Quanto conta la personal web reputation [intervista per Silhouette Donna]

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Nel dicembre del 2021 Francesca Tozzi di Silhouette donna mi ha intervistato, insieme all’esperto di cybersecurity Gianluca Boccacci, sul tema della Web reputation.

I punti chiave dell’intervista

Questi i cinque punti principali trattati nel pezzo:

  1. Social recruiting: perché conta la reputazione? Chi offre il lavoro non vuole certo affrontare 400 colloqui quindi incarica un recruiter di effettuare una prima scrematura il che significa che l’obiettivo di quest’ultimo non sarà trovare il candidato ideale basandosi sul suo curriculum vitae quanto piuttosto andare sui suoi profili social a caccia di un qualsiasi appiglio per poterlo scartare più in fretta e ridurre così la rosa dei papabili. Basta poco: una foto in cui sorridiamo all’obiettivo felici e mezzi ubriachi, un video che ci riprende con gli amici in atteggiamenti chiassosi e disinibiti, un post un po’ sopra le righe su un tema di attualità o un commento dove insultiamo un altro utente».
  2. Web reputation e ricerca del lavoro. Non solo LinkedIn: «[…] da qualche anno i recruiter cominciano a guardare anche gli altri social. Il 15% di loro va su Instagram: non sembra un gran numero in percentuale ma corrisponde a centinaia di migliaia di recruiter impegnati a esaminare il profilo Instagram di un candidato, ancor più che il suo profilo Twitter. Facebook ha perso il suo appeal negli anni ma viene comunque visitato nel 14% dei casi».
  3. Bisognerebbe investire sulla propria… immagine: «Passata la moda dei selfie, c’è sempre più gente che va da un professionista e si fa scattare una foto fatta bene per usarla su Tinder, la famosa app per il dating, e attrarre l’attenzione di potenziali partner. Vale la pena a questo punto di fare un piccolo investimento facendosi fare altre foto anche per gli altri social in un’ottica di diversificazione. Su LinkedIn magari metteremo la foto più seriosa, in camicia o vestito, privilegiando il bianco e nero. Su Facebook possiamo essere più informali ma evitiamo i costumi da bagno e, possibilmente, gli orizzonti storti. Ottime le foto originali e ritoccate in modo creativo su Instagram e quelle più ammiccanti su Tinder, ma sempre senza esagerare».
  4. Come presentarsi in modo efficace? «Quando ci si descrive e racconta sui social si è sempre troppo generici e avari di informazioni per cui la comunicazione risulterà inefficace. Se scriviamo per esempio che siamo dei “sales manager” ma non specifichiamo cosa vendiamo e per quale realtà lavoriamo difficilmente attireremo l’attenzione di potenziali datori di lavoro, collaboratori o clienti. Questo vale anche per gli interessi e le attività extra lavorative. Per migliorare il nostro posizionamento è importante saper tradurre in hashtag le nostre particolari competenze o passioni perché siano ben recepite dal web e da chi ci conosce tramite questo mezzo. Potete ricercare le parole chiave più utilizzate in rete su un certo argomento usando un hashtag generator. Memorizzare sul dispositivo un proprio set di hashtag da usare al momento giusto può renderci visibili e interessanti per chi ha i nostri stessi interessi e può essere un ottimo modo per  avviare nuove amicizie».
  5. Come controllare la propria reputazione digitale? Basta inserire il proprio nome nella finestra di un qualsiasi motore di ricerca e vedere quali risultati saltano fuori. Tecnicamente questa operazione è chiamata “ego surfing”. Per un monitoraggio in tempo reale c’è uno strumento gratuito e semplice che si chiama “google alert”. Se per esempio impostiamo come “alert” il nostro nome e cognome, google ci avvisa subito se qualcuno sta parlando di noi online influendo in positivo o in negativo sulla nostra reputazione. Lo strumento è già attivo, basta avere un account gmail, selezionare “google alert” e impostare le chiavi di ricerca: possono essere nome e cognome, ma anche il nome dell’azienda per cui lavoriamo, quello della nostra attività o il nostro brand. Infine si può navigare sul sito italiano www.my-reputation.it Una volta registrati, il sito esegue una scansione della nostra presenza in rete e ci fa vedere come siamo presenti sui vari canali e social, attribuendoci un punteggio in chiave di reputazione online con un valore compreso tra -100 e 100.

L’intervista integrale

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[VIDEO] Personal branding con LinkedIn: evento live con Thesis 4U

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Il 4 novembre 2021 sono stato inviato da Thesis 4U, startup che mette in collegamento aziende e studenti nello sviluppo di progetti di tesi di laurea, per parlare di personal branding con LinkedIn.

I temi chiave sono stati questi:

  • Che cosa si intende per personal branding?
  • Che differenza c’è tra visual identity e virtual identity?
  • Come si inizia a curare la propria presenza online?
  • Come ci si presenta correttamente su LinkedIn?
  • Come si evidenziano gli elementi differenzianti?
  • Come ci si rende credibili su LinkedIn?

Puoi rivedere la registrazione dell’evento qui:

 

 

 

[Startup News] Mike Rubini, lo startupper… bootstrapped: “Si può partire senza capitali né team!”

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Questo articolo è stato pubblicato su Startup News il 2 novembre 2021

Mike Rubini, pugliese, ha 30 anni. Si occupa da diversi anni di SaaS (software as a service): si tratta di un business model nel quale gli utenti comprano l’accesso a un prodotto software che li aiuta in una qualche maniera, tipicamente con sottoscrizione su base mensile. Mike non ha un solo prodotto, ma gestisce 9 prodotti software (io l’ho conosciuto seguendo Treendly, tool per scoprire i trend più interessanti online), che ha portato sul mercato senza investimenti di alcun tipo, né interni né esterni. In questi casi si parla di business bootstrapped, dove l’imprenditore fa tutto da sé. Mike, tra l’altro, è un “one man brand”: non ha alcun team.

Come mai la scelta di fare tutto da solo?

I media pubblicano in larga parte storie di startup che hanno ricevuto finanziamenti, magari vc-backed (sostenuti da venture capital, ndr) e trovo questo sia fuorviante perché chi inizia può pensare che quella sia l’unica via. Invece trovo interessante raccontare come è possibile avviare una startup tecnologia senza investimenti iniziali di denaro, e solamente con le proprie forze.

Raccontaci come fai tu…

Sebbene io mi occupi su base giornaliera di tutta l’operatività relativa al mio business (codice, prodotto, supporto, marketing, ecc.), il mio background non è tecnico: ho studiato musica, in particolare jazz, per la maggior parte della mia vita. Ho imparato da solo come fare l’operatività e nel 2021 ho portato il business a raggiungere un ARR (annual recurring revenue, ndr) di circa 100.000 dollari. Ora la sfida principale è quella di capire come strutturare l’azienda dal punto di vista delle risorse umane, ma anche della fiscalità.

Qual è il tuo modello di business?

Generalmente i miei prodotti software adottano due modelli di monetizzazione. Il primo, usato su prodotti quasi B2C, low-touch e self-serve come Treendly, punta ad avere molti abbonamenti ricorrenti annuali con ticket molto basso e prevede un piano free al fine di monetizzare la base utenti con sponsorship esterne, e affiliazione.

E per il B2B?

Il secondo modello, usato su prodotti B2B e high-touch come Groouply, punta ad avere pochi abbonamenti ricorrenti mensili con ticket molto alto. Generalmente questo secondo tipo di prodotti non prevede periodo di prova, né un piano gratuito, né tantomeno scontistica di alcun tipo.

Bablyo: il primo social (italiano) dove il prodotto non sei tu [la mia intervista per Startup News]

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Questa intervista è stata pubblicata su Startup News il 27 settembre 2021

Il mantra che ormai tutti abbiamo imparato a memoria è semplice: “Se su Internet qualcosa è gratis, il prodotto sei tu”. Prendi per esempio un social come Facebook: iscrizione e uso sono a costo zero, ma in realtà si tratta di un baratto, hai una vetrina e uno strumento di relazione ma in cambio loro si prendono i tuoi dati. Una logica diffusissima, non solo nel mondo social, ma che evidentemente non sta bene a tutti. Bablyo non funziona così: questa nuova piattaforma di servizi social è a pagamento e non usa i dati per fare business. Quando l’ho scoperto ho subito voluto conoscere chi ha avuto questa idea. Allora ho scambiato quattro chiacchiere con Gianluca Brenelli, Ceo di Teiasoft Srls, e con Alessandra Saponaro, vice presidente di Teiasoft e responsabile del progetto Bablyo.

Gianluca e Alessandra, come è nata l’idea di Bablyo?

Gianluca: l’idea di un social a pagamento mi è venuta qualche anno fa, osservando le dinamiche delle piattaforme tradizionali. Era evidente come, in contro tendenza rispetto agli inizi del periodo 2004/2006, queste avessero basato il loro business model esclusivamente sulla vendita di pubblicità, portando l’utente (e il suo tempo) a diventare il prodotto da vendere agli inserzionisti. Nel 2019 abbiamo quindi deciso che i tempi erano maturi per iniziare a lavorare sul progetto. Stavano infatti cominciando ad emergere le prime avvisaglie di quei problemi nel mondo dei social che oggi sono noti a tutti. Parlo ad esempio della viralità delle fake news, i danni e i rischi per la salute mentale degli adolescenti (secondo una recente inchiesta del Wall Street Journal, Instagram avrebbe un effetto negativo, rispetto alla percezione di sé e del proprio corpo, su una parte delle teenager, ndr), e molti altri ancora. Abbiamo poi iniziato a lavorarci giornalmente in concomitanza con l’inizio della pandemia e finalmente da pochi giorni siamo presenti sullo Store di Google in versione beta.

Qual è il modello di business?

Gianluca: il nostro modello di business rovescia completamente il paradigma dei social tradizionali. L’utente non è più il prodotto da vendere agli inserzionisti, ma è il nostro cliente.

Alessandra: questa è probabilmente la vera rivoluzione, se mi passi il termine. Dal momento in cui l’utente paga un abbonamento mensile si aspetta in cambio un servizio e, soprattutto, che questo rispetti veramente la sua privacy.

Gianluca: questo cambio di paradigma ci ha dato la libertà di creare un luogo virtuale che rispondesse a poche semplici domande: “Questa feature è utile per il Cliente? Il nostro servizio è di qualità?”. Noi non cerchiamo di far stare le persone il più a lungo possibile dentro Bablyo, non abbiamo inserzionisti ai quali mostrare i dati delle persone che hanno visto la loro inserzione pubblicitaria.

Alessandra: questo è un altro aspetto fondamentale. Non avendo pubblicità al nostro interno, trattiamo i dati dei nostri clienti solo per le finalità di erogazione del servizio, ovvero per far funzionare Bablyo.

Quali sono le principali caratteristiche di Bablyo?

Gianluca: la feature più importante per noi sta nella gestione dei minorenni all’interno della piattaforma. Ti faccio un esempio: in Bablyo non ci si può iscrivere se minorenni, ma io posso iscrivere i miei figli creando fino a quattro account “child” (compresi nel costo dell’abbonamento mensile). Come account “padre” manterrò il controllo della password e avrò una serie di opzioni configurabili.

Alessandra: alla fine ci saranno due social distinti in Bablyo. Uno dedicato ai minorenni e uno agli adulti. Le opzioni configurabili permetteranno punti di contatto tra i due mondi e saranno a carico dell’account padre.

Gianluca: essendo una piattaforma di servizi social, la scelta dei contenuti da vedere è a carico del cliente, che noi affettuosamente chiamiamo Bablyer. Venendo a mancare il concetto di amicizia o follower (almeno, nel modo in cui tradizionalmente li si intende), in Bablyo sono i contenuti, e gli argomenti che li definiscono, ad essere seguiti. Se io sono un appassionato di modellismo, configurerò gli argomenti e i contenuti che intendo seguire attraverso l’inserimento nell’apposita sezione di argomenti relativi al mondo del modellismo.

Alessandra: tra gli incentivi che pensiamo essere tossici, abbiamo anche eliminato la risposta ai commenti. Abbiamo notato infatti come troppo spesso sotto contenuti anche di qualità si aprano thread di commenti infiniti che esulano dal contenuto stesso.

Quali problemi e sfide avete affrontato durante lo sviluppo?

Alessandra: una volta raccolta l’idea ci siamo posti il problema di come strutturare Bablyo, sia da un punto di vista filosofico e conseguentemente tecnico. Possiamo dire che abbiamo lavorato per sottrazione. Studiando le piattaforme tradizionali ci siamo chiesti quali potessero essere quegli incentivi tossici che andavano eliminati, cosa portare al centro della piattaforma e cosa lasciare in disparte.

Gianluca: non è stato facile infatti scegliere di non avere, ad esempio, i like sui contenuti. Può sembrare una sciocchezza, ma in realtà ha un peso enorme nell’economia generale di una piattaforma social. Diciamo quindi che le sfide maggiori sono state più concettuali che tecniche.

Quali saranno i prossimi passi?

Gianluca: termineremo a breve la fase beta e, spero per fine anno, usciremo sull’Apple Store. Parallelamente ci concentreremo sulla ricerca di investitori che credano nel progetto. Non è facile, soprattutto in Italia, ma siamo sicuri della nostra idea e convinti che la risposta del pubblico sarà sicuramente premiante.

Alessandra: ovviamente svilupperemo tutte le idee che abbiamo in mente, e sono davvero molte. Vogliamo infatti fare di Bablyo uno strumento che possa essere utile anche nella vita reale.

 

Genitori e TikTok: live Instagram con Salvagente

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Durate la diretta live con Salvagente Italia del 19 settembre 2021, organizzata dal presente Mirko Damasco per lanciare l’evento del 26 settembre 2021 (eventosalvagente.it), abbiamo parlato di TikTok. In particolare siamo partiti da una notizia: il social cinese ha annunciato delle nuove misure per la tutela dei minori.

Qui puoi vedere la registrazione della diretta:

Come viene raccontata la sicurezza informatica: la mia intervista per Cybersecurity Italia

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Innovazione2020: intervista su “PA Brand Expert”

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Il 28 maggio 2021 Saverio Cuoghi ha intervistato Annalisa D’Errico e me sul libro “PA Brand Expert” (FrancoAngeli) per il suo podcast Innovazione2020. L’intervista è stata presentata così:

Saverio Cuoghi conversa con Annalisa D’Errico & Gianluigi Bonanomi, co-autori di #PA Brand Expert, Competenze e strumenti per i comunicatori della pubblica amministrazione, edito da Franco Angeli.
Un nuovo ruolo, ibrido e contaminato, sempre più importante e decisivo nelle strategie e attività di comunicazione pubbliche, in questa era di grandi trasformazioni Digitali.
Episodio in collaborazione con PA Social

Qui puoi riascoltare l’intervista:

Ascolta “#PA Brand Expert | Annalisa D’Errico & Gianluigi Bonanomi” su Spreaker.

3 motivi per provare Oculus Quest 2: la mia intervista per Yugen Podcast

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Il 22 maggio 2021 Claudio Garioni mi ha intervistato per il suo Yugen Podcast. Abbiamo parlato di realtà virtuale e di Oculus Quest 2.

Ho raccontato i tre motivi (giocando con tre film di fantascienza) per i quali vale la pena provarlo, pur non essendo videogiocatori: ho fatto cenno a esperienze, viaggi virtuali, video a 360°, documentari, gol e altro ancora.

Puoi riascoltare l’intera intervista (13 minuti) qui:

Puoi riascoltare l’intera puntata del podcast, dove si parla anche di Stephen King, Evangelion, Electric State e altro… qui:

Qui invece potete riascoltare la mia intervista su Mad Men:

Come coinvolgere i dipendenti su LinkedIn: Link&Lead li mette in gioco [intervista per Computer World]

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LinkedIn nella Pubblica Amministrazione: 7 esempi [live per PA Social]

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