Il mondo fisico come realtà virtuale

C’è chi si diverte, tra una visione di “Matrix” e una del “Tredicesimo piano”, a immaginare un mondo in cui, invece di manipolare avatar di Second Life, siamo noi a essere manipolati,
a vivere in una realtà virtuale di cui non abbiamo coscienza. Chi afferma queste cose, però, non fa fantascienza, ma scienza con la esse maiuscola. Stiamo parlando della controversa teoria del fisico neozelandese Brian Whitworth.
Questo studioso ha diffuso on-line, nel 2007, un “call for papers”, una raccolta di documenti intitolata “The Physical World as a Virtual Reality” (“Il mondo fisico come realtà virtuale”, http://brianwhitworth.com) per indurre altri studiosi a smentire, o integrare, la sua clamorosa teoria. Quale? Semplice: l’universo è una realtà virtuale, risultato dell’elaborazione di un sistema informatico. Questo spiegherebbe molte cose, secondo lui: per esempio, alcune teorie fisiche (la teoria dei quanti, quella della relatività, quella delle stringhe) prese singolarmente funzionano, ma si contraddicono tra loro. La teoria della realtà virtuale spiegherebbe questo, e altro: il big bang sarebbe l’inizializzazione del sistema informatico nel quale viviamo; il fotone è l’unità di misura più piccolo della luce (chi l’ha stabilito?) come, guarda caso, in informatica esiste il pixel o il bit (0 e 1); concetti come spazio, tempo, luce, materia e movimento deriverebbero da un’elaborazione di dati; e così via.
Insomma, potremmo essere tutti avatar nelle mani di un giocatore. Maldestro, viste le porcherie che succedono nel mondo: inquinamento, malavita, violenza e così via. Forse chi gioca col nostro mondo sta solo facendo una partita di prova, senza impegnarsi troppo.

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