Public speaking: come ho preparato il mio TedX

Come è iniziato tutto

Quando ho iniziato a tenere eventi pubblici, circa una decina di anni fa, avevo un sogno: prima o poi partecipare da protagonista a un TedX. Nel 2021, grazie a Enrico Piacentini, uno degli organizzatori del TedX di Legnano, ho avuto questa opportunità. Di cosa avrei dovuto parlare? Dopo il libro “Sharenting“, uscito per Mondadori Università nel 2020, il tema non poteva essere che la sovraesposizione dei figli online da parte dei genitori.  

La registrazione dell’evento

Dopo la diretta streaming del 15 maggio, il video è finito sul portale Ted.com e sul canale YouTube uffiaciale. Eccolo, buon visione:

Ecco come è stato presentato l’evento su LegnanoNews:

TEDx Legnano presenta #OltreOgniLimite

Il tema sarà sviluppato attraverso le storie dei 12 relatori, provenienti da ambiti molto differenti, che porteranno alla scoperta di donne e uomini capaci di andare oltre i pregiudizi e lasciare eredità inestimabili: faranno salire in barca a vela, porteranno dietro le quinte di un prestigiatore e in molti altri “luoghi”, oltre i segni visibili e invisibili che, spesso, lasciano le battaglie. Questa sarà un’esperienza #OltreOgniLimite anche per TEDx Legnano: l’organizzazione supererà, infatti, i confini cittadini e porterà questo evento online per coinvolgere e ispirare più persone possibili.

Gli speaker:

LUCA ALTIERI, CMO – Direttore Marketing IBM Italia

GIANLUIGI BONANOMI, Formatore e Consulente sulla Comunicazione Digitale

FRANCESCO FACCHINETTI, Imprenditore Digitale, Startupper seriale

SONIA MALASPINA, HR Director & Gender Equality Activist

PAOLO MARCESINI, Direttore Italia Circolare, Direttore MEMO Grandi MagazziniCulturali

GIANFRANCO MINUTOLO, Portatore Sano di Networking e di EBITDA

MASSIMO PANÌCO, Creatore “Il Rock in Azienda”, Consulente, Formatore, Coach

AURELIO PAVIATO, Prestigiatore Professionista

GIUSEPPE REMUZZI, Direttore Istituto Mario Negri

MARCO ROSSATO, Imprenditore e Navigatore

ELEONORA SALADINO, Psicologa Positiva e Neuromanager

FEDERICO VAGNI, People Development Advisor

Titolo e descrizione del Ted Talk

Titolo: “Sharenting: perché le foto delle mie due figlie non sono online

Autore del primo libro sullo sharenting, Gianluigi Bonanomi spiega come il fenomeno della “vetrinizzazione sociale” porti i genitori a sovraesporre i propri figli online: foto, video e informazioni finiscono sui social prima ancora che i bambini siano al mondo e, dopo, senza il loro consenso. Anche grazie a moltissimi esempi, spiega quali sono le conseguenze (anche gravi) di questi comportamenti e, infine, dà qualche possibile dritta per condividere in tutta sicurezza e nel pieno rispetto dell’identità digitale dei figli.

La preparazione all’evento

Preparare uno speech per TedX non è cosa semplice: richiede preparazione, allenamento, concentrazione, lavori di gruppo (tutti i sabati per un mese), prove (ho videoregistrato, riguardato, corretto il mio intervento diverse volte) ma soprattutto coaching individuale. A questo proposto, ho avuto l’immensa fortuna di essere seguito da un coach davvero d’eccezione, Diego Parassole (nella foto), uno dei più importanti comici italiani che da anni lavora nelle aziende per eventi e corsi di public speaking.

Testi da consultare

Per fortuna negli anni passati avevo letto diversi libri sul public speaking, ma anche sui Ted nello specifico. Quelli che mi sento di consigliare sono:

– Chris Anderson, “Il migliore discorso della tua vita: Come imparare a parlare in pubblico

– Carmine Gallo, “Comunicare come Steve Jobs e i migliori oratori degli eventi TED: I 9 segreti di un discorso vincente

Il lavoro sullo speech

Ecco come ho deciso di organizzare il mio speech così, ecco gli elementi sui quali ho puntato.

Ice-breaker, la frase di apertura per rompere il ghiaccio. Ho deciso di puntare su qualcosa di spiazzante: “Mi occupo da vent’anni di tecnologia ma le mie figlie non sono online…”

Ritmo: il mio stile è quello a macchinetta, cercando però di essere chiaro. Ritmo elevatissimo, quindi. Quasi televisivo.

Hook, i ganci. Per tenere alta l’attenzione, ho deciso di alternare foto didascaliche a immagini evocative. Ma soprattutto di stemperare la drammaticità del tema (a un certo punto devo parlare anche di pedo-pornografia) con immagini e battute divertenti (sui panda, sul kiwi, sul fatto che non ho riconosciuto mia figlia, i flinstones, ecc.). Si parla di rollercoaster emozionale.

Storytelling: In un TED l’ideale è trovare una storia e svilupparla durante il quarto d’ora a disposizione. Nel mio caso si trattava di un intervento divulgativo: ho scelto di inserire più micro-storie.

Personalizzazione. Nonostante l’intervento fosse informativo, ho deciso di personalizzarlo al massimo, e ci ho messo dentro tutta la mia vita: le mie figlie, mia moglie, il mio lavoro (passato e presente).  

Fonti. Il mio, come detto, era uno speech divulgativo: tra l’altro il primo tedx al mondo su questo tema. Mi serviva citare dati, fatti. Quindi ho dovuto, per quanto possibile, citare fonti: qualche numero, articolo di giornale, studi scientifici (come quello australiano sulla pedopornografica online), notizie (come quella dei panda…).

La presentazione

Ho lavorato molto alle slide per sviluppare il mio ragionamento durante lo speech. Al solito, per me, le slide devono avere queste caratteristiche:

  • zero o poco testo
  • molto d’impatto dal punto di vista visuale
  • supportare il ragionamento (quindi anche screenshot o articoli di giornale)
  • non distrarre dal discorso ma essere una sorta di colonna sonora visuale

Le slide: TedxLegnano_Sharenting_Bonanomi

La trascrizione dello speech

Ciao, sono Gianluigi, ho quarantacinque anni e da più di vent’anni mi occupo di comunicazione digitale. MA le foto delle mie figlie non sono sui social!

Il mio racconto parte da molto lontano, dall’altra parte del mondo. Da uno zoo di Hong Kong dove, durante la pandemia e senza turisti in giro, due panda si sono accoppiati dopo dieci anni. Li capisco: vorrei vedere voi fare accoppiarvi con dei panda che vi fissano. La notizia ha fatto il giro del mondo, ha provocato diverse reazioni. Anche questo commento: “Avete fatto bene a oscurare i volti”. In effetti i voti dei due panda sono pixellati in questa foto: E ho pensato: che strana specie siamo noi umani: difendiamo la privacy dei panda e non ci preoccupiamo di quella dei nostri figli…
Queste immagini le ho raccolte in cinque minuti su Instagram. Ci ho messo più tempo a mettere le pecette sui volti dei minori, perché non c’erano. 

Tra l’altro questo fenomento, detto vetrinizzazione sociale, si è acuito durante la pandemia, quando non potevamo fotografare piatti nei ristoranti e gite fuori porta.

Ma vi racconto un aneddoto. Spesso vado nelle scuole a parlare di questi argomenti. Una volta, dal fondo dell’aula, un dodicenne alza la mano e chiede: “Ma i bambini piccoli hanno diritto alla privacy?”. Ho risposto: “Certo, perché no?”. E lui: “Perché i neonati sono tutti uguali, mica si distingue uno dall’altro…” Un altro aneddoto. Una volta porto mia figlia in piscina. Orgoglioso per i progressi prendo il cellulare e scatto una foto e la invio a mia moglie Laura via WhatsApp. La sua risposta mi raggela: “Quella non è nostra figlia”… Ho tentato di giustificarmi: la taglia è la stessa… la cuffia è simile… Ma no, i bambini non sono tutti uguali, hanno diritto alla privacy e io avevo condiviso la foto di figli altrui… Online si trovano immagini di minori, postate dai genitori, anche di momenti intimi. In questo caso, per esempio, si celebrava l’abbandono del vasino. I genitori avranno chiesto alla bambina il persesso di pubblicare la foto? Statisticamente no: l’88% dei genitori non lo fa. Quasi nove su 10.  Solo in alcuni casi, come questo, i genitori coprono le parti intime. In questo caso, però, l’hashtag #pisellino, tra l’altro usato centinaia di volte, è un po’ ambiguo. Spesso le parti intime non vengono censurate. Anzi, qui addirittura le si enfatizza: per i diversamente milenese dovete sapere che ciapet sta per “piccole natiche”.

Esiste anche l’hashtag #ciapett ma, cari genitori, dovete sapere che se usate l’hashtag #ciapett la foto finirebbe in mezzo ad altri tipi di ciapett…  Ma soprattutto la foto delle natiche di vostro figlio finiranno su un social come Instagram che, è stato dimostrato, premia le immagini che mostrano più quantità di pelle. Ripeto: più siete nudi, e più la foto sarà vista! Il fenomeno della condivisione di immagini e video dei figli è talme consolidato, ormai, da meritarsi un nome, un’etichetta. SHARENTING = share, condivisione [pausa] + PARENTING, genitorialità.

In soldoni: l’abitudine dei genitori di condividere online immagini e video dei propri figli.

La pubblicazione delle foto dei figli inizia presto. Talmente presto che i figli non sono nemmeno nati… I social sono pieni di ecografie.

In alcuni casi, va detto, lo sharenting è innocuo. In questo caso, per esempio, è stata rispettata la privacy. Anche del Kiwi.   

Adesso vi racconto una storia, stavolta VIP. In questa foto vedere Gwyneth Paltrow che, in vacanza, posta su Instagram la foto con la figlia. 

Nei commenti, insieme a centinaia di complimenti, si scorge il commento della figlia Apple che riprende la madre: “Ne avevamo già parlato, non dovresti pubblicare cose che mi riguardano senza il mio consenso”. Come detto, l’88% dei genitori non chiede il permesso… Anche qui, come ho fatto io con la foto della piscina, la Paltrow abbozza una giustificazione: “C’era il casco, non ti si vedeva”. Ma è una difesa davvero debole!

Sono molti i genitori che mettono in imbarazzo i figli. In questo caso il bambino sarà etichettato e forse da grande troverà lavoro in una azienda di pallolini o in una ditta di spurghi…

Tra l’altro queste immagini imbarazzanti a volte diventano virali., condizionando per sempre l’immagine digitale dei figli.  

Lo sharenting può diventare ancora più pericoloso. Qualche anno fa si diffuse la “motherhood challenge”: le madri dovevano postare le foto dei figli. 

Dovette intervenire la Polizia postale: “Mamme, attente a postare le foto dei vostri figli su Facebook”, ammonivano.   

Ma qualche madre commentò: “Ma davvero credete che non postare foto possa essere utile per fermare la pedofilia”.

Io non lo so. Ma vi racconto un altro aneddoto che mi ha riguardato in passato. In un’altra vita facevo il giornalista informatico, e proprio la polizia postale mi invitò per un’intervista. Parlavamo di pirateria, mi pare Napster, nulla di troppo grave, ma a un certo punto mi dissero: ti vogliamo mostrare altro, quello che abbiamo sequestrato ieri in un’operazione anti-pedofilia. Io dissi, “No grazie, non lo voglio vedere”. E loro, “Devi”. “Non voglio”, “guarda”. Non avevo figli, all’epoca, ma quella notte non dirmii. Le immagini erano classificate, se le scambiavano come figurine: bagnetto, tutina da ginnastica, vasino e, vi lascio immaginare, anche ben altro.

Uno studio australiano ha rivelato che il 50% delle foto trovate nei database dei pedofili… le forniamo noi genitori. Una foto su due era nostra e ne abbiamo perso il controllo.

Perché vi mostro i Flinstone, i nostri antenati (ho ben pensato di mettere le pecette ai minori). Lo sharenting è contronatura: noi umani dobbiamo difendere i nostri figli, è la nostra natura. Evoluzionisticamente parlando, lo sharenting è uno blackout, e questa cosa mi manda fuori di testa. Dovremmo essere gli angeli custodi, invece siamo il problema.

Lo sharenting può rivelarsi quindi una questione di sicurezza. Non è molto diverso da quegli sticker che si trovano sui lunotti posteriori delle auto, dove sono elencati i nomi dei membri della famiglia. Un malintenzionato potrebbe usare queste informazioni per il grooming, l’adescamento: “Vanessa, tua madre Alessia e tua sorella Anastasia ci aspettano al bar qui di fronte, “Vieni con me!”

Questo vuol dire che lo sharenting dovrebbe essere proibito? Assolutamente no! La soluzione esiste: “share with care”, condivi rispettando e proteggendo i figli. Che cosa vuol dire? Usare accorgimenti, o strumenti, per condividere in tutta sicurezza. Oscurando i volti, cambiando inquadratura, pixellando i volti e così via.  

Per esempio esistono piattaforme di condivisione, come FamilyAlbum, per inviare a chi vive lontano da noi un’immagine in tutta sicurezza. Spesso basterebbe anche conoscere tutte le impostazioni di privacy per dormire sonni tranquilli.  

Torniamo ai nostri panda, che nel frattempo hanno figliato. Qui ho oscurato solo il volto del cucciolo (ho lavorato molto con le pecette…). 

Evito lo sharenting anche perché per i nostri figli siamo dei modelli. Pensate se un giorno mia figlia, a fronte della richiesta di stare attenta e non sovraesporsi online, mi dicesse: “Ma papà, fino a ieri eri tu a usare la mia faccia per raccattare quattro like in più…”.

Questo magnifico evento ha come slogan “Oltre ogni limite”. Mi piace molto, e lo dico da imprenditore. Ma quando parliamo dei nostri figli, secondo me, dovremmo non oltrepassare il limite.   GRAZIE

La gallery fotografica

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