Come usare il modello A.I.D.A. nella comunicazione social?

Mentre approfondivo gli studi sulla comunicazione digitale, spaziando dal copywriting alla comunicazione pubblicitaria, scoprii un modello molto interessante. Ancora fermo alle 4 o 5 P di Kotler, mi imbattei nel modello A.I.D.A. di St. Elmo Lewis. Il nome del modello, Aida, non c’entra nulla né con Giuseppe Verdi né con Rino Gaetano!

È un acronimo che sta per:

  • ATTENZIONE
  • INTERESSE
  • DESIDERIO
  • AZIONE

A che cosa serve questo modello? Ne analizzo un punto alla volta.

Attenzione (Attention o Awareness): una pubblicità deve catturare l’attenzione del consumatore. Ogni giorno una persona è mediamente esposta a un numero di annunci che varia da qualche decina a qualche migliaio. Solo una piccola parte di questi arriva a destinazione, motivo per cui il messaggio deve essere eccezionale.

Interesse (Interest): una pubblicità deve accendere l’interesse del consumatore. Dopo aver catturato l’attenzione, occorre riuscire a farsi leggere davvero. Si dice, in particolare, che il messaggio deve catturare l’attenzione selettiva.

Desiderio (Desire): una pubblicità deve innescare il processo di creazione del desiderio da parte del consumatore. Quando il consumatore si identifica nella situazione pubblicitaria proposta, si verifica una sorta di proiezione del suo io, della sua personalità, nel messaggio stesso.

Azione (Action): una pubblicità deve condurre all’azione, che si concretizza nell’acquisto del servizio o del prodotto.

Cominciai a ragionare su come usare il modello A.I.D.A. nella costruzione della comunicazione digitale e, in particolare, per la comunicazione sui social media, adattandolo così:

ATTENZIONE: generare attenzione con un’immagine di impatto, che spingesse l’utente a fermare lo scroll.

INTERESSE: Porre una domanda o citare una questione di vero interesse per il lettore. Bando alla comunicazione autoreferenziale. Occorreva puntare su quel che un lettore ha come argomento preferito: se stesso. Iniziai quindi a ragionare su bisogni e problemi.

DESIDERIO: Intesi questa fase come l’indicazione di un beneficio per chi legge. Avrei quindi risposto al classico “What’s in it for me” (abbreviato WIIFM)? Alessandra Farabegoli ha sistematizzato la possibile risposta a questa domanda con un serie di benefici per chi legge un contenuto online:

  • Mi fai ridere
  • Mi commuovi
  • Mi fai sentire una persona migliore
  • Mi fai sognare di evadere dal quotidiano
  • Mi dai la scusa per perdonare un mio difetto / vizio / debolezza
  • Mi fai guadagnare / risparmiare (ma davvero)
  • Mi fai giocare / misurare / competere con gli altri
  • Mi spieghi come risolvere un problema pratico (ma deve essere il mio e devo sentirne forte la pressione)
  • Mi insegni qualcosa di non scontato e mi fai fare bella figura con altri
  • Mi fai risparmiare tempo offrendomi trucchi/metodi/soluzioni
  • Mi fai scoprire qualcosa di nuovo, mi fai venire nuove idee (di stile, cucina, viaggi, design)
  • Mi fai sentire “parte di” qualcosa (una comunità, una causa)

Ecco tre esempi di come questo viene declinato sui social.

RIDERE. Ceres fa real time marketing (commenta il fatto del momento) con vena ironica:

GIOCO. Qui Deliveroo chiede di giocare con la scelta della pizza:

PARTE DI. Ford chiede di inviare le foto della propria vettura allo scopo di rinsaldare il senso di appartenenza e fedeltà al brand:

AZIONE: Intesi una call to action finale, la richiesta di fare qualcosa, sempre declinato all’imperativo. Per esempio compra, scopri, iscriviti, contattami e così via.

Ricapitolando: dopo aver catturato l’attenzione e l’interesse del lettore, sia visivamente sia parlando di un suo problema, avrei generato il desiderio di compiere un’azione promettendo un beneficio.

In tal senso, questo post pubblicitario di Hootsuite poteva essere sezionato così:

Attenzione: l’immagine della ragazza che usa un PC.

Interesse: risparmiare tempo.

Desiderio: il beneficio di poter gestire tutti i canali da un’unica piattaforma.

Azione: Iscriversi al servizio / aggregarsi a una comunità di utenti.

Esiste una variante del modello AIDA, AIDCA: quella “C” in più sta per “convincimento”, ovvero per l’uso di testimonial, statistiche, demo o garanzie al fine di convincere il cliente prima dell’azione finale.

Un’evoluzione del modello AIDA, se vogliamo ancora più completo e adatto ai nostri mercati, è quello proposto da Christian Betancur[10]: si tratta dell’impronunciabile “BAIFDASV”.

Questo modello parte dall’individuazione di un Bisogno (B), successivamente mette le fasi di Attenzione (A) e Interesse (I) per poi focalizzarsi sull’obiettivo di conquistare la Fiducia (F) del consumatore,  così da arrivare a far nascere il Desiderio (D) del prodotto/servizio che sfocerà infine nell’Acquisto (A). Contrariamente al metodo A.I.D.A., però, Betancur non si ferma qui e analizza la fase post-vendita: per questo inserisce anche la componente Soddisfazione (S) del cliente e la Valutazione (V) del prodotto/servizio per giungere alla fidelizzazione. Alla fine, l’obiettivo non è vendere una volta sola.

Il libro “Stop the scroll”

Quello che hai appena letto è un piccolo assaggio del libro “Stop the scroll” che illustra il mio metodo O.P.E.R.A.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Lascia un commento