Internet ci rende stupidi o migliora le nostre capacità celebrali?

Qualche anno fa Nicholas Carr ha pubblicato un articolo (vedi foto) in cui si chiedeva se Google ci stesse rendendo stupidi seguito da un libro, sempre a firma di Carr. Il testo si intitola in modo provocatorio: “Internet ci rende stupidi?”. Era il 2011 e la tesi del libro spiazzò tutti:

“Nell’arco di pochi anni saremo tutti superficiali, incapaci di concentrarci per più di qualche minuto o di distinguere una informazione importante da quelle irrilevanti”.

In pratica l’uso di Internet e degli altri strumenti di comunicazione che teniamo in tasca sta modificando i neuroni del nostro cervello, sempre pronti ad adattarsi a nuove situazioni. La massa di informazioni in arrivo attraverso il Web, il telefono, le email sta cambiando non solo il modo con il quale ci informiamo, ma anche quello in cui pensiamo e reagiamo.

Come ben spiega Vittorio Sabadin:

“Gli stimoli che riceviamo ormai senza interruzione provocano il rilascio di dopamina nel cervello, esattamente come fanno il cibo e il sesso: la dopamina crea dipendenza, e la sua assenza provoca una sensazione di vuoto e di noia. Sarà forse per questo che molte persone non riescono a tenere a bada quella voce inconscia che continua a ripetere di controllare le email o gli SMS, anche mentre si sta parlando con altri o si sta partecipando a una riunione. Quando ci svegliamo al mattino, le prime attenzioni vanno alle informazioni arrivate nella notte sul telefonino e solo una crisi di astinenza può spiegare le inutili telefonate che si fanno appena si scende da un aereo”.

Questo, a detta di Carr, ci porta a diventare pensatori superficiali, sempre più incapaci di concentrarci, di leggere un testo lungo o di connettere le informazioni che riceviamo. Per Spitzer, addirittura, si parla di “demenza digitale”.

Un paio di anni dopo, tuttavia, Howard Rheingold ha pubblicato “Perché la Rete ci rende intelligenti”, in risposta al testo di Carr. Sebbene anche Rheingold metta in luce tutte le problematiche legate alla nostra vita “always on”, sottolinea allo stesso tempo come con attenzione, partecipazione e condivisione possiamo rendere non solo migliore la nostra vita, ma anche quella degli altri. Ci vuole un uso corretto e accorto di questi strumenti: senza patente non si guida, bisogna imparare a usare in modo consapevole anche la Rete. Ci sono delle regole per essere “net smart”: la prima è quella dell’attenzione, che si può disciplinare e controllare. Esempi di usi virtuosi a livello celebrale sono anche i brain training.
Al solito, per dirla con Umberto Eco, ci saranno sempre gli apocalittici – chi pensa a Internet come a una sciagura, psicologicamente e socialmente – e gli integrati – chi pensa che la Rete sia la panacea di ogni male. Come sempre c’è una via di mezzo.

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