Social selling: che cos’è davvero? Intervista a Davide Marasco
Davide Marasco è l’amministratore delegato di EffettoDomino, agenzia di inbound marketing tra le più quotate in Italia, gold partner di Hubspot (qui sotto una foto del team). Ho fatto una chiacchierata con Davide per chiedergli che cosa si intende per social selling e come lo si può fare nel nostro Paese.
Davide, iniziamo con una definizione di social selling?
Sì: per social selling si intende l’attività che i commerciali possono mettere in campo per entrare in contatto con potenziali prospect, utilizzando i social.
Se dici social, c’entreranno anche i social media manager… (Cioè tutti: chi non è un “social media coso”, ai giorni nostri?)
Eh no, è non si parla, come molti credono, di un’attività di marketing. Riguarda esclusivamente i commerciali.
Che cosa intendi?
Parto dal problema: secondo le statistiche il 90% dei buyer si aspetta una modalità innovativa per essere contattato e più del 60% di questi usa i social come parte fondamentale del processo decisionale per acquistare beni e servizi. Va detto, inoltre, che un tempo il buyer aveva bisogno del commerciale che gli illustrasse il prodotto, le sue caratteristiche; ora, con Internet, dato che il 70% del processo decisionale è online (parola di Google), quella funzione del commerciale è depotenziata. Ne possiamo trarre due assunti.
Quali?
Primo: il potete della trattativa si è spostato dal commerciale al buyer, che ora ha più “potere” di dieci anni fa. Secondo: se il commerciale non riesce ad aggiungere un valore aggiunto rispetto alle informazioni che il buyer trova sul Web, che ci sta a fare?
Quindi il commerciale è spacciato?
No. Deve trasformare la vendita in un processo consulenziale, ascoltare il problema e dare delle soluzioni utili.
Fammi capire bene: il commerciale smette di vendere e che cosa fa?
Non smette di vendere, lo fa in modo diverso. Diventa un esperto del suo settore, talmente sul pezzo che è in grado di modellare il suo processo di vendita sul processo di acquisto del cliente.
E questo processo del cliente è noto?
Certo: si parla di buyer journey, che consta di tre fasi: problema-soluzione-decisione. Il commerciale deve capire a che punto è il cliente e agire di conseguenza.
Puoi fare un esempio?
Pensiamo al cliente che ha un problema: deve spostarsi per andare al lavoro, che mezzo usa? Ci sono diverse soluzioni: bicicletta, automobile, motorino, metro, bus ecc. Una volta che ha deciso di usare l’auto, quale modello vuole: Fiat o Renault?
Quindi?
Quindi se il cliente non ha ancora il mezzo di trasporto è inutile che il commerciale gli illustri le caratteristiche di una Punto. Deve invece dare il contenuto giusto in base al punto del “viaggio” dove si trova il cliente. Se me la passi, il commerciale è come il medico…
Basta una mela per toglierselo di torno? (Scherzo, eh)
Il paziente va dal medico e vede appesi alle parete il certificato di laurea, il master, le specializzazioni: si fida, perché trova la prova della sua autorevolezza. Solo allora gli spiega qual è il suo male e il medico gli dà la pillola giusta.
Questa sarebbe una intervista sul social selling e su LinkedIn…
LinkedIn è come uno studio medico pieno di attestati che lo rendono autorevole. Il profilo dimostra che il commerciale è autorevole, può consigliare il cliente perché è un esperto del settore. Quindi per prima cosa il profilo LinkedIn di chi vuole fare social selling è lo strumento chiave per fare personal branding. Bisogna puntare tutto sulla crescita professionale del commerciale, che deve investire su se stesso.
In pratica che cosa bisogna farsene del profilo?
Non solo ottimizzarlo per evitare figuracce, ma anche riempirlo di contenuti, alimentarlo continuamente.
Poi?
A questo punto occorre puntare tutto sul network. Che tra l’altro diventa un asset fondamentale per un commerciale che vuole anche cambiare lavoro e si porta appresso migliaia di contatti profilati. Per questo non c’è strumento più adatto di Linkedin.
Ricapitolando: prima personal branding, poi networking, quindi?
Terzo step: interagire con potenziali prospect. Uno dei capisaldi di questo metodo è quello di lavorare sui buyer attivi, non su quelli passivi.
E chi sarebbe un buyer attivo? Sembra il nome di un ricostituente…
Il buyer attivo è quello che ha già iniziato il buyer jouney di cui parlavamo prima: ha cercato informazioni online, dà segnali di che cosa vuole. Avverte il problema, deve risolverlo. Non bisogna perdere tempo su chi ancora non avverte il problema. Se non ti fa male il ginocchio inutile che ti proponga degli antidolorifici.
Ma come intercetti il buyer attivo?
Con il metodo Hubspot, e quindi con l’inbound: sono i buyer a palesarsi; per esempio scaricano un contenuto che interessa loro e lasciano un contatto. Grazie a strumenti dedicati sappiamo chi fa cosa, dove fa clic.
Anche su LinkedIn?
Certo: se hai pubblicato un articolo in un gruppo e il buyer lo legge, lo consiglia, lo commenta… che cosa ti sta dicendo? Oppure possiamo vedere chi sta seguendo, che cosa legge, che cosa gli interessa: basta usare strumenti come il Sales Navigator.
Ecco, il Navigator: lo consigli?
Beh, è un ottimo modo per trasformare LinkedIn in un enorme CRM con una decina di milioni di contatti profilati italiani e un ottimo modo, anche se non l’unico, per identificare i buyer attivi.
A un certo punto, visto che parliamo di commerciali, c’è una fase di trattativa?
Qui entra in gioco l’arte commerciale, una questione personale, anche di stile se vogliamo. Io posso solo suggerire delle tattiche.
Quali?
Per esempio suggerisco l’approccio consulenziale: stai cercando delle informazioni su un tema? Ti consiglio un eBook che può chiarirti le idee.
Ogni settimana un assicuratore mi chiede il contatto e, la prima cosa che fa, è propormi un check-up previdenziale. Mi pare il contrario di quanto dici…
Già: è come le vecchie telefonate a freddo, morte. LinkedIn non è un social media come gli altri: la metafora giusta è quella dell’evento, dove un commerciale non va da un prospect a propinargli il suo prodotto, ma cerca di costruire una relazione.
Svelami altri trucchi del mestiere. Un’altra tattica?
Ritorno al discorso del buyer journey. Se qualcuno su un gruppo chiede delle informazioni su un prodotto, è già alla fine del suo viaggio e quindi posso agganciarlo per raccontargli le caratteristiche del mio prodotto, non prima.
Scusa, ma la gente non si sente stalkerata?
No, di solito il cliente apprezza il fatto che tu, prima di interagire, ti sei informato, ti sei interessato a lui, di fatto poi gli risolvi un problema.
Un’ultima tattica?
Puntare sulle referenze, sui contatti in comune. In pratica sulla cosiddetta “warm introduction”: spesso, quando si parla di aziende grandi. Capita molto spesso di scoprire che il prospect con cui cercavi di entrare in contatto da mesi è amico del tuo collega della porta accanto.
Bene, che altro si può fare su LinkedIn in ottica social selling?
Uscire da LinkedIn. Una volta costruita la relazione, bisogna usare altri mezzi: la mail, una telefonata, l’incontro di persona. In questo ordine. Se non ho un appuntamento, cerco di telefonare, al limite inizio con un messaggio di posta elettronica. Del resto con LinkedIn non spedisci i contratti.
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