Che cos’è la disintermediazione digitale? [Articolo per Agenda Digitale]

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Questo articolo è stato pubblicato su Agenda Digitale nel marzo 2021.

La disintermediazione digitale in tutte le sue forme: opportunità e lati negativi

La disintermediazione è un processo che si applica un po’ a tutto, dall’informazione politica alla comunicazione aziendale, e rimane un’opportunità straordinaria per i cittadini, che si tratti del loro rapporto con la PA o della possibilità di fruire di contenuti digitali. Non mancano, ovviamente, i rischi. Il punto

Nell’era denominata del “capitalismo digitale”, non sorprende scoprire come le piattaforme ribattezzate “Over-The-Top” (Amazon, Facebook, Google in primis) siano riuscite in poco tempo a creare un nuovo ordine economico che è riuscito stravolgere le normali logiche del mercato e i meccanismi del business tradizionale.

Le multinazionali OTT, infatti, forniscono attraverso internet servizi che permettono al consumatore stesso di raggiungere – in tempo reale – il produttore: questo fenomeno viene chiamato “disintermediazione”.

La disintermediazione è un processo che si applica un po’ a tutto, e non è limitato all’ambito economico/lavorativo/commerciale. Dall’e-commerce – quando acquistiamo un bene da un venditore/produttore, per esempio, grazie alla Rete possiamo raggiungere direttamente il consumatore finale, senza alcun passaggio intermedio – fino all’home banking, quando effettuiamo un bonifico o paghiamo un bollettino direttamente dal divano di casa.

Il suo utilizzo è stato esteso anche ai mezzi di comunicazione: la disintermediazione applicata ai social media ha dato origine a una rivoluzione vera e propria del linguaggio, persino a un capovolgimento nella percezione della gerarchia sociale.

Dal 1967 a oggi: com’è cambiato il concetto di disintermediazione

Il termine “disintermediazione” viene coniato nel 1983 dall’imprenditore statunitense Paul Hawken nel libro “The Next Economy”. Lo stesso Hawken divenuto negli ultimi anni un fiero sostenitore del “capitalismo naturale” afferma che il termine disintermediazione venne utilizzato per la prima volta nel 1967, per indicare l’eliminazione dell’intermediazione bancaria tra soggetti erogatori di prestiti e quelli interessati ad acquisirli. In pratica, la disintermediazione non era altro che l’insieme dei processi attraverso i quali i consumatori potevano gestire direttamente i propri investimenti finanziari. Hawken aveva previsto quasi quarant’anni fa che le nuove tecnologie avrebbero consentito agli utenti di svolgere autonomamente tutta una serie di attività che di solito richiedevano figure di mediazione, soprattutto nella distribuzione e vendita di beni e servizi.

Il termine disintermediazione ha acquisito un nuovo significato con l’avvento del web 2.0. Con Amazon, per esempio, acquirenti e venditori entrano in contatto senza la necessità di alcun intermediario; con Apple, iPhone e iPad vengono venduti direttamente ai consumatori senza passare attraverso le catene di vendita tradizionali. Il successo delle varie Amazon, Google, eBay e di tutte le altre multinazionali ha portato alla creazione del fenomeno della disintermediazione commerciale e ha letteralmente trasformato il campo dei consumi, mettendo così in crisi lo storico rapporto di collaborazione tra produttori e rivenditori. La disintermediazione è stata applicata con successo anche ad altri settori: da Spotify fino a Uber, la rivoluzione sembra essere solo all’inizio.

Con la disintermediazione è cambiato il modo di scambiare le informazioni tra azienda e consumatore: il web permette a qualsiasi impresa di raggiungere il cliente in modo diretto senza dover conto dei canali distributivi o di quelli di approvvigionamento.

La disintermediazione della comunicazione in politica e nei rapporti con la PA

Il segnale di questo cambiamento è arrivato paradossalmente dall’ingessato mondo della politica: ormai è diventato normale per un qualunque esponente di qualsiasi partito italiano o straniero utilizzare i social network come Facebook, Twitter, Instagram e tutti gli altri per comunicare direttamente con i propri sostenitori/elettori.

Si è passati, insomma, dai classici volantini e manifesti ai canali social, alla propaganda di tipo digitale. Postare un contenuto su Twitter o Facebook, per esempio, permette al politico di turno di informare gli elettori su qualsiasi tipo di iniziativa. La Rete, poi, aumenta la possibilità di influenzare la percezione della realtà con una serie di problematiche connesse che vanno comprese e gestiste.

È cambiata anche la relazione – spesso problematica – tra cittadino e pubblica amministrazione e istituzioni, un rapporto finalmente a portata di smartphone. Per agevolare l’utilizzazione dei servizi offerti ai cittadini, l’eccessiva formalità e l’autoreferenzialità tipiche della burocrazia italiana sono state sacrificate in nome della trasparenza e dell’efficienza: con una semplice email o accedendo a un sito della pubblica amministrazione possiamo richiedere documenti, prenotare servizi e altro ancora.

L’impatto della disintermediazione sulla nostra vita lavorativa e personale

Il mondo cambia e per restare al passo con i tempi è importante adeguarsi a questi cambiamenti continui. Aggiornare il proprio modo di lavorare e, soprattutto, di comunicare è il primo passo da compiere. Come abbiamo visto, la disintermediazione commerciale ha rivoluzionato – e lo sta facendo tuttora – la nostra vita lavorativa e non, adesso è il turno di quella digitale che sta trasformando velocemente il modo di relazionarci con gli altri introducendo nuove figure. Chi si occupa di marketing negli ultimi anni si è dovuto interfacciare con interlocutori del tutto nuovi, come influencer e blogger. Anche la comunicazione aziendale, da sempre strumento strategico e indispensabile per il successo di un’impresa, si è dovuta adeguare al cambiamento piuttosto velocemente e alle esigenze del mercato. L’immagine di un’azienda è vincolata alla comunicazione e per elaborare una buona strategia di marketing servono tempo e denaro.

L’importanza di una buona comunicazione aziendale

Creare una buona comunicazione aziendale è fondamentale per sopravvivere in questo mercato globale, ed è soprattutto un investimento che può regalare ricchi dividendi nel lungo periodo, non solo a livello economico ma in termini di stabilità, affidabilità e visibilità. Avere una comunicazione aziendale deficitaria o scarsamente rilevante è il primo passo verso il fallimento e l’anonimato. Quasi tutte le aziende hanno sviluppato in modo più o meno adeguato una sezione media che contempla non solo i classici siti e blog ma anche tutte le piattaforme di comunicazione come Facebook, Twitter, Instagram, LinkedIn e qualsiasi altro social network che possano creare quelle interazioni ed emozioni che accompagnano le normali conversazioni relative a un brand, un prodotto o un servizio. Grazie alla disintermediazione digitale le “public relation” sono mutate: i PR non si interfacciano più con i giornalisti e gli altri esperti del settore, ora lo fanno direttamente con i consumatori. In una società frenetica come quella attuale, il tempo da perdere nella preparazione dei classici comunicati stampa non è più concepibile: per avere informazioni dettagliate su un certo prodotto basta andare sul sito dell’azienda o sulla pagina ufficiale di un social network per recuperare tutto quello che serve.

Come la disintermediazione digitale ha stravolto la comunicazione aziendale

Ormai comunicati, profili, video e foto sono facilmente reperibili nella sezione media di una qualsiasi azienda e, soprattutto, sono a disposizione di tutti, non più solo di giornalisti o di professionisti del settore. È stato stravolto anche in questo settore il modo di comunicare delle aziende e il rapporto con i consumatori: sono saltati tutti i passaggi intermedi. Anche le conferenze stampa sono state rivoluzionate dalla disintermediazione digitale: ormai vengono organizzate in streaming, con un monitoraggio in tempo reale molto più efficace. E la pandemia provocata dal Covid-19 ha accelerato ancor di più questo processo: sono cambiate le pubbliche relazioni, i rapporti con la stampa e tutta l’attività di promozione che solitamente si faceva. Ora non ci sono più liste di giornalisti da compilare, locali da prenotare e date da concordare: chi partecipa a un evento deve semplicemente compilare una semplice registrazione online e così via.

Come cambia la comunicazione aziendale con la disintermediazione digitale

Oltre ad aver rivisitato i rapporti con i media, la disintermediazione digitale ha avuto un forte impatto nelle stesse aziende, soprattutto nel campo della comunicazione interna. La disintermediazione digitale ha abbattuto filtri e barriere di ogni tipo tra tutti i dipendenti di un’azienda, dal CEO fino all’ultimo arrivato: una modernizzazione da ascrivere ai social network, ai webinar (seminari web) e ai dispositivi mobile.

Il lato negativo della disintermediazione digitale

La disintermediazione digitale ha anche qualche lato negativo: essere senza filtri o figure intermedie può essere problematico in certi contesti sociali. Politici, scienziati, giornalisti, istituzioni, per esempio, vengono giudicati in base ai contenuti postati sui social network direttamente dai cittadini, spesso con giudizi non proprio lusinghieri in grado di metterne in discussione l’autorevolezza e la credibilità. Il giudizio sociale spesso si trasforma in “gogna sociale” e la verità percepita diventa la “verità assoluta”, solo perché un certo contenuto viene condiviso da moltitudine di altri individui.

Nonostante qualche pericolo, la disintermediazione in tutte le sue forme rimane un’opportunità straordinaria e una risorsa fondamentale: dobbiamo semplicemente sfruttarla nel modo giusto e consapevolmente.

Una provazione: Martin Lutero e la disintermediazione

Guarda questo video della serie “cultura digitale“:

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