La comunicazione aziendale interna: la mia intervista per Vertus

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Questa intervista è stata pubblicata sul sito di Vertus il 28 febbraio 2020.

COLLABORAZIONE, ENGAGEMENT, UNITÀ D’INTENTI: ECCO PERCHÉ CURARE LA COMUNICAZIONE INTERNA

Comunicazione “corporate” e di prodotto, social media marketing, ufficio stampa, relazioni pubbliche e istituzionali, adv off e online: su questi elementi la maggior parte delle aziende sa di dover investire risorse per raggiungere clienti e stakeholder, per posizionarsi sul mercato, per rendere noto il proprio brand.

La stessa attenzione, però, non sempre viene dedicata alla comunicazione interna, fattore che, in realtà, incide significativamente sulla vita aziendale, sui rapporti tra management e dipendenti e, con un importante riflesso verso l’esterno, sull’immagine del brand che i dipendenti comunicano fuori dall’ufficio e sui loro profili social.

La comunicazione interna non coincide, però, con la trasmissione top-down, pur frequente e dettagliata, di disposizioni organizzative.

Come si può definire, quindi, la comunicazione interna?

Lo abbiamo chiesto a Gianluigi Bonanomi, formatore aziendale e consulente di comunicazione digitale, autore di diversi saggi e manuali su Internet, computer, smartphone e social media, direttore della collana “Fai da tech” di Ledizioni.

La comunicazione interna genera senso di appartenenza

Bonanomi parte da un’importante premessa sull’inevitabilità della comunicazione: “Le aziende, come gli umani, non possono non comunicare. Se non comunicano verso l’esterno e verso l’interno, stanno comunque comunicando qualcosa, e non è certo qualcosa di positivo”.
Anche non comunicare è un atto di comunicazione, che non gioca a favore dell’immagine aziendale.

Le aziende sono generalmente impegnate nel comunicare all’esterno. Perché dovrebbero occuparsi anche della comunicazione interna?

“La comunicazione interna è davvero importantissima per almeno un paio di motivi: per l’employer retention, ovvero la creazione di un senso di appartenenza nei propri dipendenti, e anche per fare il cosiddetto employer branding: attrarre nuovi talenti. Anche se quest’ultima comunicazione è rivolta all’esterno, la accomuno alla precedente”.

Quali competenze occorrono?
“Sempre più un comunicatore d’impresa deve allenare soft e hard skill. In pratica deve avere competenze comunicative spiccate, condite da creatività e capacità di comunicare in modo coinvolgente (digital storytelling), ma anche padroneggiare i nuovi strumenti della comunicazione digitale: non solo mail e web, ma sempre più social e analytics. Relazioni da una parte e dati dall’altra”.

Come si delinea una strategia di comunicazione interna?
“Bisogna anzitutto definire gli obiettivi della propria comunicazione, che possono andare dall’intrattenimento alla formazione, dal recruiting alla social responsibility. E solo di conseguenza si crea un piano editoriale, infine declinato come calendario editoriale (cosa pubblicare e quando)”.

Quanto può incidere la trasformazione digitale nei processi di comunicazione interna?
“Il digitale sta rivoluzionando ogni aspetto della comunicazione, e siamo solo all’inizio. Già ora buona parte del recruiting lo fanno gli algoritmi, grazie per esempio ai sistemi ATS (applicant tracking system).
A breve l’intelligenza artificiale si occuperà di tutta la comunicazione (gli algoritmi già scrivono post e interi libri), come sta per avvenire nel digital marketing finalizzato alla lead generation (la marketing automation permette all’umano di lasciar fare tutto a una macchina)”.

Gli strumenti e il ruolo del management

Quali sono quindi gli strumenti per favorire la partecipazione e l’interazione dei dipendenti?
“Per la mia esperienza gli strumenti più efficaci, con gradi diversi di coinvolgimento, sono quattro:

  • newsletter interna (a volte realizzata con contenuti forniti dai dipendenti stessi);
  • portale Intranet (mi è capitato più volte di fare progetti di brand journalism a scopo interno, per esempio web radio o podcast);
  • social network interno (in alcuni casi anche con app come Slack, ma anche Facebook si è mosso con Workplace; altre aziende, come Vodafone, hanno social proprietari);
  • social network (alcune aziende, per esempio, usano due canali Instagram, uno per il social media marketing, l’altro per la comunicazione finalizzata alle risorse umane)”.

Come coinvolgere i manager?
“I dirigenti dovrebbero anzitutto credere nei progetti di comunicazione interna, e devo dire che incontro sempre più spesso manager disposti a mettersi in gioco e, soprattutto, a investire. In una nota multinazionale bresciana il direttore HR mi ha chiesto un importante percorso per la formazione di un gruppo di una ventina di brand ambassador interni, puntando su temi quali la reputazione digitale e la creazione dei contenuti”.

Il ruolo del settore risorse umane?
“In queste dinamiche l’HR è fondamentale, perché interviene soprattutto nella fase di formazione: servono percorsi ad hoc per aiutare le persone, soprattutto i non più giovanissimi, ad acquisire le competenze per usare gli strumenti della comunicazione digitale”.

Quali gli errori più tipici?
“Gli errori che spesso si commettono nella comunicazione interna sono quattro:

  • non monitorare chi e cosa comunica;
  • non misurare la comunicazione (con gli strumenti di sentiment analysis si può mirare praticamente a qualsiasi cosa, anche all’impatto emotivo delle parole scelte in un post di Facebook);
  • non avere una strategia di comunicazione (per tutto quello che ci siamo detti prima);
  • non formare le persone all’uso del digitale (molti dipendenti, con la loro comunicazione sguaiata, possono danneggiare anche l’azienda, non solo sé stessi, inconsapevolmente)”.
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