Personal finance: quello che nessuno ci insegna

Ho iniziato a leggere quasi per caso il libro di Kyosaki “Padre ricco, padre povero”: forse qualcuno l’aveva consigliato online e, per me, dal consiglio convincente al carrello di Amazon il passo è breve (sono una vittima del Neuro Web Marketing, ma almeno ne sono consapevole). Sfoglio le prime pagine del testo e trovo questa frase:

“La casa è un bene passivo e se è la casa il tuo più grande investimento, sei nei guai”

Che colpo! Ma come? Un investimento così importante, costato così tanti sacrifici, viene considerato un problema? Leggo con sempre maggior avidità il libro, che tra l’altro è scritto molto bene. Non si tratta di un manuale o saggio tradizionale, ma della storia dello “svezzamento finanziario” di un ragazzino delle Hawaii. Da una parte ha un padre naturale che, pur ricoprendo un buon ruolo nel mondo accademico e prendendo un buono stipendio, non ha mai un soldo e non risparmia nulla. Dall’altra parte c’è il padre di un suo amico, un imprenditore che gli insegna alcuni concetti elementari di finanza personale. Concetti che – incredibile a dirsi – nessuno insegna. Nessuno me li ha mai insegnati, dannazione!

Volete degli esempi? Beh, dice Kiyosaki, tutti siamo protagonisti della corsa del topo; io preferisco la metafora del criceto nella ruota: studiamo per il posto fisso, lavoriamo per avere uno stipendio sempre più alto e, a ogni aumento, ci sommergiamo di nuove spese. Continuiamo ad accumulare passività: come il mutuo, le rate della macchina e del divano, gli abbonamenti a questo e quello. Mentre dovremmo pensare, il prima possibile, a puntare (anche) sulle attività, per avere delle rendite: per esempio investimenti immobiliari, titoli, fondi, royalties e così via (tutto quello che non richiede un intervento diretto, un lavoro).

Sono due prospettive completamente diverse. Scrive l’autore: “Da ragazzino il mio padre istruito mi esortava a trovare un lavoro sicuro. Il mio papà ricco invece mi spronava a trattare e comprare nell’ambito e nei settori che più amavo”. Non tutti sono speculatori o sufficientemente audaci da buttarsi in investimenti di rischio; è anche vero che il libro non invita necessariamente a diventare spietati immobiliaristi. Una cosa è certa: avere coscienza di come vanno le cose – avere una cultura finanziaria – dovrebbe essere un obbligo per tutti. È per questo che, per la prima volta su questo sito, recensisco – e suggerisco caldamente – la lettura di un libro che con l’hi-tech non c’entra nulla… [fino a un certo punto, pensandoci bene: sapete che esistono app di personal finance che permettono di risparmiare e investire con un tap da smartphone?]

 

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