Selfie e identità: 4 cose che i genitori devono sapere

Questo articolo è stato pubblicato su Mamamò, a questo indirizzo.

In un recente articolo sul perché i ragazzi amano tanto i social, in cui sottolineavo il fatto che partecipare, confrontarsi con gli altri online e ricevere dei feedback positivi sia un loro bisogno, parlavo anche di selfie, come strumento per definire la propria identità e accrescere l’autostima. L’occasione per approfondire questo tema viene dalla lettura del libro Selfie. Narcisismo e identità di Giuseppe Riva.

Il libro di Riva, breve ma intenso, dà molti spunti. Ecco le quattro cose che un genitore deve sapere sui selfie.

Selfie: iniziamo dal nome

Selfie è il diminutivo di self-portrait, autoritratto, autoscatto tipicamente fatto con uno smartphone o una Webcam e condiviso sui social. Pare che il termine si sia diffuso a inizio secolo, come hashtag, sulla piattaforma di condivisione di foto Flickr. L’esplosione si è avuta nel 2010 quando si diffusero i primi smartphone con fotocamera anteriore. Fino a diventare, nel 2013, la parola dell’anno dell’Oxford Dictionary. C’è anche una pagina dedicata sul sito dell’Accademia della Crusca, dove  si scopre che ormai è ufficiale l’uso al maschile e che esistono anche delle varianti: Delphie è il selfie mentre si guida, Welfie in palestra, Belfie del “lato b”.

La storia del termine o della tecnologia contano poco. Quello che conta è la data, 3 marzo 2014: durante la notte degli Oscar Ellen Degeneres scatta il selfie più condiviso della storia. Nello scatto si vedono diverse star come Meryl Streep, Jared Leto, Julia Roberts, Brad Pitt, Angelina Jolie, Kevin Spacey e altri. Era una trovata pubblicitaria di Samsung ma in quel momento il selfie è diventato un comportamento socialmente desiderabile: se lo fanno anche i personaggi famosi… Seguiranno altri selfie VIP come quelli del papa o di Totti durante un derby.

Narcisismo, malattia dei nostri anni

Ivan Cotroneo ha scritto:

Se negli ultimi 30 anni la malattia da curare era la depressione, per i prossimi sarà il narcisismo”.

Siamo tutti narcisisti?

Riva riprende il mito di Narciso per fare delle precisazioni. Nel mito il protagonista non cerca la propria immagine ma la subisce, invece il selfie è sempre un atto intenzionale, con il preciso scopo di condividere. Per Riva chi fa un selfie non è necessariamente un narcisista (ma certamente un narcisista si fa molti selfie).

Ma allora perché scattiamo i selfie? È una questione di definizione dell’identità. La nostra soggettività ha due facce: IO, come mi vedo da dentro (sé personale), e ME, come mi vedo e come mi vedono da fuori (sé sociale). Per chi sta ancora definendo la propria identità, come i preadolescenti, lo smartphone e i social permettono di entrare in contatto con il proprio ME. Definiscono la propria identità, anche nel confronto con gli altri. In questo contesto, i selfie stanno diventando uno degli strumenti più utilizzati dai ragazzi per definire ciò che sono e che vorrebbero diventare. Allo stesso tempo i social permettono di verificare la posizione degli altri e confrontarla con la propria per decidere chi si è e chi si vuole essere.

I tre paradossi dei selfie

Utili per definire la propria identità, i selfie però si portano appresso tre paradossi.

  • Primo paradosso: se i selfie sono un modo efficace per mostrarsi e raccontarsi agli altri, allo stesso tempo non sono in grado di rappresentarci in maniera completa. Anzi assumono vita propria, continuando a raccontarci nello stesso modo anche quando siamo cambiati (quella foto sbagliata alla festa ci può perseguitare).
  • Secondo paradosso: se attraverso i selfie possiamo modificare fugacemente la nostra identità sociale, è però vero che i nostri selfie possono anche essere utilizzati da altri per modificarla anche se non lo vogliamo (vedi l’uso ricattatorio del sexting).
  • Terzo paradosso: se attraverso i selfie possiamo scegliere quali caratteristiche sottolineare della nostra identità sociale all’interno delle diverse reti che frequentiamo, tutti i frammenti possono essere rimessi insieme per individuare la nostra vera identità (vedi i ragazzi che passano la prima selezione del personale per un buon CV o un preciso profilo LinkedIn ma poi vengono scartati per le foto che condividono su Facebook e Instagram).

I numeri dei selfie degli adolescenti

Veniamo infine ai numeri: Riva cita diverse ricerche sul tema selfie. In particolare mi ha colpito una ricerca dell’Osservatorio sulle tendenze e comportamenti degli adolescenti su 7000 ragazzi tra i 13 e i 18 anni. Ci dà un’esatta dimensione del fenomeno selfie.

I ragazzi si scattano una media fra i 3 e gli 8 selfie al giorno, con punte di 100!

Il 31% degli adolescenti si fa i selfie per ricordo, l’11% per noia e l’8,5% per ridere. Il 15,5% condivide tutti i selfie sui social e WhatsApp, soprattutto le ragazze. Un adolescente su 10 fa selfie pericolosi in cui mette potenzialmente a repentaglio la propria vita, soprattutto i maschi (purtroppo esiste anche il fenomeno del killfie: il selfie letale).

Un’altra ricerca su 150 giovani, proprio di Riva per l’Università Cattolica e la fondazione IBSA, approfondisce il tema della relazione tra tratti della personalità e selfie. Ci sono i ragazzi estroversi e quelli coscienziosi. I primi usano i selfie per mostrarsi (fino ad arrivare all’oggettivazione del proprio corpo, usato come strumento per piacere), in particolare le donne sono molto sensibili ai commenti che i selfie scatenano sui social. Chi è coscienzioso usa i selfie in maniera più strategica per trasmettere una specifica immagine di sé, ed è meno interessato ai commenti degli altri, positivi o negativi che siano.

Ascolta la puntata del mio podcast “Genitorialità e tecnologia” sui selfie

Ascolta “1×10 I selfie: 4 cose che i genitori devono sapere” su Spreaker.

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