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Shield: la app per l’employee advocacy su LinkedIn [StartUp News]

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[Questo articolo è stato pubblicato su StartUp News il 18 dicembre 2020]

Lavorando con LinkedIn mi capita sovente di imbattermi in applicazioni o servizi di terze parti che promettono di ampliare le potenzialità del social professionale di Microsoft o di sfruttarne i dati. Una di queste mi ha particolarmente colpito: si chiama Shield. Per presentarla ho intervistato Filippo Piras, Growth Marketing Manager di Shield.

Da quale esigenza nasce Shield?

Shield nasce dall’esigenza di misurare e riportare le statistiche dei contenuti LinkedIn per uno o più profili personali aggregati. Alex ed Andreas, rispettivamente CEO and CTO, prima di fondare Shield lavoravano assieme per una azienda di consulenza locale chiamata Agile Squad. Essi lavoravano con brand scandinavi come BCG Nordics e Danske Bank. Andreas ed Alex notarono la mancanza di una soluzione in grado di aggregare statistiche di contenuti su illimitati profili personali su LinkedIn per programmi di Employer Branding e Employee advocacy. Dopo aver notato questo gap decisero di chiudere Agile Squad e sviluppare un prodotto per colmare questa mancanza. Dopo circa un anno di product development, Alex e Andreas fondarono Shield.

Come funziona, in pratica, e a chi potrebbe servire?

Shield propone sia un piano per B2C che per B2B. Singoli utenti LinkedIn, Agenzie PR, Agenzie di digital Marketing, PMI e grandi imprese utilizzano Shield per misurare l’impatto dei loro contenuti organici, massimizzare la loro reach e aggregare contenuti statistici su più profili personali attraverso una dashboard. Shield raccoglie questi dati attraverso il proprio API che comunica con l’API di LinkedIn durante il processo di onboarding.

Quanta intelligenza artificiale usate e quanta prevedete ce ne sarà in futuro?

Al momento Shield è una piattaforma puramente descrittiva e di monitoraggio di statistiche dei contenuti condivisi da profili personali. Shield ha più di 5000 utenti attivi. Attraverso i dati raccolti dai nostri user, Il piano per il 2021 e per i prossimi anni è di educare la piattaforma e aggiungere sempre più intelligenza artificiale. Tutto ciò al fine di fornire maggiori insight sull’engagement dell’audience di ciascun membro LinkedIn e ciascun brand.

Intelligenza artificiale: che cos’è e quali professioni sono più a rischio?

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Ultimamente sto approfondendo il tema dell’intelligenza artificiale. Tra i vari libri letti, quello che ho trovato più efficace è certamente “Intelligenza artificiale. Guida al prossimo futuro” di Jerry Kaplan.

La lettura del libro mi ha ispirato ben due video: uno introduttivo e uno sulle professioni a rischio.

In questo video racconto che cos’è l’intelligenza artificiale:

In quest’altro video parlo di sette professioni a rischio:

Qui invece trovi il mio spettacolo “Stupidità artificiale Vs. Stupidità umana”:

10 esempi di stupidità digitale: il mio articolo satirico per Agenda Digitale

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Nota: questo articolo è stato pubblicato su Agenda Digitale il 21 giugno 2019.

Altro che AI: ecco dieci esempi di stupidità digitale

Dieci casi esemplificativi di come l’intelligenza artificiale ogni tanto riesca a fare concorrenza alla più prosaica stupidità umana

on si fa altro che parlare di intelligenza artificialerobot che ci ruberanno il lavorochatbot che superano il test di Touring, auto che guidano da sole e droni che giocano alla guerra o a fare i postini volanti: pare di vivere il mondo immaginato da Asimov molti anni fa. Ora che ci viviamo in mezzo, però, ci rendiamo conto che l’intelligenza artificiale ogni tanto fa concorrenza alla più prosaica stupidità umana. Ecco dieci esempi.

Google Photos

Nel 2015 Google Photos aggiunse una funzione per etichettare automaticamente le foto in base al contenuto. Peccato che non riuscì a distinguere un afroamericano da un gorilla. Apriti cielo: Big G peggio del Ku Klux Klan!

Uomo o statua?

Google ha sviluppato anche un’innovativa tecnologia di sfocatura per non rendere riconoscibili i volti identificabili nelle immagini di Street View. Qualche tempo fa non riusciva nemmeno a riconoscere gli umani dalle statue. Un passo avanti rispetto alla storia dei gorilla.

Call to action…estreme

Nei miei corsi sul Web writing suggerisco sempre di mettere una call to action alla fine di ogni testo: così però mi pare definitiva, forse l’AI dovrebbe ingaggiare un’intelligenza traduttrice professionista.

Congratulazioni, Gino!

LinkedIn, come qualsiasi altro social, guadagna se rimaniamo all’interno dello piattaforma: per questo cerca di tirarci dentro ovunque siamo, per esempio inviandoci tonnellate di mail. Invia anche messaggi sugli anniversari lavorativi dei contatti. Una volta mi è arrivata una mail con scritto:

“Fai anche tu i complimenti a Gino che è da due anni nella posizione di: in cerca di lavoro”.

Forse avrei dovuto congratularmi per il reddito di cittadinanza.

Attenti al loop

Vogliamo parlare dell’errore ricorsivo? Attenzione al pericolo loop!
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Arma letame

Il robot aspirapolvere e la pupù del cane: un’arma… letame.
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Foto panoramiche dell’orrore

Vogliamo parlare delle foto panoramiche che rivelano presenze sataniche?
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Assistenti robotici troppo zelanti

Atsushi Nishiguchi è un uomo d’affari giapponese che qualche tempo fa prese alloggio presso l’hotel Henn-na di Sasebo, il primo interamente gestito da umanoidi. Ma passò una notte da incubo. L’uomo russava e la sua assistente robotica interpretava il ronfo come una domanda incomprensibile. L’androide continuava a chiedere all’ospite: “Ripeta la domanda per favore”. Alla fine l’umano risolse chiamando un altro umano, nella sede centrale.

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Alexa hot

Un bambino chiese ad Alexa di suonare la sua canzone preferita: “Digger, Digger”. Alexa capì tutt’altro: in risposta propose una stazione per il porno, aggiungendo le chiavi di ricerca pollastrella, amatoriale e ragazza sexy. Ecco il video:

La parabola di Tay

Nel 2016 Microsoft lanciò su Twitter il profilo di un bot con l’identità di una adolescente di nome Tay. Il software di AI avrebbe dovuto far evolvere il chatbot Tay sulla base delle interazioni con gli umani. Dopo alcune ore di interazione, con qualche troll e burlone, la personalità artificiale di Tay era diventata quella di una ninfomane nazista.

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Il social recruiting al tempo dell’intelligenza artificiale: intervista a Primo Bonacina

I robot conquisteranno il mondo! Da sempre gli “apocalittici” fanno più notizia e rumore degli “integrati”, per dirla con Umberto Eco, ma il fatto che una certa preoccupazione stia serpeggiando tra chi vede l’intelligenza artificiale (Artificial Intelligence o AI) come una minaccia al proprio lavoro o al futuro dei propri figli è sotto gli occhi di tutti. Peccato che i robot e l’intelligenza artificiale, invece, siano oggettivamente una risorsa: basti pensare che, come ha rilevato recentemente il manager di Microsoft Carlo Purassanta in un’intervista Rai, due bambini su tre, che sono oggi alle elementari, tra vent’anni faranno lavori che al momento non esistono. E che, molto probabilmente, avranno a che fare con tecnologia, robotica e intelligenza artificiale.

L’AI sta entrando prepotentemente nelle nostre vite: basti pensare ai chatbot su Facebook, a Siri, alla prevenzione delle frodi o agli articoli finanziari o sportivi già scritti da algoritmi; e l’AI ora si affaccia anche al mondo del lavoro. Anzi, al mondo della ricerca del lavoro. Per parlare di “AI for recruiting” ho contattato uno dei maggiori esperti di “social recruiting”, Primo Bonacina (nella foto).

L’intelligenza artificiale per il recruiting rappresenta la nuova frontiera dei software progettati per migliorare o automatizzare alcune delle fasi tipiche nei processi di assunzione. Quali sono le tendenze in atto?

L’interesse nei confronti di AI for recruiting è nato da tre principali tendenze. Innanzitutto la crescita economica in atto in molti mercati: ciò ha dato vita a un mercato professionale in cui la competizione per i migliori talenti è più accesa che mai. Tale competizione è destinata a crescere: secondo un sondaggio di LinkedIn il 56% dei talent acquisition leader crede che il loro volume di assunzioni crescerà nel 2017.

E il secondo trend?

Il bisogno di miglioramento tecnologico in area recruiting. Per quanto sia prevista una crescita delle assunzioni, il 66% dei talent acquisition leader afferma che il numero dei propri collaboratori per il recruiting resterà invariato o addirittura diminuirà.

In parole povere?

I recruiter, pressati da tempi assai stretti e aspettative elevate, avranno bisogno di strumenti di maggior efficacia per semplificare o automatizzare parte del proprio processo, soprattutto per quelle attività che implicano maggiore investimento e ripetitività in termini di tempo.

E i big data?

Sì, il terzo trend riguarda proprio l’analisi dei dati. Se da un lato la tecnologia diventa sempre più veloce ed efficiente in termini economici nella raccolta e analisi di un ampio numero di dati, dall’altro i talent acquisition leader sono sempre più portati a richiedere ai propri recruiter una prova della qualità delle metriche di assunzione, e questo sulla base di dati concreti, come per esempio le performance dei recenti nuovi assunti.

Come sempre accade quando c’è un’innovazione di tale portata, c’è anche un po’ di confusione, soprattutto per quanto riguarda i nuovi strumenti disponibili. Puoi illustrare i più interessanti?

Per aiutarvi a trovare il bandolo della matassa, vi propongo tre delle applicazioni più promettenti di “AI for recruiting”. La prima si chiama AI for candidate sourcing è una tecnologia che cerca online informazioni relative al profilo professionale delle persone (per esempio curriculum, portfolio o profili social media) per intercettare quei candidati passivi che possano rispecchiare i criteri di selezione.

In sostanza, qui parliamo di controllo della reputazione dei candidati. Hai nulla per la fase di selezione?

Sì, per le fasi di reclutamento che implicano grossi volumi, come quelli atti a coprire ruoli nel retail o customer service, la maggior parte del personale non ha il tempo necessario per passare al vaglio le migliaia di CV ricevuti per le posizioni aperte e serve quindi un aiuto. “AI for screening” è uno strumento ideato per automatizzare il processo di selezione dei CV dei candidati. Questa tipologia di screening software intelligente aggiunge funzionalità all’ATS (Application Tracking System) impiegando informazioni di post-assunzione, che riguardano per esempio prestazioni e turnover, in modo da creare una serie di “raccomandazioni” per l’assunzione di nuovi candidati.

In questo modo si può automatizzare un’attività ripetitiva e non fondamentale, consentendo ai recruiter di focalizzarsi su attività prioritarie. Che cosa mi dici invece del matching per trovare le corrispondenze migliori?

Trovare le corrispondenze migliori può divenire un compito ancora più arduo dei precedenti. Per questo segnalo “AI for candidate matching”. Gli algoritmi analizzano diverse fonti di dati – come per esempio tratti della personalità dei candidati, capacità e indicazioni legate a stipendio e package – per eseguire una valutazione automatica dei candidati in conformità con i criteri impostati.

Questo funziona anche su LinkedIn?

Certo, nella sostanza succede già: un’offerta di lavoro in LinkedIn mette in relazione le competenze della job description con quelle dei candidati sulla base di quanto indicato sui loro profili LinkedIn. I talent marketplace utilizzano algoritmi per trovare tali relazioni all’interno della loro comunità di candidati per le posizioni aperte.  Questi marketplace, in genere, soddisfano criteri specifici relativi alle competenze del candidato, come possono essere le capacità di sviluppo software o gli skill in area commerciale.

Insomma, il ruolo del recruiter sta cambiando: certamente molti automatismi possono essere delegati alle macchine, che fungono da suggeritori, ma la parte più difficile, e forse la più bella, quella del contatto e relazione e con i candidati, quella probabilmente non cambierà mai.