La genesi di Link&Lead: intervista a R3START di Business Press

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Il 7 aprile del 2021 sono stato invitato alla 34a puntata di R3START TV, trasmissione online di Business Press che, dalla pandamia del 2020, racconta la trasformazione digitale. Ho parlato della genesi di Link&Lead e di gamification. Qui la registrazione dell’intera puntata, della durata di mezz’ora (dal minuto 13′ di parla di L&L):

La Realtà Aumentata per l’e-commerce: intervista a Campagnoni di Octo_Net [Villaggio Tecnologico]

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Questa mia intervista è stata pubblicata su Villaggio Tecnologico il 7 aprile 2021.

La Realtà Aumentata per l’e-commerce: intervista a Campagnoni di Octo_Net

Si sente parlare, sempre più spesso, di Realtà Aumentata, anche applicata alla comunicazione d’impresa. Abbiamo chiesto a un esperto, Michele Campagnoni (CEO e direttore creativo di Octo_Net), di raccontarci questo nuovo trend della comunicazione: l’augmented reality applicata all’e-commerce.

Michele, prima di parlare di Realtà Aumentata, di Octo_Max e di inoltrarci quindi nel tecnico, raccontaci: cos’è Octo_Net?

Octo_Net è una startup innovativa che nasce dalla mia esperienza nel campo del web design e del digital marketing. Dopo aver collaborato per più di 15 anni con diverse agenzie pubblicitarie, tradizionali mi sono gradualmente spostato sempre più verso il digitale ed Octo_Net, in un certo senso, è la destinazione finale di questo spostamento. L’idea alla base della startup è quella di unire i servizi della web agency, dell’agenzia di comunicazione e della software house: offrire strumenti ad alto contenuto tecnologico, come ad esempio la Realtà Aumentata, insieme a quei servizi promozionali e comunicativi che permettono di massimizzarne il rendimento. In estrema sintesi, la nostra missione è quella di rendere l’innovazione il più “user friendly” possibile, offrendone tutti i vantaggi anche alle piccole e medie imprese.

Il modo migliore per iniziare a rispondere a questa domanda, che in Italia mi viene fatta spesso, è in negativo: ossia partendo da che cosa non è. La Realtà Aumentata non consiste nella creazione di un intero ecosistema digitale da zero – non è, insomma, da confondere con la Realtà Virtuale. Piuttosto, la Realtà Aumentata consiste nell’arricchimento della realtà fisica attraverso l’inserimento di contenuti digitali al suo interno, tipicamente attraverso la camera della smartphone.

È stata proprio la maggiore fruibilità di questa tecnologia rispetto alla Realtà Virtuale che le ha garantito la diffusione che ha oggi. Molti probabilmente si ricorderanno di quando Facebook acquistò Oculus nel 2014: di quando Zuckerberg entrò alla convention alle spalle di un pubblico incantato, incollato ai visori, per poi profetizzare di come la Realtà Virtuale avrebbe cambiato praticamente tutto. Bhe, a ormai sette anni di distanza, la profezia non si è ancora avverata: i suoi limiti a livello di hardware (penso soprattutto al costo dei visori) ne frenano tuttora la diffusione, mentre la Realtà Aumentata – molto più trascurata a livello mediatico, in questi anni – si sta diffondendo a vista d’occhio in diversi settori, anche grazie al fatto che è sufficiente possedere uno smartphone per utilizzarla.

Per esempio?

Penso ad esempio al settore industriale, dove diverse aziende utilizzano la Realtà Aumentata per facilitare i tecnici nella manutenzione di macchinari o impianti su cui mancano di preparazione specifica. O al settore del cosiddetto edutainment, dove viene utilizzata per fornire agli utenti – ad esempio, i visitatori di un museo o di un sito archeologico – informazioni circa i reperti che stanno osservando in modo originale e coinvolgente. La prima Realtà Aumentata che abbiamo realizzato in Octo_Net è stata proprio di questo tipo ed è da questa esperienza che siamo arrivati a pensare e realizzare Octo_Max, con cui abbiamo mettere l’AR al servizio del marketing.

Dicci di più: come nasce Octo_Max? E quali sono i vantaggi che offre ad aziende e consumatori?

Le due domande si intersecano, perché è proprio da una riflessione sui benefici commerciali della Realtà Aumentata che nasce Octo_Max.

La logica dietro al ragionamento è molto lineare e i risultati provenienti dagli Stati Uniti, dove diversi E-commerce hanno iniziato a servirsi dell’AR, ne confermano la bontà. Mi spiego: secondo Eurostat, per moltissimi consumatori il più grosso ostacolo all’acquisto online è l’impossibilità di visualizzare il prodotto, di testarlo – se così si può dire – prima dell’acquisto. Niente di sorprendente in questo: è la limitazione esistenziale dell’e-commerce che in quanto tale lavora, per definizione, a distanza.

Ma questa limitazione non è a buon mercato, né per il consumatore né per chi gestisce l’e-commerce.

Per il consumatore, questa può comportare un “costo opportunità”, ossia un costo derivante dal mancato sfruttamento ottimale di un’opportunità. Ad esempio, se l’utente rinuncia all’acquisto online di un articolo che sarebbe stato perfetto per lui o per lei, dovrà o fare a meno di esso o sobbarcarsi il costo di andarselo a comprare fisicamente. Se acquisterà lo stesso, nonostante i suoi dubbi, corre il rischio di pentirsi. E per chi gestisce l’e-commerce il problema è speculare, perché l’incertezza dal lato della domanda si traduce o in un basso numero di vendite o in un alto numero di resi a carico dell’offerta.

Una volta che introduciamo la Realtà Aumentata nell’equazione, però, quella che prima era una limitazione naturale del modello E-commerce non lo è più. Questa tecnologia permette infatti un grado di interazione col prodotto che nessuna photo gallery o scheda di descrizione, per quanto accurata, può sostituire. E questo fa una differenza reale in termini di vendite e di resi, soprattutto per alcuni settori merceologici.

Val la pena sottolineare, però, che il vantaggio non è limitato al mondo dell’E-commerce in senso stretto, ma si estende anche a quelle realtà che pur non offrendo la vendita direttamente online hanno un catalogo di prodotti.

Con Octo_Max abbiamo voluto offrire proprio questi vantaggi.

Che tipo di E-commerce ha più da guadagnare da uno strumento di questo tipo?

Questo dipende moltissimo dal tipo di articoli trattati.  I benefici più evidenti, in termini generali, sono per quegli E-commerce che commerciano in beni indossabili come i gioielli e accessori o in articoli per la casa. Nel settore dell’arredamento, ad esempio, i costi dei prodotti sono mediamente abbastanza alti da indurre molti utenti a ponderare bene i loro acquisti. Inoltre, il volume degli articoli porta spesso a costi di reso non trascurabili. E qui la Realtà Aumentata può fare una differenza reale.

Caratteristiche tecniche e modalità di funzionamento

A livello tecnico, ci sono due caratteristiche che contraddistinguono Octo_Max. La prima è che si tratta di un servizio che funziona perfettamente da browser e che non necessita di alcuna app. Ancora oggi molti associano la Realtà Aumentata alle App (forse a causa di esempi celebri come Ikea Place o Sephora). Ma i limiti di questa soluzione erano evidenti già anni fa. Chi naviga online per acquistare qualcosa è sempre meno disposto ad allungare il suo customer journey. Per questo, se si decide di puntare sulla Realtà Aumentata, è importante che questa sia fruibile dall’utente direttamente dal sito di E-commerce. Questo è fondamentale per convertire ed è quello che abbiamo deciso di offrire con Octo_Max.

La sua seconda caratteristica è che il focus della ricerca e sviluppo realizzata in Octo_Net si è concentrato su due elementi in particolare: massimo comfort e fluidità per la navigazione utente (quindi lato cliente finale), massimo grado di customizzazione e scalabilità della tecnologia nei confronti del committente. Per questo secondo aspetto infatti abbiamo investito nella realizzazione di un CMS che permette all’azienda di caricare i propri file 3d direttamente sulla propria piattaforma e ottenere immediatamente il contenuto in ambiente Realtà Aumentata.

 

 

La ricerca del lavoro online nel 2021: VIDEO + Intervista per D di Repubblica

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“LinkedIn per i bar”: live con Obiettivo Bar del 29 marzo 2021 [VIDEO]

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Changers, la community per allenare le soft skill: intervista ad Alessandro Rimassa

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Questo articolo è stato pubblicato su Startup News nel marzo 2021.

Ho conosciuto Alessandro Rimassa, imprenditore ed esperto di future of work ed education, alcuni anni fa, indirettamente. Lessi un suo libro che, all’epoca, fece molto parlare di sé: “Generazione mille euro”, un testo che parlava di “lavoratori fluttuanti e praticanti seriali”, che divenne anche un film.

Da allora Alessandro ha fatto mille cose, da Talent Garden a Kopernicana: tra queste, l’ultima in ordine di tempo, “Changers”. Gli abbiamo chiesto di che cosa si tratta.

“Praticamente Changers è una community (nata a settembre, ora conta 3600 iscritti su Facebook, ndr) ma, soprattutto, è una scuola di soft skill”.

Tema molto interessante, troppo dibattuto?

“Beh, c’è molta attenzione, da alcuni anni, sulle competenze trasversali. Secondo me le hard skill restano le competenze fondamentali, a patto che le si rinfreschi ogni due, tre anni. In un momento di grande cambiamento come quello che stiamo vivendo per colpa della pandemia, tempo di innovazione e trasformazione, le soft skill permettono di rimanere sul mercato”.

Eppure non tutti l’hanno compreso…

“In effetti molti dicono che non hanno tempo, non vogliono investire sulla propria crescita, evidentemente hanno altre priorità. È un grave errore. Anzi, se investi sulle soft skill è proprio per avere più tempo, per organizzarti meglio, per concentrarti sulla tua carriera, per sviluppare la capacità di collavorazione”.

Intendi collaborazione?

“No, collavorazione, con la V: un mix di collaborazione e lavoro. Termine coniato tempo fa da Nicola Palmarini (nel saggio per Egea “Lavorare o collaborare? Networking sociale e modelli organizzativi del futuro”, ndr), indica la capacità di lavorare insieme ma anche di delegare oppure di dichiarare la propria incapacità di fronte ad alcuni compiti e così via”.

Quale altra soft skill metteresti al centro?

“Dopo anni di innovazione e disruption, si è persa la centralità della creatività. Che non vuol dire avere il colpo di genio. La creatività si allena, si coltiva con metodo. Faremo anche dei corsi su questo”.

Altri corsi in cantiere?

“Per esempio quello per costruire abitudini positive. Faccio un esempio: secondo me ognuno di noi dovrebbe dedicare un’ora alla settimana per incontrare, di persona, qualcuno di stimolante. È un’abitudine straordinaria non solo per allenare il network, ma anche per accelerare la creatività”.

Passiamo dal mondo delle soft skill a quello delle startup. Ultimamente hai investito in diverse nuove imprese, per le quali hai fatto anche da mentore…

“Preferisco definirmi un “active investor”…”

In che senso?

“Entro nelle startup, al momento otto, mettendoci dei soldi e partecipando attivamente, a volte entrando nel Cda. Le aiuto concretamente, metto a loro disposizione la mia esperienza da imprenditore e le mie conoscenze.”

Puoi dare tre consigli a chi vuole costruire una startup?

“Primo: mi spiace dirlo, ma l’idea vale zero! Conta solo la messa a terra. Non portate in giro idee ma prototipi, del resto ora costruire prototipi costa pochissimo, a volte nulla.”

Secondo suggerimento?

“Il modello di business deve essere credibile. Recentemente ho visto una startup dove ai primi quattro anni di perdita come per magia arrivava un quinto anno d’oro. Meglio piuttosto partire in piccolo ma arrivare in fretta al break-even.”

E l’ultima dritta?

“Le startup non si costruiscono da soli: serve un team. Puntate sulle persone. Puntate sulla collavorazione.”

Intervista sulle fake news per la Fastweb Digital Academy

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La Fastweb Digital Academy mi ha intervistato sul tema delle fake news:

Cosa si intende con fake news o bufale? Perché nascono? Come facciamo a riconoscere una notizia falsa da una vera? Cosa dobbiamo saper fare per smascherare una fake news? Ci sono siti che ci possono aiutare e la rete come può esserci di aiuto? Il video fornisce risposte a queste e a molte altre domande e curiosità sul tema.

Puoi rivedere qui l’intervista della durata di 22 minuti:

3 motivi per rivedere la serie TV “Mad men” [intervista per Yugen podcast]

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Yugen è il podcast di Claudio Garioni che dà consigli e sconsigli su prodotti culturali di vario genere, dai libri alle serie TV, dai videogame alla musica e altro. Nell’ottava puntata, online nel marzo 2021, sono stato intervistato sulla mia serie TV preferita: Mad men.

Ho raccontato i tre motivi per i quali vale la pena riguardare Mad Men. Puoi riascoltare l’intervista qui:

Qui puoi riascoltare le altre mie interviste a Radio Capital:

L’arte di scrivere l’oggetto di una mail: l’intervista a Carlo Brena

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Carlo Brena si occupa, dagli anni Novanta, di comunicazione nel mondo dello sport e dell’outdoor per aziende del calibro di Garmin, Trek, Selle Italia, Santini, Compex ed enti del turismo montano come Carinzia, Arabba, Asiago e Livigno grazie alla sua azienda LDL COMeta:

“Siamo un ufficio stampa e spediamo una media di 15/20 comunicati stampa alla settimana”.

Visto quando siano sommersi i giornalisti di comunicazioni del genere (personalmente non faccio più il giornalista da quasi dieci anni e me ne arrivano una ventina al giorno), qual è la vostra strategia per attirare l’attenzione del destinatario?

“La mia strategia parte da una domanda: come catturare l’attenzione di un giornalista che riceve una mail al minuto e nessuna di queste vagamente… sexy?

Tutto si gioca tra MITTENTE – OGGETTO – TITOLO – SOMMARIETTO

Questa è il nostro standard (nato dalla mia esperienza di giornalista che riceveva e riceve decine di comunicati, dove spesso non si capisce chi scrive, di che materia, dove come e quando…). Alla fine ne abbiamo fatto uno stile, che ci è stato riconosciuto come un valore”.

In pratica qual è il trucco?

“Per ogni cliente modifico il mittente scrivendo il nome del BRAND seguito da (Ufficio stampa a cura di LDL COMeta). Così il destinatario sa chi gli sta scrivendo (sono sempre io che scrivo ma parlo per conto di un altro). Nell’oggetto metto da subito il tema seguito da due punti”.

Qualche esempio?

“Eccone alcuni.

GARMIN (Ufficio stampa a cura di LDL COMeta)
VACANZE: ecco il nuovo Camper 1090, il navigatore con lo schermo extra-large per la massima comodità e facilità di utilizzo durante la vacanza itinerante

GARMIN (Ufficio stampa a cura di LDL COMeta)
MONITORAGGIO SATELLITARE: Garmin acquisisce le attività di GEOS Worldwide Ltd per offrire agli utenti inReach un servizio di soccorso ulteriormente potenziato

SELLE ITALIA (Ufficio stampa a cura di LDL COMeta)
CICLISMO: Fabian Cancellara nuovo ambassador Selle Italia per una partnership che si estende alle iniziative della Locomotiva di Berna

ENDU (Ufficio stampa a cura di LDL COMeta)
CICLISMO INDOOR: l’ultimo appuntamento del 2020 è alla PEDALITALY Trebbio Virtual Race, la gara on-line del 30 dicembre

Panasonic Air Conditioning (Ufficio stampa a cura di LDL COMeta)
AIR CONDITIONING: la linea di unità di condensazione CO2 di Panasonic si arricchisce del nuovo modello da 7,5 kW

ENDU (Ufficio stampa a cura di LDL COMeta)
CICLISMO INDOOR: il versante bresciano del Passo del Tonale teatro della sfida di Pedalitaly Xmas Pack 2020

GARMIN (Ufficio stampa a cura di LDL COMeta)
SPORT: presentati i sei progetti sportivi vincitori dei Garmin Beat Yesterday Awards che vedranno la luce nel 2021

COMPEX (Ufficio stampa a cura di LDL COMeta)
FITNESS: Ion e Molecule, le due novità smart per l’automassaggio firmate Compex

SANTINI (Press office by LDL COMeta)
TRIATHLON: per l’estate 2021 i body super aerodinamici firmati Santini

Se poi è un periodo speciale (Natale, Pasqua, festa della donna…) metto il tema seguito dai due punti:

CLIMBING TECHNOLOGY (Ufficio stampa a cura di LDL COMeta)
NATALE: ai regali per chi ama arrampicare ci pensa CLIMBING TECHNOLOGY”.

Questo per i comunicati stampa, esistono altre tipologia di mail che inviate?

“Sì, se la mail è un invito, lo scrivo subito, così chi lo riceve capisce che si tratta di un evento o qualcosa del genere:

GARMIN (ufficio stampa a cura di LDL COMeta)
INVITO – GARMIN: Beat Yesterday 2020, i sogni si possono realizzare – martedì 15 dicembre 2020, Milano

GARMIN (ufficio stampa a cura di LDL COMeta)
SAVE THE DATE – GARMIN: Beat Yesterday 2020, i sogni si possono realizzare – martedì 15 dicembre 2020, Milano”
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Quindi il trucco è che l’oggetto deve contenere delle informazioni chiare che attirino la curiosità…

“Già, e non è proprio così semplice. Se il destinatario supera questi due punti (MITTENTE e OGGETTO), arriva a leggere il TITOLO che deve contenere altre informazioni aggiuntive rispetto a quelle presenti nell’oggetto. E anche qui non sempre ci si riesce…”

Quanto deve essere lungo l’oggetto?

“Il titolo deve possibilmente essere lungo non più di due righe, in stampatello, bold, carattere 24/26… Poi dipende dallo stile grafico che vuole il cliente. Poi c’è il SOMMARIETTO che in 4/8 righe sintetizza il testo del comunicato”.

Un ultimo segreto?

“Segreti? Un bel dizionario dei sinonimi e un uso moderato di terminologia inglese.”

La mia masterclass sul Web writing

Se vuoi seguire la mia masterclass sul Web writing, collegati al sito di Primopiano!

TikTok è utile per le aziende? Intervista ad Alessio Atria per Startup News

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Questo articolo è stato pubblicato su Startup News il 4 marzo 2021.

Alessio Atria è noto in Rete come “Mr.TikTok”. 31 anni, milanese, un passato nel mondo della ristorazione, ha poi trasformato la passione per marketing e digitale in un lavoro. Due anni fa ha scoperto TikTok, piattaforma social cinese ormai sulla bocca di tanti (non tutti) e ha scritto anche due libri sul tema: “Scopri i Segreti di TikTok” e “TikTok per il Tuo Business”.

Alessio, di cosa ti occupi in pratica?

Sono un consulente per la comunicazione digitale. Prima di tutto analizzo la presenza digitale del cliente sulle varie piattaforme, analizzo il mercato e i competitor su TikTok, definisco una strategia di crescita, adattando la comunicazione in base allo stile del cliente alla piattaforma. Poi lavoro sui contenuti: piano editoriale, ricerca video virali da cui prendere spunto, gestire le pubblicazioni su TikTok fino a rendere il cliente autonomo.

TikTok funziona come Instagram, dove fino a poco tempo fa la facevano da padrone sponsorizzazioni e soprattutto automazioni?

No, per me lo scopo è quello di aiutare i clienti a raggiungere gli obiettivi prefissati, in particolar modo in maniera organica, senza automazioni o sponsorizzate, sfruttando al meglio la creazione dei contenuti e la viralità “fisiologica” che in questo momento è ancora preponderante in TikTok.

A tal proposito consiglio a chi vuole buttarsi su TikTok di farlo al più presto, veicolando video, quiz, indovinelli, considerazioni ed elenchi interessanti per propria la nicchia di riferimento: oggigiorno si può arrivare a migliaia di persone (anche milioni…) senza pagare un centesimo. Questo tipo di vantaggio non durerà per molto.

Hai fondato “TikTok Hacks Italia”: cos’è?

Si tratta di un gruppo Facebook del quale sono il fondatore e moderatore: si tratta del primo e più grande gruppo in italiano (3.500 utenti attivi, ndr) in cui ho radunato chi vuole approfondire gli aspetti di TikTok, condividere esperienze e confrontarsi.

Giornalmente inseriamo gli “hacks”, ossia i metodi migliori che man mano escono su TikTok per diventare virali. Molti sono i temi che approfondiamo: come usare al meglio l’algoritmo, come veicolare il marketing, quali sono le metodologie di guadagno, come partire con un nuovo account, quali news approdano, i casi studio e come ispirarsi, moltissimi suggerimenti o tips, le strategie più performanti, conoscenze specifiche avanzate.

TikTok è ultimamente al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica per le challenge e altri fatti di “nera”, tra l’altro tutti da dimostrare.

Per i fatti accaduti da challange improbabili su TikTok, posso dirti che conoscendo alcuni grandi Content Creator di diverse nicchie all’interno della piattaforma, nessuno ha mai visto quella challange. Si pensa che arrivino da altri social e che ovviamente il nome TikTok faccia più notizia rispetto ad altri. Ad alcuni competitor dà fastidio che un’app cinese abbiamo battuto tutti i record di crescita (più di 2 miliardi di download ad aprile 2020, ndr).

Quali sono le domande che ricevi più spesso su TikTok?

Eccole:

  • non è una piattaforma solo per balletti e contenuti comici?
  • non è solo il social dei ragazzini?
  • come si comunica su questa piattaforma?
  • Posso far crescere il mio business con TikTok?

Molti imprenditori hanno questa visione sbagliata. Altro che ballettini e barzellette: i contenuti formativi, fatti da veri esperti, stanno aumentando da quasi un anno. A vista d’occhio! Perché? Perché il contenuto formativo permette di intrattenere gli utenti su Tiktok, di conseguenza l’algoritmo premia dando visibilità.

Quindi l’età media si sta alzando?

L’età media nell’ultimo periodo è aumentata notevolmente. Tralasciando i dati ufficiali (il 41% degli utenti di TikTok ha un’età compresa tra i 16 ei 24 anni, ndr), la mia esperienza dice che possiamo raggiungere un pubblico compreso tra i 13 e i 45. Non è più, da tempo, un social solo per ragazzini. Anche in Italia: su gli otto milioni di utenti, la fascia 25-34 anni ha avuto nell’ultimo anno un boom: +258%.

Torniamo al lato business e aziendale: come dovrebbe muoversi un’azienda?

Se nel marketing tradizionale il contenuto deve attirare l’attenzione del massimo numero di utenti possibile, in TikTok è l’utente stesso che in prima persona “crea” la campagna attraverso il video, un contenuto breve, immediato, con linguaggio semplice. In pratica, da procedimento passivo a cui siamo abituati, il marketing diventa attivo, che si fa in prima persona e non si subisce. Quella che abbiamo di fronte è una rivoluzione anche dal punto di vista del concetto di pubblicità. Gli utenti creano i propri video per una challenge o in risposta a una campagna, e nello stesso tempo i brand che le hanno create trasmettono la sensazione di far parte di una community più ampia.

Cambia anche il mestiere dell’influencer?

Gli Influencer sono più “reali” e liberi di sperimentare, perché gli utenti sono sicuramente più di supporto, propensi alla condivisione. Su TikTok è ormai nata e sviluppata una vera e propria community di make-up artist amatoriali, cosplayer e artisti di ogni sorta che, con rapidità e facilità, collezionando follower, condivisioni e commenti. E non solo: monetizzano abbondantemente.

In ogni caso su TikTok bisogna stare attenti, più che su altri canali, a non essere autoreferenziali. Si deve vendere senza vendere.

Parliamo di advertising su TikTok?

Quello che posso dire è che, nonostante sia ancora un po’ “acerba” rispetto al Business Manager di Facebook, TikTok for Business è molto semplice da utilizzare. Dà la possibilità di targettizzare per nazione, regione, età e interessi; puoi anche creare delle audience personalizzate. Per i costi hai un budget minimo giornaliero di almeno 20 euro per ogni gruppo di annunci e di 50 euro per ogni campagna. In molti pensano che si debba spendere per forza tutto il budget ma, in realtà, non è così: puoi decidere di mettere in pausa gli annunci quando vuoi. Quello che non consiglio è di continuare a fermare le campagne per poi farle ripartire.

Puoi dare i numeri (in senso buono)?

Di solito per la campagne sui social si pagano visualizzazioni o clic. 1000 visualizzazioni possono costare da 15 a 60 centesimi, 1000 visualizzazioni in target da 60 a 1,5 euro, massimo 2. Il costo per clic va da 80 centesimi a 1,5 euro.

In termini di conversioni?

Dipende dalla creatività, dal prodotto o servizio che offri e dalla landing page di atterraggio. Diciamo che tutti i costi dipendono comunque dal contenuto e da come “rankano” le aste. Perché anche su TikTok vi è il sistema ad aste per gli annunci: in base al contenuto, al target e all’offerta, ti permette di spendere di più o meno per una determinata sponsorizzata.

Alcuni dei risultati che hai ottenuto?

Purtroppo non possono fare nomi per privacy, ma ecco alcuni risultati. 5000 visite a un sito Web con 500  euro di TikTok Ads. All’incirca 35 conversioni in tre mesi con tre acquisti di un corso professionale dai 1.500 euro in su, con 1.500 euro di TikTok Ads. E ancora: 1,3 milioni di view su TikTok e 4.000 view su Youtube con  300 euro di boost post tramite Tiktok Ads. 500 contatti in poche ore tramite campagna di influencer marketing in organico senza Tiktok Ads.

Consigli su come creare le Ads?

Primo: non usare video riadattati, girarli in formato verticale così da occupare tutto il display e confondersi meglio con i contenuti degli utenti. I balletti non sono molto consigliati. Ci deve essere una persona che ci mette la faccia: recensioni di un prodotto o servizio, come si utilizza, che benefici porta e così via. No alle markette!

Infine, quali suggerimenti daresti a una startup che volesse sfruttare TikTok?

Secondo me occorre riadattare la comunicazione, studiare una strategia, affidare il canale a una figura o al massimo due, così che gli utenti si affezionino a loro. Creare contenuti video, suscitare interesse, curiosità e raccontare storie.

Una Startup deve utilizzare TikTok come vetrina e non come unico canale di acquisizione, ovviamente deve prima controllare se effettivamente è in target con l’audience. In base all’obiettivo, devo poi decidere se fare Adv direttamente per acquisire lead e non usare la parte organica (anche se consiglio di usare entrambe), oppure fare delle campagne di influencer marketing.

L’agilità delle startup: intervista a Matteo Sola

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Questa mia intervista a Matteo Sola di Kopernicana è stata pubblicata su Startup News il 23 febbraio 2021.

Le grandi corporate vogliono imparare dalle startup come essere più “agili”: più capaci di captare ogni genere di stimolo con i propri sensori, ora sempre più attivi sia verso l’esterno che verso l’interno.

Matteo Sola è HR, formatore ed esperto di digital HR transformation. Nella sua carriera, si è occupato soprattutto di formazione aziendale come strumento di cambiamento in contesti di digital transformation, specializzandosi nell’applicazione degli approcci digitali alle risorse umane, in particolare employee experience e agile management. In Talent Garden, la più grande piattaforma europea di spazi di coworking per talenti digitali, tra il 2016 e il 2019 ha ricoperto diversi ruoli occupandosi di formazione per le corporate, Talent Acquisition, Learning & Development ed HR business partnership per l’Italia e l’Irlanda. È stato “People Learning & Development Lead” per Musement, principale digital player del mondo delle destination experiences e parte del gruppo TUI, occupandosi in particolare dell’implementazione del sistema OKR, tematica per cui oggi è consulente per molte altre realtà.

Da fine 2020 è “HR Learning & Development Leader” di Iliad Italia, oltre ad essere Partner di Kopernicana, società di consulenza in ambito trasformazione organizzativa e new way of working. È inoltre fondatore e coordinatore scientifico del master in Digital HR della Talent Garden Innovation School e nella faculty dell’università Bicocca di Milano.

Con Matteo abbiamo parlato di organizzazione aziendale, anche per il mondo delle startup.

Che cosa intendi per agilità organizzativa in azienda? Perché connette il mondo startup con il mondo corporate?

Per agilità organizzativa oggi intendiamo molte cose. Il nuovo paradigma VUCA (Volatilità, Incertezza, Complessità e Ambiguità, ndr) è noto già da tempo, ma la pandemia ha reso ancora più evidente come la realtà in cui viviamo sia complessa, ambigua, volatile e incerta, ma anche come la velocità del cambiamento continuo renda sempre più difficile pianificare e controllare, per non parlare di prevedere il futuro. Non a caso è tornato di moda il concetto di antifragilità di Taleb.

Per questo le grandi corporate vogliono imparare dalle startup come essere più “agili”: più capaci di captare ogni genere di stimolo con i propri sensori, ora sempre più attivi sia verso l’esterno (mercati, competitor, professionisti, business in generale) che l’interno (le nostre persone e i loro bisogni, i feedback dei colleghi, le dinamiche interne) e reagire di conseguenza, cambiando rapidamente direzione quando serve.

Agilità significa abbattere muri e barriere, connettere ed ibridare (mestieri, professioni, risorse), mettere a fattor comune e sperimentare più di ogni altra cosa. Buttarsi (in modo ragionato) per scoprire cose nuove e metterle alla prova con la realtà, invece di progettare la soluzione perfetta (che non esiste) per anni e poi scoprire che è perfetta, ma il paziente nel frattempo è morto (e da mesi).

La startup nasce per questo, perché è intrisa di coraggio, di velocità (che è la velocità imposta dalla tensione alla sopravvivenza) e di un purpose forte, mentre tutti gli altri devono imparare a ragionare di più in questa chiave.

Le barriere stanno cadendo (se non sono già cadute) e viviamo una nuova era della sperimentazione continua.

E l’Agile HR?

L’”agile” in senso stretto è per me una filosofia e un mindset, in primis organizzativo, che tento di portare nel mio lavoro tutti i giorni, ora passato dal contesto “coding” originario alle altre funzioni, per esempio l’HR. Riesce a farlo perché in realtà è un tema di coordinamento di persone e di progetti in una certa ottica.

Poi (solo in seguito) rimanda a un insieme di metodologie e strumenti utili a stimolare e gestire questa sperimentazione, a cambiare, a evolvere attraverso ragionamenti, riflessioni e messa a fattor comune di talenti diversi. Un patrimonio che varia a seconda del contesto e dello scopo e che molto può essere utile ad HR e management in generale, per contaminarsi con l’ecosistema digital e non solo. L’HR deve diventare più agile in prima persona e più in grado di supportare e diffondere l’agilità negli altri.

Come declini l’agilità per una startup? 

Quando mi capita di supportare una startup o scale-up, un acceleratore o un incubatore come consulente di Kopernicana, ragiono sul tema del difficile equilibrio che bisogna trovare tra il “darsi una struttura” tanto caro ai fondatori e al management quando le cose iniziano a funzionare e sembrano scappare di mano e l’esigenza delle persone di “rimanere agili, rimanere noi stessi”.

Le due cose non sono in contrapposizione, dipende dal come ci lavoriamo. La chiave sta nel non copiare le corporate del passato e fare le cose come sono sempre state fatte (magari assumendo alcuni mega manager che non conoscono il nostro contesto e cultura, perché difficilmente questi innesti funzioneranno) ma sperimentare e trovare la nostra strada per crescere, investendo sulla capacità delle nostre persone, pur facendosi aiutare da consulenti e mentor che ne hanno viste tante. Non è un tema solo di compromessi: dobbiamo rimanere agili pur diventando grandi.

Che dritte daresti a uno startupper?

Di fare alcune cose:

– Di chiarire e poi comunicare sempre al meglio il proprio purpose originario, perché è la forza della sua organizzazione

– Di investire nel disegno del proprio business model, connettendolo bene al purpose, all’impatto che si vuole portare. Senza un modello di business sostenibile, che includa nella parte “risorse chiave” le persone di oggi ma anche quelle potenziali di domani, che lavoreranno per noi prima ancora che esistano e servano davvero nel contesto attuale, non si dura a lungo.

– Di chiarire le priorità strategiche e il modo di allineare le persone, utilizzando da subito strumenti come gli OKR (che ci aiutano anche a rimanere agili), perché l’eccesso di divergenza e la mancanza di focus nel lavoro delle persone possono uccidere di più della mancanza di soldi.

Di non farne altre:

– Non avere fretta di dotarsi di grandi processi (magari vecchi) e di manager, in un mondo dove i manager saranno sempre di meno, non di più.

– Non tardare troppo ad investire in persone che si occupino di altre persone in azienda o in competenze HR in generale. Ho visto troppo spesso “correre ai ripari” quando si hanno già 80, 100 persone o più, rendendosi conto che non si è fatto altro che assumere (con o senza criterio) per sostenere la (presunta) crescita del business, per poi ritrovarsi senza capacità di gestire quelle persone: di sostenere la crescita e il benessere, di salvaguardare il senso di equità interna, di costruire una vera people experience dando risposte ai bisogni concreti in modo sostenibile ecc.

– Non pensare che il senso di quello che si sta facendo possa rimanere per sempre come qualcosa di ovvio: forse (forse) per i founder sarà così anche dopo 5 anni, ma per tutti gli altri, se il purpose non verrà ribadito, ripetuto ed alimentato continuamente (creando in questo modo una vera cultura nel tempo), l’ambiente di lavoro e il significato di quel lavoro non verrà percepito nello stesso modo.