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Come creare un piano di content marketing con ChatGPT

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L’arte di interrogare le intelligenze artificiali generative è conosciuta come “prompt engineering“. Un input ben fatto fa la differenza tra un output eccellente e una accozzaglia di parole inutili (vale la regola GIGO: “garbage in garbage out“). In questa pagina voglio mostrarti un prompt utilissimo per trasformare ChatGPT nel tuo consulente di marketing, anzi di content marketing. Si tratta di un prompt più elaborato di quelli che si usano di solito, perché obbliga il chatbot a fare tutta una serie di domande su posizionamento, servizio, target, strategia e altro. Tutto con un prompt solo, il seguente.

Il prompt iniziale

Agisci come un esperto di digital e content marketing. Ti chiederò di creare un piano editoriale e i contenuti per la comunicazione digitale della mia attività: contenuti per il blog, profili LinkedIn, Facebook e YouTube, newsletter. Prima di iniziare, voglio che tu comprenda a fondo il mio business e i il mio mercato, i miei clienti. Fammi almeno 20 domande riguardo mercato, target e tutto quello che ti serve per fare contenuti efficaci al meglio delle tue possibilità. Fammi una domanda alla volta e aspetta la mia risposta prima di fare la domanda successiva. Hai compreso il compito?

Ecco le tre caratteristiche di questo prompt:

  1. Si mette il chatbot in ruolo, quello dell’esperto della materia.
  2. Si chiarisce l’obiettivo.
  3. Si chiede di fare una ventina di domande, aspettando di volta in volta la risposta.

Questo prompt rispetta il mio metodo G.O.L.:

La conversazione con ChatGPT

A questo punto ChatGPT si mette nei panni dell’intervistatore. Le sue domande sono pertinenti, la conversazione sostenuta e utile.

Il piano editoriale

Al termine delle domande, e delle mie risposte, il chatbot ha compreso obiettivi e target. Quindi posso chiedergli di creare un piano editoriale diviso per canali.

Contenuti d’esempio

Chiaramente il piano editoriale non mi basta, quindi gli chiedo di farmi degli esempi di contenuti. Lui propone dei titoli.

Ovviamente a questo punto posso chiedergli di creare tutti i contenuti che mi servono.

Scrivimi per organizzare un evento o un corso sull’intelligenza artificiale generativa

Scrivimi mandami un WhatsApp al 339.6325418 per organizzare un corso o una conferenza sull’A.I. generativa.

Inviaci email

“La regola del maiale”: il content repurposing online

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Chi produce contenuti digitali è sempre alla ricerca di nuove idee per promuoverli. La comunicazione digitale (o digital communication) spazia dai contenuti scritti (come e-mail o i post sui social network) fino a quelli audio-visivi, quali podcast e video.

I contenuti si dividono anche in altre due distinte categorie: una dedicata alla fruizione dei multimedia di rapido consumo, un’altra a quelli considerati evergreen. Alla prima categoria appartengono per esempio i post che vengono pubblicati quotidianamente su vari social network come Instagram, Facebook o Twitter e che ottengono una visibilità immediata e tendono a dissolversi rapidamente; alla seconda tutti quei contenuti che rimangono visibili nel tempo e continuano a essere validi e rilevanti nel corso dei mesi o addirittura degli anni, come nel caso di un articolo di un blog.

Produrre contenuti digitali per sfruttare le potenzialità dei canali social è molto semplice e il risultato è pressoché immediato. Realizzare dei contenuti che restino nel tempo è un lavoro più complesso rispetto al pubblicare dei post e richiede un po’ d’esperienza e delle buone competenze (come conoscere tutti i trucchi del SEO).

Content Repurposing: l’arte del riciclo

Produrre contenuti digitali di grande qualità non è sempre facile e spesso richiede tempo e denaro. Le persone stesse fruiscono dei contenuti multimediali in modi diversi: chi ama leggere un ebook, chi adora ascoltare un podcast o chi non si perde un post su Facebook. Ci sono poi dei contenuti che non passano mai di moda e che possono essere riproposti semplicemente aggiornandoli o pubblicati in un nuovo formato/veste. Quindi, se disponi di contenuti di questo tipo di contenuti, allora puoi “riciclarli” e proporli a nuovo pubblico.

Questa strategia ha un nome ben preciso e viene chiamata “content repurposing”: si tratta di ripubblicare contenuti esistenti e presentarli in un nuovo formato per allungarne durata e portata. Con il content repurposing, per esempio, puoi condividere un articolo in diversi modi e adattarlo a ogni contesto.

È importante specificare che il “content repurposing” non si pone come una vera e propria alternativa alla creazione di nuovi contenuti. Questo non significa pubblicare lo stesso contenuto in maniera ripetitiva su ogni canali social disponibile. Con il content repurposing, per esempio, puoi rielaborare un contenuto da te creato in precedenza e adattarlo al contesto attuale della tua azienda.

Qual è il vantaggio che offre la tecnica del content repurposing? La risposta è semplice: il tempo. Puoi ottimizzare e risparmiare tempo come? Per esempio, riutilizzando un vecchio articolo che hai scritto per il tuo blog e adattando nel formato podcast per un nuovo episodio. Le potenzialità del content repurposing sono notevoli.

Come faccio a decidere quale materiale riutilizzare?

Per decidere cosa riciclare può essere interessante analizzare e raccogliere dei dati sull’andamento dei tuoi contenuti. Con Google Analytics, per esempio, hai a disposizione tutti gli strumenti necessari per avere un’idea precisa dei post che sono piaciuti di più ai tuoi lettori. Analizzando il numero delle visualizzazioni o il tempo medio trascorso su una pagina, tu e il tuo team avete tutti i parametri per capire se un contenuto proposto può essere rielaborato per una seconda pubblicazione, oppure comprendere come riproporre uno che non è andato particolarmente bene e così via.

Anche i contenuti di qualità che continuano a generare condivisioni e clic potrebbero beneficiare ulteriormente da una nuova riproposizione, soprattutto se è trascorso molto tempo dalla loro pubblicazione. Piccola ma doverosa precisazione: quando si parla di un “possibile riciclo” ci si riferisce sempre a un contenuto di cui si è i legittimi proprietari.

Se ti accorgi che un articolo non è aggiornato – come potrebbe essere – ma continua a generare ancora molto traffico, evita di pubblicare un nuovo post. Aggiorna “semplicemente” il contenuto all’interno dello stesso post in modo da mantenere l’URL esistente e non perdere il valore SEO.

Creare dei buoni contenuti digitali richiede parecchio tempo e denaro. Con il content repurposing è possibile allungarne la vita e ottimizzare le spese: in che modo? Riproponendo i contenuti creati, per esempio, su tutte le piattaforme social e adattandoli al contesto (ogni social network ha un proprio pubblico e linguaggio).

Un’altra strategia efficace è quella di riproporre questi contenuti dopo un certo periodo di tempo: in questo modo viene rafforzato anche il messaggio che si vuole trasmettere, un po’ come accade regolarmente da anni con le campagne pubblicitarie che vengono ritoccate o aggiornate dopo diverse annate.

Il content repurposing può essere sfruttato dalle aziende per avere una comunicazione mirata su ogni canale social utilizzato: in questo modo è possibile parlare al pubblico di riferimento in modo diretto e senza ingerenze. Pubblicare un post su Instagram è diverso dal farlo su Facebook o LinkedIn: riproporre lo stesso contenuto senza i giusti accorgimenti /adattamenti può rivelarsi controproducente. Quindi, ricordati di modificare e rivedere il tuo contenuto in base a dove andrai a pubblicarlo.

Il content repurposing offre dei vantaggi significativi per chi si trova a produrre testi ottimizzati per i motori di ricerca (SEO). Aumentare il numero dei contenuti relativi a un determinato argomento e utilizzare canali diversi è molto apprezzato dagli algoritmi di Google (e dai crawler degli altri search engine) che ricompenseranno il creatore con un miglior posizionamento e un traffico aumentato sulle proprie pagine.

Come riproporre i contenuti

Per riciclare i vecchi contenuti vengono utilizzate due semplici tecniche. La prima è quella di riprendere un contenuto e suddividerlo in più parti; la seconda è quella di scegliere diversi e unirli in un blocco unico.

La cosa più importante è individuare i contenuti giusti da inserire. La scelta ideale è quella di attingere direttamente dal proprio archivio (per qualsiasi tipo di contenuto digitale) e studiare quelli che potrebbero essere importanti per te e la tua azienda: devi scegliere non solo quelli che hanno generato maggior engagement e interazioni o quelli che non hanno avuto successo, soprattutto quelli che pensi che beneficiando di un nuovo adattamento/formato e dei giusti canali possano essere davvero efficaci. Quando decidi di ridare nuova vita a un vecchio contenuto è importante pensare a come integrarlo: deve essere in linea con lo stile adottato dalla tua azienda e al contesto generale.

Una delle tecniche più utilizzate nella riproposizione dei contenuti digitali è quella di aggiornare dei vecchi articoli o post. È un’operazione piuttosto semplice e facilmente realizzabile: devi semplicemente dare un’occhiata al calendario e selezionare una serie di appuntamenti fissi. Natale, la Festa della Mamma o del Papà, carnevale: i contenuti prodotti per questi eventi possono essere facilmente riadattati per il tuo scopo. Puoi anche riciclare i tuoi vecchi contenuti postandoli su altri siti o blog: è un ottimo modo per aumentare la tua visibilità complessiva.

Un altro modo di fare content repurposing è quello di citare un vecchio contenuto all’interno di uno nuovo, oppure rielaborarlo in formato di guida o come approfondimento per un singolo argomento. Proporre dei contenuti “visuali” come infografiche e slide può essere un’ottima strategia, soprattutto se devi riciclarli sui canali social. Alcuni formati, infatti, sono perfetti per la condivisione e basta davvero poco per trasformare un vecchio contenuto in qualcosa di virale.

Se disponi di un buon numero di contenuti testuali puoi anche decidere di riproporli in formato ebook o come newsletter tematica: in questo modo puoi cercare di raggiungere anche un pubblico diverso da quello abituale.

Se invece vuoi pubblicare un vecchio contenuto su una piattaforma social diversa dall’originale o contemporaneamente su altri canali, innanzitutto devi adattare il formato e il linguaggio e sfruttarne le peculiarità. Su Instagram o Facebook devi veicolare il tuo contenuto in un certo modo, su TikTok per esempio in un altro. Studiare il tuo pubblico di riferimento è un buon modo per trovare la chiave giusta per rielaborare un contenuto: in base alle reazioni ottenute puoi migliorare la successiva riproposizione.

Se il formato del contenuto che vuoi rielaborare è di tipo audio/visivo ci sono diverse possibilità. Per esempio, una diretta su YouTube o Facebook può essere riciclata come un contenuto on demand. Per esempio una mia diretta Facebook e LinkedIn per P.A. Social è diventato un contenuto da fruire successivamente su YouTube:

I contenuti audio, invece, possono essere trasformati in podcast.

Insomma, le possibilità sono molteplici: basta un po’ di originalità e un pizzico di creatività per avere di nuovi contenuti aggiornati e che possano piacere al tuo pubblico di riferimento.

Il caso dei blog

Chi fa blogging utilizza spesso la tecnica del content repurposing per riproporre i vecchi contenuti. Con un semplice aggiornamento, infatti, è possibile dare nuova vita a un articolo datato o a un post non recente: una volta modificato il contenuto basta spedirlo via e-mail (con la classica newsletter) per far tornare i propri utenti sul sito o blog.

In Rete è possibile recuperare diversi strumenti gratuiti con cui fare content repurposing: in questo modo puoi realizzare delle suggestive infografiche, dei video animati o delle presentazioni e così via. Per le infografiche, per esempio, suggerisco di provare Infogram:

Se nella creazione/produzione di contenuti multimediali ti avvali spesso del contribuito di esperti del settore, famosi influencer o ti capita di fare interviste a personaggi famosi, può essere utile estrapolare alcune citazioni e condividerle sui tuoi canali social o creare delle infografiche ad hoc.

Come sfruttare i contenuti degli altri utenti

Un’altra strategia vincente è quella di sfruttare i contenuti creati dagli altri utenti (si parla anche di “content curation“): dai commenti positivi fino ai tweet o ai sondaggi, si tratta di materiale che può essere abilmente usato per fare un po’ di content repurposing e che può essere sfruttato per i canali social.

Interagire con il tuo pubblico può aiutarti a riproporre dei vecchi contenuti: per esempio, sfruttando le risposte dei tuoi utenti o postando una semplice immagine presa dal tuo account di Facebook con una vecchia foto e così via. La condivisione è uno dei segreti per generare un efficace content repurposing.

Come fare dei montaggi video perfetti per il content repurposing

I video sono usati spesso per aumentare l’engagement nei vari canali social. Per chi vuole riadattare velocemente un vecchio post di un blog (così come un qualsiasi testo) e trasformarlo in un video può usare una serie di tool ad hoc.

Lumen5, per esempio, permette di montare dei video in modo semplice per adattarli ai vari canali social utilizzati (Facebook, Instagram o TikTok per citare i più diffusi). Si tratta di una web app che permette in pochi semplici passaggi di trasformare un qualsiasi post del tuo blog o di una pagina social in un video interattivo. L’applicazione è molto intuitiva da usare ed è accessibile anche per gli utenti meno esperti: l’intelligenza artificiale, infatti, segue tutto il processo dall’inizio alla fine.

Lumen 5 offre un servizio gratuito e uno a pagamento: l’iscrizione è obbligatoria in entrambi i casi e permette l’accesso a una libreria di immagini, video, musica e altro materiale di dominio pubblico. Per chi sceglie la modalità gratuita è importante ricordare che i video saranno limitati alla risoluzione massima di 480px e che saranno marchiati con un logo “Lumen5”. La versione a pagamento offre una risoluzione superiore e la sparizione del logo. Per creare il tuo video non devi fare altro che accedere al tuo account e cliccare su “create video” e inserire il link al post o il testo del video che desideri visualizzare. L’intelligenza artificiale farà il resto: l’app analizzerà il testo (contenuto e lunghezza) per creare una slide (c’è un limite di 140 caratteri) più che adeguata e suggerirà anche come accorciare il video. Il programma ti suggerirà anche le immagini da aggiungere allo sfondo o che è possibile cambiare in base alle tue esigenze. Dopo aver preparato le immagini e sistemato il testo, devi solo aggiungere la musica: per farlo basta cliccare su “music” e selezionare la colonna sonora ideale per il tuo video. Il programma offre un archivio di brani da usare: è possibile ascoltare un’anteprima del brano prima di selezionare il pezzo scelto. Un altro dei vantaggi di un abbonamento premium con Lumen5 è la possibilità di aggiungere il proprio logo alla fine del video. Nell’apposita sezione è possibile inserire il watermark e cliccando su “continue” è possibile avere un’anteprima della propria creazione: si può scaricare il video sul PC oppure caricarlo direttamente tramite app.

Per chi vuole sottoscrivere un abbonamento sono disponibili diversi pacchetti (Starter, Premium/Business/Enterprise) che includono un accesso illimitato a foto e video e ad altri servizi a pagamento come Getty Images o Shutterstock, possibilità di avere risoluzioni superiori e persino un account manager dedicato. Le fasce di prezzo degli abbonamenti vanno dai 19 dollari al mese per la versione Starter fino ai 500 dollari di quella Enterprise.

Un’altra ottima soluzione per fare montaggi video

Se devi riciclare un contenuto in poco tempo puoi anche usare un servizio online come Wave.video che offre qualcosa come 200 milioni di clip video in alta risoluzione e musica in sottofondo e altro ancora. Bastano pochi passaggi per creare un video da condividere sui canali social: devi solo selezionare quello adatto per il tuo progetto, inserire il testo e scegliere la musica e poi pubblicarlo. Il servizio offre una serie di formati già pronti per realizzare i video da pubblicare sui social network.

Il programma utilizza un editor in stile “drag-and-drop” per aggiungere testo e immagini con pochi clic: Wave.video prepara già il video nel formato corretto per il social network in cui desideri pubblicare. La versione a pagamento mette a disposizione una libreria di video/musica notevole, oltre alla possibilità di personalizzare la scelta dei font e dei colori, ed avere una risoluzione superiore e nessun limite di tempo nella produzione dei video. La versione gratuita ha delle ovvie limitazioni (e pubblicità): sono comunque disponibili tre tipologie di abbonamenti che variano dai 20 dollari della versione Creator fino ai 40 dollari di quella Business.

Presentazioni e infografiche per il content repurposing

Per creare i contenuti video o per riadattarli puoi anche usare uno strumento online sviluppato ad hoc. Visme è un programma versatile che permette in pochi clic anche a chi non ha grande esperienza e dimestichezza con la tecnologia di preparare in pochissimo tempo infografiche, presentazioni in PowerPoint, banner pubblicitari, ebook e spettacolari video.

Visme offre un’ottima varietà di modelli e diversi tipi di contenuti: puoi scegliere tra tre diverse tipologie di account (compreso quello gratuito). Con una versione base del programma puoi comunque iniziare a preparare i contenuti che vuoi riciclare. Visme è perfetto per creare delle nuove presentazioni o per preparare il tuo webinar, per esempio: il programma offre la possibilità di aggiungere la tua voce a ogni slide. La versione gratuita è “limitata” a solo 5 progetti e a un numero ristretto di template: sottoscrivendo un abbonamento Standard e Business (rispettivamente 15 e 29 dollari al mese) hai possibilità pressoché illimitate, mentre con quello Enterprise puoi studiare l’offerta perfetta per le tue esigenze.

Repurposing dei contenuti audio

Nello stesso modo in cui estrapoli citazioni dagli articoli o dalle interviste agli esperti del settore, puoi sfruttare il testo che possiedi per realizzare dei podcast. Può essere la base per un argomento specifico o il punto di partenza per discussioni più approfondite e altro ancora. Un modo per riciclare in modo intelligente i vecchi contenuti audio è quello di trasformarli in podcast visivi.

Con un programma come Wavve puoi ricreare dei clip audio condivisibili per i social media (Facebook, Youtube o Instagram). È molto facile e immediato da usare e ci sono diversi layout e modelli in modo da poter adattare il contenuto audio alle tue piattaforme preferite. Il programma offre anche una prova gratuita oltre a una serie di pacchetti ad hoc che vanno dai 10 fino ai 32 dollari al mese.

Crea un ebook

Se decidi di rielaborare i contenuti presenti in un vecchio blog e trasformarli in un ebook, un servizio che ti consiglio è  Designrr. Si tratta di una piattaforma che permette con un paio di clic di creare un libro digitale nei giusti formati e dall’aspetto professionale. Il servizio funziona bene con i blog creati con WordPress ma anche con le altre piattaforme. Negli ultimi mesi è stata aggiunta anche la possibilità di importare contenuti anche da Facebook e da Microsoft Word. Per creare un ebook devi semplicemente selezionare il tuo sito/blog di riferimento, copiarne l’indirizzo all’interno del programma e procedere alla creazione del progetto. Successivamente potrai personalizzare i testi e il template e trasformare il progetto nel formato che ti interessa (PDF, epub o pagina web). La possibilità di importare e trascrivere il testo direttamente da un podcast, YouTube o da Facebook Live è un’altra fantastica aggiunta. È importante notare come la piattaforma sia in grado di eliminare autonomamente tutto quello che non è strettamente necessario alla preparazione dell’ebook, come i commenti, i link esterni, le pubblicità e altro. La versione base offre la possibilità di utilizzare una serie di immagini gratuite da aggiungere ai tuoi libri, più di 700 font, una ventina di temi grafici per personalizzare il tuo libro oltre a una dozzina di progetti già pronti da utilizzare e numero limitato di articoli da importare e altro ancora. Sono previste anche copertine 2D e 3D e altro ancora. Per utilizzare questa piattaforma devi sottoscrivere un abbonamento: attualmente, pagando una cifra una tantum, 27 dollari, puoi usare senza limitazioni Designrr. È in arrivo nei prossimi mesi la possibilità di pubblicare il tuo ebook come audiolibro!

Creare dei contenuti validi richiede tempo, molta dedizione e buone risorse. Il content repurposing non vuole essere un’alternativa alla creazione di nuovi contenuti. Non devi per forza scegliere una strada oppure un’altra: puoi continuare a creare contenuti nuovi e allo stesso tempo ridare nuova vita a quelli vecchi che continuano a generare traffico ed engagement.

 

Scrivimi per un corso sul content marketing

Perché ogni azienda è un editore?

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Che cosa c’entrano Einstein, le soap opera e il content marketing (o le aziende come editori)? Lo racconto in questo video di otto minuti:

Cultura e digitale: come i classici e il pop aiutano a capire Web e social

Per vedere altri video su come classici e cultura pop possono spiegarci il mondo del digitale, fai clic qui.

Farmacie tra social selling e content marketing [intervista per Farmaciapotenziata.it]

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Questo articolo è stato pubblicato su Farmaciapotenziata.it nell’ottobre 2020

Farmacie tra social selling e content marketing

Social selling non significa vendere con i social, ma promuovere cosa si è capaci di fare attraverso creazione di nuove relazioni con i propri utenti. Scopriamo di più insieme a Gianluigi Bonanomi, formatore sulla comunicazione digitale.

Cosa si intende per social selling?

Prima di parlare di trucchi e buone pratiche vanno smontati i facili entusiasmi: fare social selling non vuole dire “vendere online con i social, come qualcuno potrebbe pensare. Al limite quello potrebbe essere “social commerce”, e molte farmacie già lo fanno da anni. Social selling è un misto di tecniche di posizionamento, contenuti e relazioni: di solito questa etichetta si usa prevalentemente per i business B2B, ma ormai questa distinzione è obsoleta. I social servono per far vedere che cosa fai, come lo fai, per chi lo fai e poi per sfruttare la leva dei contenuti per dare valore e creare (o tenere) le relazioni. Ecco la parola chiave: le relazioni. Del resto, parlando di “social”…

Esiste un target di cliente privilegiato per questa attività?

In realtà no. Si può fare social selling per tutti e con tutti. Seguo aziende B2B che si occupano di ventilazione industriale, così come aziende del mondo ho.re.ca (Hotellerie-Restaurant-Café). E farmacie, appunto. Queste ultime dovrebbero usare i social, come dicevamo, per le relazioni: intrattengono con video di alleggerimento, ma soprattutto educano con contenuti di valore sui temi più disparati: prevenzione, consigli alimentari, iniziative, contest, testimonianze…di tutto! Dico “dovrebbero usare” perché spesso non è così: proprio perché obnubilate dall’idea di vendere su Facebook e Instagram, riempiono le bacheche di post di prodotto e offerte. Ma la gente non segue i social per farsi “rifilare” i prodotti. Le persone usano i social – quei social – per svago e per tenere le relazioni. Non possiamo forzare la mano. Il processo è lungo e articolato.

Qual è il know-how necessario per fare social selling con successo?

Credo che l’uso dei social richieda competenze sempre più specifiche da comunicatore digitale: saper comunicare è la base, ma non basta. Bisogna coniugare le proprie capacità creative ed empatiche con l’uso di strumenti nuovi: quindi bisogna sapere creare piani editoriali, grafiche e infografiche (per chi non sa farlo, si può sempre usare strumenti come Canva.com), video magari con sottotitoli, content management systems come WordPress per il sito web, padroneggiare le metriche e gli analytics e così via. Credo inoltre che il social seller sia anche un “negoziatore digitale”: chi sa interpretare le comunicazioni online, scrivere un messaggio efficace, rispondere a una contestazione e così via.

E cosa è indispensabile avere a livello di infrastruttura digitale o di backoffice/magazzino?

Credo che più del magazzino o del backoffice serva un ottimo gestionale e un sistema di comunicazione integrata (si parla di convergent marketing: il flusso di comunicazione dovrebbe riguardare dai social agli Sms, dalle newsletter al blog). Il social seller potrebbe collegare le sue attività di comunicazione con il sito Web e il gestionale per tramutare davvero tutto quello che ci siamo detti prima in ordini e vendite. Per esempio, potrebbe produrre dei contenuti gratuiti che generano contatti, poi alimentare quei contatti con newsletter nelle quali inserire, senza esagerare, offerte o coupon da riscattare grazie all’e-commerce. Questo, in gergo, è il “content marketing”, attività che si sposa benissimo con il social selling.


Considerando la peculiarità dei prodotti venduti dalla farmacia, è ipotizzabile che essa faccia social selling?

Se, come abbiamo visto, fare social selling non è necessariamente un’attività appannaggio del commerciale o del banconista, chiunque può farlo. È però difficile portare un esempio di social selling fatto bene perché dovremmo parlare di singoli che si muovono bene, leggere i loro messaggi ai clienti e così via. Piuttosto posso segnare un buon esempio di content marketing: la farmacia Di Nardo (www.farmaciadinardolabrozzi.it) ha un buon sito con blog ed e-commerce, ma soprattutto lavora benissimo con i contenuti. Per esempio, ha realizzato una serie di video su temi come la secchezza vaginale o l’alimentazione. Oppure articoli sulla caduta dei capelli, in questo caso collegati a meccanismi di sconti e prenotazioni per l’analisi del capello.

Quali sono i limiti per la farmacia in questo tipo di attività?

I limiti sono quelli di volere tutto e subito: le attività social sono fondamentali, ma non si può pretendere di costruire relazioni e fiducia da un giorno all’altro. Un altro limite è il non voler investire, intendo tempo e risorse ma anche denaro: a volte bisogna capire che Facebook è uno strumento a pagamento, e la visibilità costa. Un ultimo limite, spesso il principale: la mancanza di competenze in termini di comunicazione digitale; quanti farmacisti hanno fatto un corso che, tra le altre cose, insegni a rispondere alle critiche online?

“Content marketing e social selling per assicutatori”: la testimonianza di Roberto Muzzi

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Sabato 26 ottobre 2019 si è tenuto a Bologna il primo corso “Content marketing e social selling per assicutatori” (con crediti IVASS) con questo programma:

8.45 – 9.00 Registrazione dei partecipanti
9.00 – 9.30 Presentazione del relatore e degli obiettivi del corso
9.30 – 11.00 Social selling: dalla definizione di social selling a come aumentare il social selling index
11.00 – 11.30 Question Time & Coffe Break
11.30 – 13.00 Ottimizzazione del profilo in ottica social selling con il metodo LinkedIn10C
13.00 – 14.00 Pausa pranzo libera
14.00 – 16.00 Inbound marketing: come e cosa pubblicare su LinkedIn, tecniche di persuasione
(i 6 principi di Cialdini su LinkedIn)
16.00 – 16.30 Question Time & Coffee Break
16.30 – 18.30 Fare social selling con LinkedIn Sales Navigator: teoria e pratica

Per maggiori info visita il sito di Parliamo di assicurazioni.

Questa è la testimonianza di Roberto Muzzi, esperto di risk management, al termine del corso:

Quanto durano i contenuti online?

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In questo video parlo della bella infografica che sta alle mie spalle:

Ecco l’infografica:

Chief Content Officer: chi è e cosa fa?

I C-level, in azienda, sono quelli che contano, dal CEO in giù (per fare due esempi: CFO, il direttore amministrativo, o CMO, direttore marketing). La C, infatti, sta per chief=capo. Da qualche tempo negli Usa, molto meno da noi, si è diffuso il ruolo del CCO, a volte conosciuto come Chief Content Officer (qui trovi una intera rivista dedicata al ruolo), altre come Chief Communication Officer. Ma chi è e, soprattutto, che cosa fa?

Perché serve un CCO?

Nel rapporto intitolato The New CCO si spiega come la definizione di questa nuova figura sia la conseguenza di tre fenomeni recenti:

  1. la destinazione delle risorse disponibili appare sempre più orientata al coinvolgimento diretto degli stakeholder in un dialogo su questioni e contenuti di specifico interesse dell’organizzazione, anche se spesso di impatto più allargato (+30% negli ultimi 5 anni);
  2. con sempre maggiore intensità il CCO si trova a lavorare in stretto contatto con altre funzioni direttive dell’impresa, assumendo co-responsabilità con il CIO, il CMO, CFO, CRO e via dicendo, su questioni come la diversità, la cultura organizzativa, il marketing, la promozione e la creazione di sistemi digitali;
  3. la sfida del coinvolgimento continuativo degli stakeholder richiede al CCO esperienza nel progettare, produrre, alimentare piattaforme e spazi di dialogo e coinvolgimento con gli altri (reali e digitali); nonché nozioni avanzate di strategia digitale e capacità di analisi dei comportamenti e delle dinamiche culturali.

Che cosa fa un CCO?

Il CCO è il responsabile dei contenuti. Che cosa fa? Questa nuova figura, una delle più promettenti per il futuro, deve fornire le linee guida editoriali, assicurandosi che i contenuti mantengano coerenza e significato nel mix di formati e canali attraverso i quali sono veicolati (PR, social media, search).

La job description di questo ruolo prevede questi oneri:

  • controllare che tutti i contenuti siano di qualità e coerenti con il brand (corporate identity, storytelling e tone of voice);
  • creare una content strategy (piano editoriale) e verificare che sia compatibile con le attività di marketing tradizionali;
  • supervisionare i creatori di contenuti (stabilendo precisi workflow);
  • verificare usabilità ed efficacia dei contenuti su tutte le piattaforme (omnicanalità);
  • analizzare l’efficacia delle campagne (reportistica);

Queste invece le skill richieste: linguistiche, creazione di contenuti (non solo testuali) e gestionali/manageriali.

Il futuro del CCO

Mike Buckley, ex Facebook, spiega in questo breve video qual è il futuro di questo ruolo (interessanti il riferimento alla crescente importanza dei dati, all’internazionalizzazione e agli stakeholder):

Il percorso di formazione

La formazione di una figura così strategica richiede un percorso articolato con l’approfondimento di diverse discipline legate al mondo del digitale a 360 gradi. Queste le materie di un eventuale master:

  • Digital marketing e inbound marketing
  • Online advertising
  • SEO e Web writing
  • Produzione multimediale
  • Event marketing
  • Social media marketing
  • Social media customer service
  • Online reputation management
  • Data analysis
  • Diritto della Rete
  • Team leadership
  • Public speaking e comunicazione aziendale

Un esempio italiano

Esistono diversi professionisti italiani che, su LinkedIn, usano l’espressione “Chief Communication Officer” nella headline. È il caso, per esempio, di Giorgia Camandona, CCO di Italiaonline. Nel suo profilo si legge:

A diretto riporto dell’Amministatore Delegato, ha la responsabilità della funzione Corporate Image and Communication, con il compito di assicurare per il Gruppo le attività di comunicazione esterna, interna, istituzionale e dei brand, lo sviluppo della Intranet, i rapporti con i media, la pianificazione media e la gestione degli eventi.

Content marketing: come usare la matrice dei contenuti?

Insegno content marketing da anni, ma solo un paio di anni fa mi sono imbattuto nella cosiddetta matrice dei contenuti: uno strumento pratico per progettare un piano editoriale efficace. È stata un’epifania: da allora non posso più fare a meno di tracciare piani cartesiani e far gravitare i diversi contenuti nei quadranti della matrice. Ma che cos’è la matrice dei contenuti?

Che cos’è la content matrix?

La matrice dei contenuti, la cui paternità di SmartThings, è uno strumento teorico che permette di collocare i contenuti aziendali, cuore del content marketing, in quattro quadranti definiti da due direttrici:

  • La prima direttrice, quella orizzontale, permette di collocare i contenuti in un continuum che va da sinistra, dove c’è il branding o awareness (notorietà o consapevolezza della marca), a destra, dove sta la lead generation (generazione di contatti di potenziali clienti).
  • La seconda direttrice, quella verticale, permette di collocare i contenuti in un continuum che va dall’alto, dove ci sono quelli più emozionali, al basso, dove si collocano quelli più razionali.

Per mia esperienza la comunicazione B2C, per il consumatore finale, gravita in alto (difficile si facciano whitepaper per i bar, dove invece spopolano i contest). Quella B2B, per altre aziende, gravita in basso. Anche se ovviamente ci sono eccezioni (le testimonianze e gli eBook vanno bene per tutti).

L’incrocio di queste linee genera quattro quadranti:

  • Il quadrante in alto a sinistra, che incrocia branding ed emozionale, individua i contenuti utili a intrattenere.
  • Il quadrante in alto a destra vede i contenuti emozionali ma più finalizzati alla vendita, quindi vi si collocano i contenuti che ispirano.
  • Il quadrante in basso a sinistra, branding + razionale, prevederà contenuti per educare.
  • Il quadrante in basso a destra, razionali ma per vendere, ospiterà contenuti che convincono.

Come puoi vedere in quest’altro esempio (di Distilled), alcuni contenuti possono essere collocati in quadrati differenti, a seconda di come vengono usati. Per esempio i webinar possono stare nel quadrante Educazioni oppure in Convincimento:

Nota da ex giornalista: in ogni caso al centro dello schema ci sono sempre le news.

Esempi di contenuti per la content matrix

Un piano editoriale equilibrato prevede contenuti che occupino tutti e quattro i quadranti. Ecco quattro esempi:

  • Quadrante dell’intrattenimento: un contenuto che intrattenga, e quindi permetta di far conoscere la marca in modo emozionale, potrebbe essere un video corporate oppure un contest.
  • Quadrante dell’ispirazione: un contenuto emozionale che ispiri potrebbe essere una testimonianza, una recensione positiva, il post di un influencer.
  • Quadrante dell’educazione: un contenuto razionale che faccia conoscere il brand potrebbe essere un’infografica sul prodotto, un post sul blog che risponda a un problema del cliente, un video con una guida passo a passo.
  • Quadrante della convinzione: un contenuto razionale che generi contatti buoni per una relazione commerciale potrebbe essere un webinar o un whitepaper (per accedere al contenuto occorre lasciare il contatto).

La classificazione dei contenuti a seconda dell’obiettivo

I contenuti della matrice possono essere ordinati anche per obiettivo (come vedi in questa tabella di Kevinrcaindotcom), anche se in questo caso la classificazione cambia parecchio. Quali sono gli obiettivi dei contenuti e degli esempi di contenuti adatti?

  • Far conoscere il brand: blog, podcast, video virali
  • Dimostrare autorevolezza: articoli tecnici sul blog e infografiche
  • Stimolare interesse per la risoluzione dei problemi: whitepaper e webinar
  • Favorire i confronti: case study e testimonial
  • Stimolare l’acquisto: how to e tutorial

Un’altra matrice del contenuti

Esiste un altro tipo di matrice del contenuti che sulle direttrici ha la facilità e difficoltà, di realizzazione e di fruizione da parte del pubblico. Il contenuto più facile da realizzare e fruire? Un post su Instagram. Uno difficile da realizzare e fruire? Un gioco interattivo.

Le idee per il piano editoriale

L’espressione “piano editoriale” è tipica del mondo giornalistico. Mondo nel quale ho sguazzato per quasi 15 anni. La caratteristica principale delle pubblicazioni editoriali era l’organizzazione in rubriche. Anche un piano editoriale per la comunicazione aziendale deve basarsi sulle rubriche. In questo articolo ho elencato dodici esempi di rubriche per la comunicazione aziendale.

Il Principio di Pareto applicato al content marketing

ll principio 80/20, ideato dall’economista Vilfredo Pareto, è illuminante: in pratica la regola è che l’80% dei risultati dipende dal 20% dei fattori (a volte si parla di 60/40 o addirittura di 90/10). È una regola universale, valida nei campi più disparati. Per spiegarlo in parole povere durante i miei corsi faccio questi esempi:
– usi il 20% dei tuoi vestiti l’80% delle volte;
– usi il 20% delle app installate sullo smartphone l’80% del tempo;
– il 20% dei tuoi clienti generano l’80% del fatturato.
Corollario a quest’ultima affermazione: se hai 30 clienti avrai la tentazione di trattare tutti allo stesso modo; eppure quasi certamente il 20% del business viene da uno solo di essi.
In questo articolo racconto come applicare questo principio al content marketing.

Una struttura ricorsiva

Ho recentemente letto il libro di Perry Marshall, “Il principio 80/20 per vendite e marketing”, che dà un ulteriore contributo alla discussione sul principio di Pareto. Marshall ha fatto una scoperta fondamentale: il principio 80/20 ha una natura frattale, si può applicare all’infinito. Se il 20% dei tuoi sforzi produce lo 80% dei risultati, all’interno di quel 20% ci sarà un altro 20% che produce l’80% dell’80% iniziale. In pratica: concentrati sul 4% del tuo investimento, economico e di tempo, per produrre il 64% dei risultati totali.

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Il principio di Pareto applicato al content marketing

Il content marketing, detto anche inbound marketing, è il contrario dell’outbound marketing (telemarketing a freddo, invio di newsletter e DEM a contatti non profilati) e prevede la creazione e condivisione di contenuti editoriali (articoli, eBook, infografiche ecc.) al fine di acquisire clienti. Lo strumento principale per fare content marketing, per mia esperienza, è il blog.

Come si applica il principio di Pareto al blog? Il 20 delle keyword scelte per costruirci attorno gli articoli genererà l’80% del traffico. Come si scelgono quindi le keyword giuste, quelle vincenti? Personalmente uso diversi strumenti per l’individuazione delle parole chiave (ma il 20% di questi li uso nell’80% dei casi!) e non intendo necessariamente Google Adwords. Uno dei miei strumenti preferiti è Ubersuggest. Nel prossimo paragrafo vedrai come funziona.

Come funziona Ubersuggest?

Ubersuggest è uno strumento SEO, ideale quindi per l’ottimizzazione di articoli e siti affinché piacciano a Google (passami l’espressione). Più precisamente è definito un Google Suggest Scraper perché permette di elencare e organizzare tutti i consigli di Google presi dai suggerimenti di ricerca. In pratica individua le query che gli utenti hanno inserito in merito a una ricerca, quindi soprattutto le chiavi secondarie. Usarlo è assai semplice: nella schermata principale basta inserire keyword e lingua, poi premere “Look up”.

Come lo uso io? Se voglio scrivere un articolo su LinkedIn, scopro che molti cercano “Riepilogo LinkedIn”, e ancora più in dettaglio cercano “Riepilogo LinkedIn un esempio”. E infatti ho creato un articolo con quel titolo che mi sta dando molte soddisfazioni.


Perché puoi usare Ubersuggest per applicare il principio di Pareto alla ricerca delle keyword? Perché lo strumento restituisce anche i volumi delle ricerche, anzi puoi proprio ordinare le keyword per volumi. Devi concentrarti solo sulle parole chiave che genereranno più traffico: trova quel 20% di parole chiave che contano davvero.

 

Content marketing: 12 idee per il tuo piano editoriale

Il lavoro giornalistico mi ha insegnato che occorre lavorare sui contenuti a partire da un piano editoriale. E la prima cosa da fare è individuare le rubriche ricorrenti dei contenuti online.

Ecco una dozzina di esempi di rubriche.

  1. Pillole di storia dell’azienda (meglio se con uno spirito di responsabilità sociale: soprattutto i Millennials, si dice, votano con il portafogli);
  2. Chi siamo (le persone vogliono vedere i volti di chi lavora nell’azienda, magari collegati a micro-storie che li riguardano);
  3. Dietro le quinte (per esempio l’allestimento di una fiera o le fasi di progettazione e lancio di un nuovo prodotto);
  4. Dicono di noi (una sorta di rassegna stampa);
  5. News di settore (content curation: ti suggerisco di impostare degli avvisi con Google Alert oppure usare degli aggregatori di contenuti quali lo stiloso Flipboard o l’efficace Feedly);
  6. Eventi (ricordati di lavorare sulle tre fasi: “pre” per far salire l’interesse, “durante” per coinvolgere e “post” per capitalizzare i contatti);
  7. Ricorrenze (per esempio un commercialista potrebbe lavorare sulle scadenze fiscali, così come un’azienda che produce dolciumi punterà sulle diverse festività per mamme, papà, innamorati, Natale, ecc. – attenzione alle giornate mondali)
  8. Interviste, meglio se videointerviste, ai manager dell’azienda o ai tecnici (ma su questo ti consiglio di leggere lo spunto successivo su argomenti, forme e formati);
  9. Citazioni (piacciono sempre, soprattutto se ispirano: costruiscile con un programma come Canva);
  10. Guide sull’uso dei prodotti o sui tuoi servizi (le persone amano gli how-to, come le ricette in cucina): devi risolvere i problemi, non parlare in modo autoreferenziale di te, dell’azienda e dei prodotti;
  11. Infografiche (perché scrivere 10.000 battute o pubblicare tabelle illeggibili se puoi invece raccontare qualcosa di complicato con una rappresentazione grafica? Usa Infogr.am per creare infografiche direttamente online, oppure Powtoon per creare video-infografiche);
  12. Testimonianze (nell’era di TripAdvisor, abbiamo visto altrove, le persone danno più peso a quello che dicono i pari, gli altri acquirenti, rispetto a quello che dice la pubblicità);

Molte delle rubriche viste possono essere adattate anche al piano di un singolo professionista: non avrà la rubrica dei volti ma certamente quelle degli how-to, delle testimonianze, della rassegna stampa e così via. Alcuni contenuti, i migliori o quelli che hanno ottenuto maggior riscontro, possono poi essere proposti con post riepilogativi (Vi siete persi i migliori contenuti del mese? Rieccoveli). Il piano editoriale, infine, dovrebbe trasformarsi in un calendario editoriale (basta un banale Excel o Google Calendar).

Per informazioni sui miei corsi sul content marketing, scrivimi!