Perché i ragazzi amano così tanto i social network?

Per molte persone, diversi genitori compresi, i social network sono solo una perdita di tempo, roba da “fannulloni”. Non si capacitano di come qualcuno possa passare tutto quel tempo a ficcare il naso nelle vite altrui.
Peccato che questi “presunti fannulloni” siano parecchi.
Basta un giretto su Internet Live Stats per scoprire che, nel momento in cui scriviamo, ci sono quasi due miliardi di iscritti a Facebook nel mondo, oltre trenta milioni solo in Italia.
I social network sono un bisogno, anzi rispondono a più bisogni. Pensate alla piramide dei bisogni di Maslow:

Lo psicologo statunitense ideò nel lontano 1954 una gerarchia dei bisogni umani.
Alla base della piramide ci sono le esigenze fisiologiche, i bisogni primari come mangiare e dormire, subito dopo troviamo altri bisogni legali alla socialità e all’autorealizzazione. Questi ultimi sono soddisfatti, al giorno d’oggi, dai social.

Giuseppe Riva argomenta questa tesi (qui):

“I social network possono aiutare i propri utenti a soddisfare le seguenti categorie di bisogni. Bisogni di sicurezza: nel social network le persone con cui comunico sono solo amici e non estranei. Posso scegliere chi è un amico, controllare che cosa racconta di sé e commentarlo. Bisogni associativi: con questi amici posso comunicare e scambiare opinioni, risorse applicazioni. Se voglio, posso perfino cercarci l’anima gemella. Bisogno di stima: io posso scegliere gli amici ma anche gli altri possono farlo. Per questo, se tanti mi hanno scelto come amico allora valgo. Bisogno di autorealizzazione: posso raccontare me stesso (dove sono e cosa faccio) come voglio e posso usare le mie competenze anche per aiutare qualcuno dei miei amici che mi ascolta”.

I social sono stati definiti anche come un “lubrificante sociale”, espressione un tempo usata per l’alcol.

 

PS. Questo articolo è tratto dal libro “Prontuario per genitori di nativi digitali“, che puoi acquistare su Amazon:

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