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Piantatela di scrivere “case history” al posto di “case study”!

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Qualche tempo fa feci un post su Facebook per pubblicizzare un mio corso. Una signora commentò scrivendo: “Case study!”. E io risposti, tranquillo: “Sì, nel corso parleremo anche di case study!”, ma lei puntualizzò: “No, nella descrizione del corso hai scritto case history, ed è sbagliato”.

Case history ovunque

Sicuro del fatto mio, e pure un po’ permaloso, risposi piccato che si può dire anche case history. Anzi, il mondo del Web e i siti aziendali, sono pieni zeppi delle case history aziendali. Per fare un esempio prendo il sito di Cisco, ma potrei pescarne ovunque (da Enel a Zucchetti):

Che cos’è una case history?

Quella signora che mi riprese aveva ragione: nel mondo anglosassone case history vuol dire tutt’altro. Per esempio il dizionario Collins recita:

A person’s case history is the record of past events or problems that have affected them, especially their medical history.

In pratica se un inglese o un americano visita il tuo sito e vede case history si aspetta che gli racconti delle operazioni all’appendice e del menisco operato l’anno scorso…

Case study o caso di studio

Molte aziende, invece, riportano correttamente la dicitura “case study”, come nel caso di Web ranking:

Il caso di studio, come riportato da Wikipedia, è mutuato dal mondo scientifico anche se poi abbondantemente usato in quello aziendale:

Il caso di studio (oppure caso studio) è un metodo di ricerca utilizzato, nell’ambito di questioni complesse, per estendere l’esperienza o rafforzare ciò che è già noto da precedenti ricerche. Viene impiegato in diverse aree della scienza, in particolare se ne fa ampio uso nelle scienze sociali, e permette di porre enfasi sull’analisi contestuale dettagliata di un numero limitato di eventi o condizioni e le loro relazioni.

Il meme

In un articolo su Medium di Francesca Amendola si riporta questo meme:

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