ho iniziato a scrivere post su argomenti correlati, intervistare recruiter, head hunter, imprenditori, startupper o lavoratori italiani all’estero. Tutto ciò che riguarda non solo il mondo del lavoro dipendente, ma anche quello dei freelance, dell’impresa, delle startup. Ormai il lavoro non è più solamente quello tradizionale.”

Con gli anni l’interesse verso Lavora con noi Italia è aumentato. Oltre al milione di utenti unici all’anno, nel frattempo si sono aggiunti i social e ora si contano 13.000 membri del gruppo LinkedIn, 8.000 fan della pagina Facebook, 4.000 follower su Twitter e circa 10.000 iscritti alla newsletter. Oggi il blog di Lavora Con Noi Italia è solo uno dei progetti di Simone, che lavora come consulente per PMI e liberi professionisti, promuovendosi dal suo sito Web www.simonebarbone.net.

Chiedo a Simone di chiudere con tre dritte per chi cerca lavoro.

“Prima di tutto puntare forte su LinkedIn: contatti di alcune aziende mi dicono che ormai molti responsabili HR stanno spostando tutta l’attività di ricerca e selezione lì. Anche lato candidato è comodo: si ha un’unica presenza online, senza dover aggiornare i vari CV caricati sui siti di ricerca ogni volta.
Secondo: non sottovalutare la potenza della Rete, ci sono risorse fantastiche. Prendete, per esempio, Glassdoor (www.glassdoor.com, ndr): è un sito che raccoglie le informazioni sui salari in base a qualifica, ruolo e nazione ma soprattutto le domande tipiche che i recruiter fanno ai propri candidati in base al ruolo; così si può andare a un colloquio sapendo quando si vale sul mercato…”.

E la terza dritta?

“La terza è in realtà la prima. Non si può iniziare un percorso di ricerca del lavoro senza prima sapere che cosa si vuole. Per questo si può usare la Rete per capire se la propria passione si può trasformare un lavoro, e come si muovono quelli bravi. Ma soprattutto bisogna avere una presenza online coerente, che faccia capire al potenziale datore di lavoro perché sei diverso e perché dovrebbe scegliere proprio te”.

In una parola: posizionamento.

 


Approfondirò i temi della ricerca del lavoro online ai tempi dei social network in un convegno che mi vedrà salire sul palco del Salone del libro di Torino, venerdì 19 maggio alle ore 18, con David Buonaventura (ideatore del metodo Colloquio Diretto e con l’esperto di inbound marketing Andrea Cannizzaro.
L’evento “Il marketing di se stessi: il binomio personal branding e social media”, aperto a tutti, si terrà al padiglione 1, stand Regione Piemonte – Agenzia Piemonte Lavoro, sala IOLAVORO. Vi aspetto!

Ermes Maiolica, l’ultimo dei situazionisti

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“Volkswagen.Italia regala 800.000 auto per San Valentino”: peccato per quel punto tra Volkswagen e Italia. “Umberto Eco voterà sì al referendum costituzionale”: peccato che l’intellettuale, buonanima, non sia più tra noi dal febbraio 2016 mentre il referendum si è tenuto dieci mesi dopo. Sono solo alcuni degli exploit di Ermes Maiolica (sotto, nella foto), ormai unanimemente considerato il bufalaro numero uno in Italia (ma lui si definisce “l’ultimo dei situazionisti”). Trentatreenne, operaio di Terni, lo abbiamo contattato per fargli tre semplici domande.

Ermes, perché crei le bufale online?

“Innanzi tutto non è molto importante il perché, ma il come. Il perché potrei anche inventarmelo, invece il come è oggettivo. Solo capendo il come si potranno prendere provvedimenti, cosa che invece non capiscono Pitruzzella e Grillo, che puntano su un organo di controllo o una sorta di giuria popolare per smascherare le bufale.

Ultimamente si registra un’isteria di massa sulla parola ‘post-verità’, soprattutto da parte delle istituzioni. Perché non si capacitano del fatto che le informazioni non siano più gestite da TV, giornali o siti ufficiali, ma da testate goliardiche e siti fantasma. Mi spiego meglio: una bufala che funziona non ha bisogno di canali ufficiali di divulgazione. Anzi, funziona meglio se viene dal basso. Basta un profilo Facebook, anche con pochi amici. Nel giro di qualche ora una bufala è in grado di diventare la notizia più letta del Paese. Giustamente il Potere si sente minacciato da tutto questo; chi detiene l’informazione controlla le masse: questo si traduce in potere”.

Come hai iniziato?

“Ho iniziato per gioco. Il mio hobby è quello di fare stampe su magliette, così mi consigliarono di iscrivermi a Facebook (questa la pagina Facebook di ErmeX T-Shirt, ndr). Ci ho messo poco a capire che Facebook è un luogo di sfogo e narcisismo, così ho iniziato a prendere in giro la gente (in gergo ‘trollare’, ndr) nei gruppi, postando false citazioni dei politici. Tutti ci cascavano! Ricevevo migliaia di commenti indignati e questo mi faceva ridere. Il massimo era quando le citazioni fasulle finivano nei siti ‘seri’ di controinformazione, divenendo presto virali. Da lì ho iniziato a farmi delle domande, cercando di capire il meccanismo, e lo sto perfezionando. Ora la cosa è letteralmente esplosa…”

Qui parliamo non tanto di come si creano, ma di come disinnescare le bufale: tu come ti difendi da quelle altrui?

“Nella maggior parte dei casi le bufale sono talmente banali che basta davvero poco: l’analisi del link del provenienza spesso dice tutto. La cosa più importante, ci tengo a dirlo, è non interagire: non commentare, non condividere. La bufala non nasce con l’idea dell’autore, ma con la propagazione.”

Questa intervista è stata realizzata per il libro “Manuale per difendersi dalla post-verità“. Il libro – che ho scritto a otto mani con Pilla, Dolce e Giacomello – è inserito nella mia collana “Fai da tech” ed è disponibile sia in formato cartaceo che in eBook. Potete acquistarlo su Amazon:

Che cos’è il Native Advertising? Lo spiega Ligatus

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“Native advertising” può sembrare l’ennesima etichetta di un mondo, quello del marketing digitale, necessariamente in costante fermento e sempre ricco di nuove definizioni ad effetto. Invece si tratta di una vera rivoluzione: lo dimostrano i tassi di crescita a tre cifre.

Di che cosa parliamo? In pratica si tratta di una sorta di gioco di prestigio: attirare l’attenzione del pubblico sulla pubblicità facendo in modo che non sembri pubblicità. Nulla di strano, anzi: è il trionfo della trasparenza. Gli utenti non vogliono più essere sommersi dai classici banner (il display advertising è infatti in crisi, travolto dall’indifferenza e, soprattutto, dagli Ad-blocker) ma accettano volentieri di leggere, tipicamente a fondo articolo nella pagina Web, contenuti interessanti, rilevanti, targettizzati sui loro interessi. Per questo il native advertising genera risultati importanti dal content marketing. Detto nella sostanza, anche la forma conta: gli utenti vogliono fruire di quei contenuti in modo non traumatico, non interruttivo per la navigazione, laddove sono più abituati a leggere le notizie o altri contenuti editoriali.

Tra i player più importanti di questo mercato c’è certamente Ligatus (www.ligatus.com). L’azienda tedesca, che quest’anno festeggia gli 11 anni di vita, è parte del gruppo Gruner + Jahr ed è presente in nove paesi europei, Italia compresa (dal 2013). I numeri sono impressionanti: vanta 31 miliardi di ad impression al mese e la bellezza di oltre 1.200 siti partner (solo siti Premium, dove il traffico non umano tende a zero). Pioniere tecnologico nell’area del performance marketing, investe svariati milioni di euro all’anno in ricerca e sviluppo. Tanto che attualmente la società è il #1 Native Performance Network in Europa.

Julien Mosse, Managing Director di Ligatus

Ci siamo fatti spiegare chi è Ligatus da Julien Mosse, che abbiamo incontrato a Milano in occasione del NetComm Ecommerce Forum. “La proposta di Ligatus – ha dichiarato il Managing Director per il Sud Europa – si articola principalmente in una piattaforma di annunci Native. Puntiamo tutto sulla qualità: non vogliamo dare, come molti fanno, un bel pacchetto vuoto. Quello che per noi fa la differenza è l’algoritmo, il posizionamento, il lavoro consulenziale degli account manager che accompagnano i clienti nella scelta delle migliori strategie e dei contenuti adatti e, soprattutto, il fatto che ci appoggiamo a una rete premium per evitare che il messaggio dei clienti finisca sui siti sbagliati, in ottica brand-safety”. In realtà esiste anche una piattaforma Self-booking utilizzabile in autonomia da chiunque; ma anche in questo caso vi è un controllo sulla qualità dei contenuti.

Per entrare ancor più nel dettaglio, abbiamo chiesto a Mosse che cosa si intende per Programmatic Native advertising: “Si tratta di un sistema per far comparire i contenuti giusti nel momento giusto alle persone giuste. Tecnicamente si sfruttano i dati e il processo decisionale in tempo reale, garantendo la pubblicazione sugli spazi disponibili solo dell’annuncio più pertinente per quel contesto”.

Recentemente Ligatus ha stretto importanti partnership con AppNexus e MediaSmart per ampliare ulteriormente le proprie capacità tecnologiche e il proprio network. Anche in quest’ottica, quali sono gli obiettivi dell’azienda nel prossimo futuro, con particolare riferimento al mercato italiano, in fermento ma certamente in ritardo rispetto ad altre realtà internazionali? “Molti clienti anche qui in Italia hanno capito i vantaggi, in alcuni casi la necessità, di fare native e di continuare a investire sempre più budget con noi, perché hanno visto quali risultati può portare la nostra piattaforma. Oggi siamo in Italia il player di riferimento in questo settore, vogliamo rafforzare questa posizione e rendere i clienti sempre più felici dei risultati che riescono a generare dalla nostra piattaforma”, ha concluso Mosse visibilmente soddisfatto. Come dargli torto: gli esperti di eMarketer dicono che entro un paio d’anni il native sarà il 70% di tutto il mercato dell’advertising digital.

Le mie interviste per il sito Ecoista.it

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Ecoista

A settembre uscirà il mio prossimo libro: “Non mi piace – Il contromanuale di Facebook” per Ledizioni – LediPublishing. Ne ho anticipato alcuni temi (soprattutto che cosa NON fare su Facebook) in una chiacchierata con il sito Ecoista.it. Scarica le tre interviste in un unico PDF.

Intervista ad Antonella La Carpia, Pr & Marketing Director di Ebuzzing Italia

Di che cosa vi occupate in Ebuzzing e qual è il tuo ruolo?

ALC: Creiamo engagement attraverso esclusive esperienze di video advertising online. Distribuiamo Ad a un pubblico fortemente targetizzato, tramite il posizionamento di contenuti pubblicitari su: mobile, social media e sui siti di informazione appartenenti al nostro network di premium publisher online.
Oggi siamo felici di poter annunciare che abbiamo realizzato migliaia di campagne, per tutti i più importanti brand multinazionali tra cui: Coca Cola, Adidas, Samsung, Telecom, Heineken, Acer, LG, Evian, Toyota e molti altri. La società è stata fondata da Bertrand Quesada e Pierre Chappaz (ex direttore di Yahoo Europa) nel 2007.
Ebuzzing conta oltre 200 risorse interne e uffici in tutto il mondo. Il nostro dipartimento di R&D è rappresentato da oltre 50 ingegneri che sono il cuore pulsante e la forza dell’innovazione tecnologica dei nostri prodotti. Io sono arrivata nel 2011 e sono responsabile di tutte le attività di marketing e PR per l’Italia. Il mio è un ruolo fortemente differenziato nelle responsabilità e negli obiettivi: dall’emissione di comunicati stampa allo sviluppo di strategie di marketing per la costruzione della brand awareness di Ebuzzing; dall’organizzazione di eventi alla gestione di contenuti corporate per i canali social. Dedico molto tempo ed energie al mio lavoro ma sono molto felice e soddisfatta, soprattutto, perché collaboro con un team internazionale da cui non smetto mai di apprendere.

Come è cambiato il tuo lavoro con l’avvento dei social network?

ALC: I social network hanno radicalmente rivoluzionato il modo di fare comunicazione e marketing. La mia dichiarazione potrà risultare banale e scontata ma è la realtà dei fatti. Oggi gli obiettivi di comunicazione sono tarati per sublimare in tempo zero il concetto di “brand activation” e di conseguenza il tanto speculato engagement. I linguaggi, i ritmi con cui vengono scanditi i processi di “comuni-azione” (comunicare e attivare) e le metriche per misurarne i risultati oggi, sottendono a KPI che fino a pochi anni fa non erano nemmeno contemplabili. Basti pensare a quanto le strategie SEO abbiano influenzato il modo di produrre i contenuti. Un comunicato stampa che nel 2013 viene distribuito anche sul web deve essere prima di tutto pensato e orientato verso questo media. Internet è affollato da “junk content” per questa ragione ci sono regole e procedure ben precise che bisogna seguire per valorizzare un post, un video o un’immagine. Ti faccio un altro esempio: per monitorare i contenuti che quotidianamente condivido sui social o sui siti di informazione devo usare 3 piattaforme diverse. Se mi guardo indietro rimango sconvolta ripensando a quanto il mio lavoro sia stato stravolto alla velocità della luce. Ho iniziato la mia carriera professionale molto giovane. Mi sono iscritta all’ordine dei giornalisti a 22 anni. Ancora sorrido se penso ai primi anni di gavetta in un ufficio stampa istituzionale. La rassegna stampa si faceva ancora a mano: forbici, colla e fotocopie. Adesso, ricevo ogni mattina – in maniera automatizzata – un estratto degli articoli più rilevanti sulla base delle keywords che io stessa aggiorno su un tool di monitoraggio che uso anche per l’emissione dei comunicati stampa. Il riscontro più immediato – rispetto a come stia costantemente cambiando il mio lavoro – ce l’ho anche quando osservo la crescita della pubblicità online. I dati di Nielsen più recenti testimoniano che i media tradizionali hanno subito un crollo considerevole; i brand sono completamente assorbiti dalle dinamiche dei social. Per questo è indispensabile che aziende come la nostra e i direttori marketing non perdano di vista i propri obiettivi di target. E’ fondamentale osservare il mercato costantemente per essere pronti a cambiare rotta in qualsiasi istante, anticipando, prevedendo. Vi consiglio di leggere una celebre intervista di Einstein in cui lui dichiarava: “Non penso mai al futuro. Arriva così presto”. Pe questa ragione l’innovazione in tempo reale è una prerogativa su tutte perché non sono solo realtà come Ebuzzing a imporre cambiamenti e innovazione sulla Rete, piuttosto, l’evoluzione è spesso influenzata da come mutano i comportamenti degli utenti stessi su internet.

Nell’era dei social network, secondo te, è ancora importante avere un sito Web, aziendale o personale?

ALC: I social network hanno amplificato la voce dei brand e ridotto la distanza tra questi ultimi e i consumatori. Allo stesso tempo, sono stati responsabili dei processi di frammentazione dei contenuti. Ogni giorno una singola persona o un brand produce una moltitudine di video, foto, messaggi, articoli che vengono seminati su Twitter piuttosto che su Facebook. Io, personalmente, non ho il tempo per seguire tutto, pertanto, un sito o un blog aziendale hanno ancora la loro funzionalità nel costruire un’identità digitale sintetica e immediata di un utente o di un brand/azienda.