Presuasione: 10 cose che imparerai leggendo l’ultimo libro di Cialdini

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“Ogni battaglia è vinta prima di essere combattuta”: questa citazione di Sun Tzu tiene a battesimo il nuovissimo libro (Presuasione) di Robert Cialdini, autore di quel “Le armi della persuasione” che cito in ogni mio corso, anche quando non c’entra nulla, e che fa parte del mio Pantheon personale (l’ho anche inserito nell’elenco dei libri che mi hanno cambiato la vita).
Il testo, edito da Giunti, racconta, in pratica, come si manovra l’influenza. Quali sono le azioni preliminari da fare per indirizzare la comunicazione, per fare in modo che l’interlocutore sia ben predisposto. Cito 10 cose che ho imparato da questa intrigante lettura.

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Il contesto influenza le nostre scelte. Se in un negozio di vini ascoltiamo una canzone francese, siamo inconsciamente portati a comprare una bottiglia di nettare d’Oltralpe. Persino i numeri possono influenzarci: ci aspettiamo un risultato migliore da un atleta che indossa un numero più alto. Anche una foto, per esempio quella di un maratoneta che taglia il traguardo, può favorire il rendimento sul lavoro. L’intero contesto in cui ci muoviamo ci condiziona: se lavoriamo in una sala riunioni detta “acquario”, e vediamo le persone destinatarie del progetto, faremo un lavoro più in target.

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La partita si gioca sull’attenzione. Seguiamo un consiglio non se è quello che riteniamo più giusto, ma se arriva al momento giusto, quando occupava la posizione più favorevole ai fini dell’attenzione.

Tra l’altro l’attenzione può essere focalizzata: i chiromanti hanno successo perché, grazie alla strategia della verifica positiva, si tende a cercare solo episodi e ricordi che confermino quanto detto (sei una persona flessibile, sei una persona inflessibile), escludendo tutto il resto. Nei sondaggi, se ci chiedono se siamo soddisfatti o insoddisfatti, i risultati cambiano perché siamo condizionati dalla domanda. Per questo gli adepti di una setta di chiedono se sei infelice.

Per assicurarsi vantaggi dell’attenzione canalizzata, il fattore chiave è mantenere fisso il centro focale: basta coinvolgere le persone nella valutazione di una particolare organizzazione per indurle ad apprezzarla di più. Una tattica sempre più impiegata da vari operatori è quella di chiedere un giudizio sui loro prodotti e servizi, ma solo su questi!

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Come si attira l’attenzione? Con la paura e il sesso, soprattutto. I pubblicitari, da questo punto di vista, la sanno lunga. Eppure non sempre le pubblicità funzionano: bisognerebbe valutare il contesto dello spot, per esempio il film o la trasmissione nei quali sono inseriti. Dal punto di vista evoluzionistico, di fronte alla paura si vuole stare in gruppo, mentre lo stimolo erotico spinge lontano dalla folla; se si vuole puntare sull’omologazione, bisogna lavorare in un contesto di stimoli violenti o spaventosi (un film horror); se invece l’obiettivo è sottolineare l’esclusività, va benissimo un film sentimentale.

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Il rischio è quello di prendere delle scorciatoie. Scegliere è faticoso, per questo si può abbreviare il processo optando per la prima opzione praticabile, per quella che ha più aspetti positivi (ma solo numericamente) oppure ci si concentra solo sugli aspetti positivi trascurando quelli negativi. Questa tendenza ha un nome: satisficing (“satisfy”= soddisfazione + “suffice” =sufficienza). Qualcuno la chiama filosofia del buono quanto basta (good enough society): perché ascoltare la musica in alta definizione se posso scaricare un MP3?

Chi deve persuadere, sa sfruttare queste debolezze.

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Sempre a proposito di attenzione, il potente effetto di un cambiamento rapido delle circostanze ambientali influisce sulla nostra capacità di concentrazione. Anche qui ci sono motivazioni evoluzionistiche. In passato un movimento repentino poteva rappresentare un pericolo o una preda da catturare.
Perché passando da una stanza all’altra non ci ricordiamo più che cosa dovevamo fare? Attraversare la soglia ci fa dimenticare l’intenzione che ci ha condotti lì, e il brusco cambiamento di ambiente intorno a noi ha dirottato l’attenzione, distogliendola dallo scopo prefisso, cancellandolo della memoria. Il cambiamento suscita nel cervello una risposta di orientamento indirizzata allo spunto più efficace, ancor prima di percepirlo.

Nei film il montaggio ha la stessa importanza delle riprese: si usa il montaggio per indurre le persone a spostare l’attenzione su quelle parti del messaggio ritenute fondamentali. Trucchetto: nei video ogni tanto cambiate inquadratura, o fare un lieve zoom. Per altri canali, come documenti o mail, basta far leva su un elemento distintivo di un prodotto che attiri l’attenzione.

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Oltre ad attirare l’attenzione verso lo stimolo, ai fini della persuasione è importante mantenerla. Certi tipi di informazione sono capaci di combinare la trazione iniziale con la durata: per esempio i riferimenti personali, irresistibili. Se condividiamo la foto di gruppo, ognuno guarderà prima se stesso.

Quando una persona riceve un’informazione destinata a sé, la comunicazione sarà più efficace. Pensate alle lattine di Coca Cola con stampati sopra i nomi più comuni. Ma vale anche se l’interlocutore ha qualcosa in comune con noi, per esempio lo stesso nome o la stessa data di nascita, lo vediamo come affine e abbassiamo le difese.

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Come insegna l’effetto Zeigarnik, ricordiamo tutto di un compito finché non è terminato. Quando si attende esito di qualcosa a cui si tiene molto non si riesce a pensare ad altro. Questo risponde a un bisogno umano: quello della chiusuracognitiva. Ecco perché in narrativa funzionano bene i cliffhanger: la narrazione si conclude con una interruzione brusca in corrispondenza di un colpo di scena. Vedi, per esempio, il “Codice Da Vinci” di Dan Brown.

Un espediente per una narrazione efficace è quello di sfruttare il mistero, gli enigmi, come in un libro giallo. Con questa sequenza:

1 porre enigma;

2 approfondire il mistero;

3 aprire strada a soluzione esatta, presentando e confutando spiegazioni alternative;

4 fornire l’indizio per la soluzione esatta;

5 risolvere l’enigma;

6 dedurre le conseguenze per il fenomeno studiato.

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È fondamentale anche il ruolo dell’associazione. Del resto, pensare è fare dei collegamenti. Si può usare il linguaggio per indirizzare l’attenzione e per persuadere, per esempio le parole che alludono al successo – come vincere, raggiungere, avere successo, padronanza – migliorano il livello di prestazioni e impegno.

Da questo punto di vista le metafore sono fenomenali. Per esempio, in politica, se siamo alle prese con il problema della criminalità, possiamo descriverlo come una “bestia feroce”, se vogliamo spingere politiche di tolleranza zero (mettere in gabbia) oppure come un “virus”, se vogliamo intervenire sul contesto ed eliminare le cause che ne favoriscono la diffusione (disoccupazione, scarsa istruzione, povertà).

I venditori conoscono bene il potere delle metafore. Nel libro si cita il caso di Ben Feldman, il più grande venditore di assicurazioni, che era un maestro della metafora: “la gente non muore, ma abbandona il campo”.

Le metafore funzionando nell’innescare le associazioni anche senza usare le parole. Per esempio i CV stampati su cartoncino pesante ricevono una valutazione più positiva. Oppure chi tiene in mano qualcosa di caldo, come una tazza di caffè, si dimostra più cordiale e fiducioso verso gli altri.

Allo stesso modo occorre evitare le associazioni negative: ai venditori di auto di seconda mano si sconsiglia di usare la parola “usato”, che dà l’idea di usura; piuttosto possono parlare di “precedenti proprietari”, espressione che rimanda al concetto di possesso.

Nelle offerte commerciali bisognerebbe evitare le parole “prezzo” e “costo”, associate a perdita finanziarie, ma occorrerebbe parlare di “acquisto” o “investimento”, legate al concetto di “guadagno”.

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Il facile funziona. Ci piace l’idea di afferrare una idea senza sforzo. Anche le poesie funzionano di più se sono in rima: non solo perché più “musicali”, le consideriamo anche qualitativamente migliori. Per questo riscontriamo maggior simpatia verso chi ha un nome facile da ricordare, o per aziende che hanno un nome facile (in borsa hanno più successo).

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Ultima considerazione: la presuasione può essere anche rivolta a sé. Per esempio il meccanismo del se/allora quando, che permette di imporre dei trigger mentali che inducono dei comportamenti, costringendo la nostra psiche a rilevare l’opportunità. Questo può funzionare, per esempio, in una dieta. Ci possiamo dire: “Se a fine pranzo il cameriere mi chiede se voglio il dolce, allora prendo una tisana”. Questo permette di autocondizionarci, come se fossimo i cani di Pavlov.

 

Nel libro Cialdini spiega molte altre cose, non ultimo come evitare di cadere in questi tranelli. Se vuoi leggere altre mie recensioni, fai clic qui.

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