Articoli

Neuromarketing: 7 libri che devi assolutamente leggere

,

Al termine dei miei corsi di “Neuromarketing per la creazione di contenuti social” i partecipanti mi chiedono sempre come approfondire questi interessanti temi. Allora ho preparato un video per presentare, tra i tanti, quali sono i sette libri fondamentali:

I link Amazon

Ecco i link dei testi:

  1. Il codice della persuasione
  2. Design diabolico
  3. Pensieri lenti e veloci
  4. Neuromarketing in pratica
  5. Pre-suasione
  6. Don’t make me think
  7. Neuromarketing

Informazioni sul corso

Scrivimi per info sul corso di neuromarketing per la creazione di contenuti social

[VIDEO] Comunicazione digitale: dieci libri indispensabili (più uno)

Sono moltissimi i testi che si pubblicano ogni anno sulla comunicazione ma solo alcuni sono diventati dei classici o comunque aggiungono qualcosa di davvero sostanziale. Tre le decine, forse centinaia che ho studiato, ne ho scelti 10. Anzi 11 (alla fine del video scoprirai perché). Si parla di personal branding, marketing, neuromarketing, psicologia, Web writing, storytelling, public speaking e altro ancora. Buona visione e buona lettura.

PS: nel video ne cito un altro sui dieci libri che mi hanno cambiato la vita; lo trovi qui:

Checklist: perché e come farle

Per checklist si intende un elenco delle voci corrispondenti ai controlli da eseguire nelle varie fasi di operazioni complesse. Le uso da anni ormai, senza averne particolare coscienza (e non solo sul lavoro), ma dopo aver letto il libro “Checklist. Come fare andare meglio le cose” di Atul Gawande, medico statunitense, sono diventate un’ossessione.

La checklist di David Lee Roth

Gawande, nel suo libro, racconta diversi aneddoti. Mi ha particolarmente colpito ritrovare la storia dei Van Halen e delle M&M’s marroni. La storia, che avevo già sentito e letto più volte, è questa. I Van Halen sottopongono agli organizzatori dei concerti un contratto di centinaia di pagine, con decine di clausole. Tra queste il mitico articolo 126 recita:

L’intero show verrà immediatamente cancellato e la band riceverà il pieno compenso se nell’area di backstage saranno presenti M&M’s marroni.

Spesso si racconta questa storia per confermare il fatto che le rockstar siano capricciose, eccessive, ridicole. Gawande spiega invece che la clausola delle caramelline marroni era una sorta di trucco per vedere se la checklist delle cose da fare – molte delle quali potevano salvare delle vite – era stata letta davvero e completata tutta.

La fallibilità umana

Negli anni Settanta i filosofi Gorovitz e MacIntyre pubblicarono un breve saggio sulla natura della fallibilità umana. La domanda a cui cercavano di rispondere era semplice: perché sbagliamo quel che ci proponiamo di fare nel mondo? Non siamo onniscienti né onnipotenti: per quanto potenziate dalla tecnologia, le nostre facoltà fisiche e mentali sono limitate. Gran parte del mondo dell’universo è, e resterà, al di fuori della nostra comprensione e del nostro controllo.
Esistono però ambiti fondamentali in cui il controllo degli eventi è alla nostra portata. In questi ambiti possiamo fallire solo per due motivi: ignoranza e, peggio ancora, inettitudine. Occorre una strategia che si basi sull’esperienza, sfrutti il sapere acquisito e ponga rimedio alle nostre inadeguatezze umane. Questa strategia esiste, sostiene Gawande, ed è molto semplice: è una lista, una lista di controllo, una checklist.

Perché fare le checklist?

Una parte sostanziale del lavoro richiesto ai progettisti di software, ai manager finanziari, ai vigili del fuoco, agli agenti di polizia, agli avvocati e alla maggioranza dei medici (come Gawande) è troppo complessa per essere seguita semplicemente a memoria. Una lista di cose da fare o di controlli, quindi un elenco di voci da spuntare, può risolvere il problema. E salvare delle vite, come nel caso delle procedure che impongono la rilevazione dei parametri vitali (temperatura, pulsazioni, pressione e respirazione) per un paziente ospedalizzato.
Chiaramente non tutti i problemi sono uguali. Anzi, sono di tre tipi: semplici, complicati e complessi. I problemi semplici sono quelli del tipo: “preparare un dolce a partire dagli ingredienti” e possono essere risolti semplicemente con una ricetta (che, a pensarci bene, è una checklist!). I problemi complicati sono quelli del tipo: “mandare un razzo sulla luna”; in qualche caso i problemi complicati possono essere scomposti in problemi semplici, ma soprattutto vanno affidati a specialisti (nel libro si spiega perché nei cantieri non esiste più un solo capocantiere). I problemi complessi, invece, sono per esempio quelli tipo “crescere un figlio”, dagli esiti sempre imprevedibili; una volta imparato come si fa a lanciare un razzo sulla luna è possibile ripetere la procedura con altri razzi, ma questo non vale per i figli.

Checklist: prima o dopo?

Occorre sempre stabilire se la checklist serve per una verifica di un processo, quindi è un mero elenco da verificare dopo aver svolto i compiti, oppure se deve guidare a compiere delle attività, e quindi è un elenco di operazioni da fare (per esempio una “linea guida”). Nel secondo caso le operazioni vanno spiegate con semplicità ma nel dettaglio.
In entrambi i casi l’obiettivo è quello del miglioramento continuo, per questo possiamo richiamare il cosiddetto modello del ciclo di Deming (ciclo di PDCA) con le quattro fasi (plan – do – check – act: pianificare – fare – verificare – agire) che devono ruotare costantemente.

5 strumenti per creare le checklist

Arriviamo all’aspetto pratico: quali strumenti possono risultarti utili per creare delle checklist? Gawande ovviamente non ne fa cenno. Ci penso io!
Il primo tool, che uso assiduamente da anni, è Evernote. Mi permette di prendere appunti da ogni device e, tra le modalità di organizzazione di una nota, presenta anche quella con caselle di controllo. Tra l’altro Evernote fornisce anche dei template gratuiti, come per esempio quello utilissimo delle checklist per i viaggi d’affari (qui).
Posto che le checklist possono essere creare anche con programmi di videoscrittura come Microsoft Word (vedi la guida qui), preferisco segnalarti qualcosa di più appetitoso. Il secondo strumento, gratuito, è WorkFlowy: permette di creare delle check list in cloud che possono essere condivise con i colleghi. Altri strumenti molto utili per creare checklist sono Trello (task manager che sta spopolando nelle aziende e che uso anche io con grande soddisfazione!) e il superprofessionale Process Street (ottimo l’elenco delle checklist già pronte: qui). Un tempo andava parecchio Wunderlist, ma ora non è più disponibile (qui diverse alternative di software per il project management).

A me capita di usare le checklist in mille occasioni. Per esempio al termine del mio corso sull’uso strategico di LinkedIn regalo una checklist con 15 cose da fare per ottimizzare il tuo profilo. Tu usi le checklist? Vuoi suggerirmi altri strumenti o trucchi? Scrivimi:

Job War: l’intervista per Letture.org

Lo scorso 5 febbraio sono stato contattato dalla redazione di Letture.org che mi ha chiesto un’intervista sul libro Job War. Quelle che seguono sono le domande e risposte dell’intervist pubblicata qui.

Dottor Bonanomi, Lei è autore del libro Job War. Strategie e tattiche di ricerca del lavoro nella sfida tra Millennial e Over 40 edito da Ledizioni: la ricerca del lavoro è una guerra?
Job War. Strategie e tattiche di ricerca del lavoro nella sfida tra Millennial e Over 40, Gianluigi BonanomiC’è chi dice che la ricerca del lavoro sia un lavoro. Io e David Buonaventura (il coautore di Job War, nonché ideatore del metodo Colloquio Diretto) l’abbiamo immaginata come una guerra. Da pacifisti, è chiaramente una metafora, anzi una serie di metafore: nel libro parliamo di strategie, tattiche, posizionamento, attacco, rifornimenti e così via.

Come è possibile trovare lavoro ai tempi della crisi e del Web?
In due modi: con il posizionamento – è il lavoro a cercare te – e con la candidatura diretta; meglio se si saltano a piè pari le società di selezione. Nel libro io e David ci siamo divisi i terreni di… scontro. La mia parte è quella che parla della preparazione per la candidatura, con una strategia di posizionamento che dimostri autorevolezza. Quella di David, tramite il suo metodo, riguarda la proposizione diretta al responsabile della selezione.
In gergo guerresco si parla di manovra a tenaglia, ma possiamo immaginare il sistema Job War come un prima e un dopo, una preparazione e una finalizzazione. Servono entrambe le fasi, non puoi persuadere se non hai fatto opera di pre-suasione. Questa espressione l’ho presa a prestito da Robert Cialdini, il guru della persuasione, il cui testo degli anni Ottanta è presente sui comodini di tutti quelli che si occupano di comunicazione e di vendita; prima Cialdini parlava solo delle tecniche di persuasione (ne trattiamo, nel libro), nel 2017 invece è uscito con un testo sulla pre-suasione (sta per “precedente persuasione”): tutta la parte che viene prima, di preparazione o condizionamento.

In che modo è possibile costruire la propria credibilità?
Vi siete cercati con Google? Che cosa salta fuori? Dopo aver guardato il vostro CV per nove secondi – questo dicono le statistiche – i recruiter vogliono sapere chi siete davvero: professionalmente, e allora vanno su LinkedIn; e personalmente, quindi vanno su Facebook o su altri social generalisti. Meglio farsi trovare al meglio, anche con contenuti che dimostrino le vostre competenze e autorevolezza. Il modo migliore per dimostrare la propria credibilità è investire sui contenuti: da ex giornalista che punta forte sul personal branding ne sono profondamente convinto.

Quanto è importante il proprio posizionamento online?
Attualmente mi occupo di formazione, anche sui temi del lavoro, e di marketing, in particolare di content marketing, detto anche inbound marketing. Quel è la differenza tra inbound e outbound?

Faccio un esempio. State cenando in famiglia, squilla il telefono, numero sconosciuto: “Pronto, sono Mario di ChiamateMoleste Srl, la disturbo per chiederle quale operatore telefonico usa attualmente…”. La solita chiamata di uno sconosciuto per vendere qualcosa. Questo, in gergo marketing, si chiama “outbound marketing”, dove “outbound” sta per “in uscita”. In particolare queste chiamate sono definite “a freddo” perché il cliente non ha la più pallida idea di chi lo stia contattando, né perché. Questo tipo di marketing, ancora in uso, non funziona praticamente più.

Immaginate, invece, quest’altro scenario. State cenando in famiglia, mentre discutete con coniuge e figli in merito alle prossime vacanze, nasce la discussione su dove andare in vacanza con il cane. Non ne avete la più pallida idea, allora lo cercate con Google: “campeggi animali ammessi”. Spulciate tra i risultati, trovate l’articolo di un blog che elenca e commenta le migliori soluzioni per famiglie con “amici a quattro zampe”. Il blog è di una catena di camping, trovate un modulo dove lasciare il contatto per essere contattati e ricevere un’offerta. Il giorno dopo vi chiama un addetto e vi dà tutte le informazioni che cercavate. Questo, in gergo marketing, è chiamato “inbound marketing” o “content marketing”. “Inbound” perché, al contrario di outbound, il contatto del cliente è “in entrata”, non più a freddo ma stavolta a caldo. “Content marketing” perché si sfruttano i contenuti per attirare i clienti.
Che cosa c’entrano inbound e outbound quando si parla di ricerca di lavoro? Una tecnica outbound è l’invio del curriculum a un responsabile del personale, una inbound è pubblicare un articolo su LinkedIn in modo da attirare l’attenzione del potenziale datore di lavoro…

In che modo è possibile individuare l’azienda e le persone a cui rivolgersi?
Esistono diversi modi per trovare un’azienda papabile. Posto che due lavori su tre, in Italia, si trovano per conoscenze (e quindi il primo suggerimento è quello di lavorare sul networking, e qui torno ancora a suggerire un investimento su LinkedIn), esiste sempre la possibilità di sfruttare la Rete per trovare delle opportunità di lavoro. Consiglio sempre di attivare delle “job alert”, avvisi di nuove posizioni lavorative aperte, su siti con candidature, come Monster, o motori di ricerca, come Infojobs. Ma prima ancora occorre lavorare direttamente alla fonte, tenendo d’occhio le pagina “Lavora con noi” o, meglio, inviando candidature spontanee. Perché inviare una candidatura se l’azienda non cerca? Perché quando cercherà partirà dal database interno: perché dovrebbe pagare terzi per una offerta pubblica, che gli costa centinaia di euro se non di più, se può risparmiare?

In generale, una volta individuata l’azienda, occorre fare due cose. Verificare che l’azienda sia sana, e per questo non serve una visura camerale: spesso basta una ricerca con Google affiancando il nome della ditta alle parole “crisi”, “sindacati”, “solidarietà” e così via. Seconda cosa: trovare il referente giusto a cui scrivere usando, ancora una volta, LinkedIn: perché scrivere alle risorse umane se possiamo dialogare direttamente con il responsabile di reparto che ha bisogno di voi?

Quali sono i consigli migliori per imporsi nella competizione per il posto di lavoro?
Studiate. Studiare per rafforzare le soft skill visto che, come dimostro nel libro, anche le competenze trasversali si possono allenare. Le soft skill, nell’attuale mercato del lavoro, contano più delle hard skill: una competenza tecnica si può sempre recuperare con un corso, un’attitudine meno.
Ma anche studiate il vostro settore, ambiente, le aziende dove volete andare a lavorare; non avete idea di quante persone si presentino ai colloqui (se si presentano…) senza nemmeno sapere che cosa fa l’azienda.

Altra dritta fondamentale. Un sacco di persone mi domandano come mai mandano centinaia di CV e non trovano mai risposta. Ovvio, rispondo loro: mi stupirei se rispondesse qualcuno. Mandate lo stesso identico CV al pizzicagnolo sotto casa e alla Apple. Non può funzionare. CV e lettera di accompagnamento, ormai una mail, sono strumenti di comunicazione. Ma non serve per parlare di sé: occorre comunicare al datore di lavoro potenziale che voi siete la riposta ai loro problemi. In questo caso sono come lettere di vendita.

Potete acquistare Job War direttamente da Amazon:

Internet delle Cose: 10 esempi incredibili (ma veri)

,

Grazie all’“Internet delle cose”, forno e frigo potranno comunicare tra loro. Per sparlare della lavatrice.

Chiamata IoT, Internet of Things, Internet delle Cose o come ti pare, la notizia è che tu, essere umano connesso alla Rete, sarai in minoranza. La gran parte degli oggetti che ci circonda, o che ci stanno addosso, saranno collegati a Internet e tra loro. D’accordo, un vecchio white paper di Cisco aveva toppato: diceva che 50 miliardi di oggetti più o meno intelligenti sarebbero stati connessi già dal 2015. Eppure il trend è chiaro, e lo racconta benissimo un bel libro che ho letto di recente: “Come usare al meglio l’Internet della Cose” (Tecniche Nuove), scritto da Martina Casani – esperta di marketing B2B, cloud, sharing economy e ovviamente IoT – e Marcello Majonchi – esperto IoT di Microsoft.
Il libro è ben scritto, approfondito ma soprattutto riporta un sacco di esempi interessanti. Ne ho scelti 10, per dimostrare che, numeri a parte, l’IoT è già una realtà consolidata.

1. La coda delle mucche è IoT

Moocall è un gadget irlandese che avvisa gli allevatori quando le mucche iniziano il travaglio. Si aggancia alla coda della mucca.

2. La macchina del caffè connessa

Grazie alla piattaforma Plat.One di Abo.Data e alla Cloud Azure di Microsoft si è sviluppata una soluzione che permette di monitorare le macchine del caffè a uso professionale con una serie di vantaggi sotto il profilo della qualità, della manutenzione predittiva e dell’accesso a nuove informazioni di marketing. A questo proposito, è possibile monitorare, a livello mondiale e in tempo reale, il consumo di determinati prodotti in determinate aree geografiche o in determinati orari.

3. Il copri-materasso intelligente

Prodotto di una start-up italiana, Eight è il coprimaterasso “intelligente” che analizza i dati del nostro sonno (temperatura, frequenza respiratoria, battito cardiaco…) e ci rimanda via app i consigli su come dormire meglio.

4. La valigia connessa

Bluesmart è la prima valigia intelligente del mondo: si pesa da sola, conosce la propria posizione, ricarica smartphone e tablet e si sblocca con un’app.

5. Il caschetto che previene gli incidenti sul lavoro

Nel settore ingegneristico, l’azienda O’Rourke ha adottato caschetti intelligenti che controllano la temperatora e la frequenza cardiaca dei portatori così come la temperatura e esterna e l’umidità.

6. Il sofà intelligente

Lift-Bit è un sistema di arredo modulare e riconfigurabile con il movimento delle mani e via app. Sfrutta Internet delle cose per consentire agli sgabelli esagonali imbottiti, che si alzano e si abbassano a comando digitale, di assumere varie forme. Lift-Bit può avere la funzione di poltrona, sedia, divano, chaise longue o letto.

7. Il lampione smart

La startup rumena Flashnet ha sviluppato un sistema che permette di gestire in modo più efficiente l’illuminazione pubblica. Attraverso un modulo connesso a una rete wireless e montato su un lampione, per esempio, il sistema permette di accendere e spegnere la luce o regolarne l’intensità da remoto. Il dispositivo può anche memorizzare una pianificazione automatizzata per l’illuminazione, in modo che non ci siano malfunzionamenti se si interrompe il collegamento wireless.

8. Giacche da sci interattive

Sui capi DKB vi è un sensore che garantisce l’autenticità e dà ai consumatori, tramite app, anche le istruzioni per l’uso e la manutenzione. Tutto questo consente anche di aprire un canale di comunicazione e marketing diretto.

9. Smart wine

Wenda è un dispositivo elettronico che può essere inserito sia sul collo della bottiglia di vino per un monitoraggio uno-a-uno, che posizionato all’interno del pallet, così da controllare una spedizione intera. Ma soprattutto il dispositivo comunica le caratteristiche del vino.

10. Maiali col tag

L’Azienda Agricola Ca’ Lumaco è specializzata nell’allevamento dei suini che vivono allo stato brado, nel bosco, in uno spazio di circa 18 ettari, cibandosi di ghiande e castagne e altri prodotti provenienti da agricolture biologiche. La soluzione tecnologica adottata consente di tracciare i suini all’interno dell’azienda grazie a un tag RFID auricolare, dove è memorizzato un codice che identifica univocamente l’animale. Dall’altro, grazie a un sistema di videocamere installate in sala parto, il sistema si integra a un sistema di videosorveglianza che consente un controllo da remoto dei capi nei vari box. Su un display sinottico l’operatore può verificare in tempo reale la situazione dei capi nel macello, le presenze in sala parto e le altre immagini provenienti dalle videocamere, con un notevole risparmio di tempo e un significativo aumento dell’efficienza generale.

Nel libro di Casani e Majonchi, M&Ms, trovi moltissimi altri esempi, insieme ad analisi, studi, scenario attuale e future o ogni altra implicazione dell’IoT. Puoi acquistare il libro su Amazon:

Cercare lavoro: come sfruttare le leggi del marketing

Il marketing, come qualsiasi disciplina umana, ha delle regole. Discutibili, “deperibili”, forzate se volete, ma delle regole ci sono. Prendete per esempio le 22 immutabili leggi del marketing di Al Ries e Jack Trout: è vero che si tratta di un testo con le rughe, ma alcune verità possono essere riconosciute ancora come attuali. La mia sfida, qui, è quella di applicare alcune di quelle leggi (cinque o sei su 22) alla ricerca del lavoro, come se il prodotto o servizio da piazzare sul mercato fossi tu.

  1. La legge della leadership e della categoria

Questa legge è per molti spiazzante: è preferibile essere i primi e non i migliori. Eppure molti continuano a puntare sulla qualità del prodotto, sul confronto con i competitor, sul benchmarking e non sul posizionamento – parola per me chiave. Per dire: chi si ricorda il nome del secondo aviatore che ha fatto la traversata dell’Atlantico?

Come tradurre questo in campo lavorativo? Se non puoi essere il primo di una categoria, inventatene una nuova in cui diventarlo. Nel 1934 Joseph Lamberth pubblicò il primo libro sul cake design e creò un metodo, che si chiama “metodo Lamberth”.

  1. La legge della focalizzazione 

L’essenza del marketing è restringere la focalizzazione: non puoi rappresentare una cosa specifica se insegui tutto. C’è un vecchio modo di dire inglese che recita: “Jack of all trades and master of none”, che si può tradurre con “esperto di tutto, maestro di niente”. Sempre più persone invece perdono la focalizzazione e disperdono le energie su più fronti, tanto che la studiosa canadese Emilie Wapnick ha coniato il termine “multipotenziale” proprio per indicare una persona con molti interessi e occupazioni creative. È una persona che posta di fronte alla domanda: “Che cosa vuoi fare da grande?”, prova disagio. È una persona che si appassiona per un periodo a una determinata attività, illudendosi per un momento di aver trovato la propria vocazione, fin quando la parabola si consuma e la noia sopraggiunge. Puoi guardare la conferenza Ted di Emilie e questo indirizzo: bit.ly/Wapnick.

  1. Legge del sacrificio

Questa legge si lega alla precedente: bisogna rinunciare a qualcosa per ottenere qualcosa. Il mondo del lavoro, così come quello degli affari, è popolato da grandi generalisti altamente diversificati e piccoli specialisti estremamente focalizzati. Il generalista di solito è debole, la nicchia spesso vince. Parliamo anche di mercato: chi l’ha detto che devi risultare interessante per tutti? Coca-cola stravinceva e allora Pepsi si è concentrata sui giovani: si parlava infatti di Pepsi generation.

  1. La legge della sincerità

Se ammetti una qualità negativa, il cliente potenziale ne riconoscerà una positiva. Ammettere un problema va contro la natura umana e aziendale. Uno dei modi più efficaci per entrare nella testa del cliente potenziale è invece ammettere un fatto negativo e trasformarlo in qualcosa di positivo. Avis, per esempio, era la numero due nel mercato del noleggio auto. L’ha ammesso e ha trasformato questo handicap in un punto di forza: è vero, siamo in numeri due ma proprio per questo ci metteremo ancora più impegno.

 

  1. La legge dell’imprevedibilità.

Non è possibile prevedere il futuro, ma occorre farsi un’idea di quali saranno le tendenze del mercato, in modo da trarre profitto dal cambiamento. Altro errore è pensare che il futuro sarà una replica del presente. La soluzione per gestire l’imprevedibilità? La flessibilità e la formazione continua: lavori che oggi paiono ormai consolidata, come il social media manager e il brand reputation manager, dieci anni fa non esistevano e, chissà, fra dieci anni non esisteranno più.

EXTRA La legge del fallimento. Il fallimento va messo in conto, va accettato. E, all’americana, va visto come un’opportunità.

Puoi acquistare il libro di Al Ries e Jack Trout qui:

10 libri che ho citato in “Non mi piace – Il contromanuale di Facebook”

,

In questa pagina raccolgo alcuni dei titoli che ho citato nel libro “Non mi piace – Il contromanuale di Facebook”.

1) Ippolita – Nell’acquario di Facebook

2) Paolo Magrassi – La good-enough society. Sopravvivere in un mondo quasi ottimo

3) Zygmunt Bauman – Modernità liquida

4) Sherry Turkle – La vita sullo schermo

5) Cory Doctorow – Down and Out in the Magic Kingdom

6) Johnny Long – L’hacker della porta accanto

7) Maura Franchi e Augusto Schianchi – Scegliere ai tempi di Facebook

8) Riccardo Scandellari – Fai di te stesso un brand

9) Reynaert e Brocvielle – Il kit del 21° secolo

10) Chiara Cini – Facebook per tutti. Guida per divertirsi in sicurezza

“Quando i libri vanno in Rete” di Claudia Consoli

Questo pratico libro (117 pagine, 9,90 euro), edito da “Editrice bibliografica” (collana I libri di Wuz) e scritto dalla blogger di CriticaLetteraria Claudia Consoli, rappresenta un ottimo strumento per comprendere il rapporto libri-Internet. Partendo dai soggetti che proficuamente possono sbarcare sul Web (non solo autori e lettori: anche editori, bibliotecari, librai e lit blogger), si analizzano tutti gli strumenti e le opportunità di interazione, social compresi. E non solo quelli verticali come aNobii e Zazie: Twitter per parlare coi fan, Instagram per svelare i dietro le quinte degli eventi, Facebook e Pinterest per far circolare immagini e citazioni, YouTube per far sì che i protagonisti del mondo letterario ci mettano la faccia.
Non mancano le “best practice”: dai tweet letterari di @twitteratura alle strategie social di Penguin, dai video de “La stanza dell’editor” di Mondadori alla pagina Facebook di Libreriamo. Completano il libro molte interviste interessanti (per esempio Libreria Open di Milano (ci sono stato: davvero un bel posto!), BookRepublic e ISBN Edizioni). Non mancano le sorprese: ammetto che non conoscevo l’app Hi (per creare una mappatura narrativa del mondo) e Whims (l’Insagram delle parole).
Buona lettura, in tutti i sensi.

Compralo su Amazon:

10 libri indispensabili per capire la tecnologia

Nel corso di questi anni ho letto e recensito moltissimi libri ed eBook a tema tecnologico. Ho deciso di selezionare i dieci, saggi e manuali, che secondo me non dovrebbero mancare nella libreria di chi vuol comprendere la tecnologia e i suoi più recenti sviluppi, anche in ambito business.

1. La coda lunga – Chris Anderson
Il libro che spiega come cambiano i mercati con l’esplosione del digitale.

2. La quarta rivoluzione – Gino Roncaglia
Per chi vuole capire il fenomeno eBook.

3. Fai di te stesso un brand – Riccardo Scandellari
Tutti – non solo chi lavora in Rete – devono comprendere che cos’è il personal branding.

4. Steve Jobs – Walter Isaacson
La biografia autorizzata del fondatore di Apple, una (controversa) leggenda del nostro tempo. Evitate pure il film.

5. Manuale del buonsenso in Rete – Alessandra Farabegoli
Fare business senza usare la Rete non è più possibile.

6. La fisica del futuro – Michio Kaku
Guardare al futuro per capire il presente. Testo interessantissimo.

7. L’estinzione dei tecnosauri – Nicola Nosengo
Una carrellata degli oggetti non più in uso perché obsoleti. Quali saranno i prossimi?

8. Le nuove professioni del Web – Giulio Xhaet
Quali saranno i mestieri che faremo nel prossimo futuro?

9. Social Media ROI – Vincenzo Cosenza
L’importanza dei social media nel business.

10. Upgrade your life – Gina Trapani
Tanti piccolo e grandi trucchi per migliorare la propria vita digitale.

Questa lista, come tutte le liste, è ovviamente parziale. Quali altri libri aggiungereste?

Le mie interviste per il sito Ecoista.it

,

Ecoista

A settembre uscirà il mio prossimo libro: “Non mi piace – Il contromanuale di Facebook” per Ledizioni – LediPublishing. Ne ho anticipato alcuni temi (soprattutto che cosa NON fare su Facebook) in una chiacchierata con il sito Ecoista.it. Scarica le tre interviste in un unico PDF.