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[VIDEO] I topi di Hanoi e il Linkedin comment marketing

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In questo video parto dalla leggendaria storia delle code dei topi di Hanoi per parlare di metriche sbagliate e, con un bel salto altrove, di come generare valore su LinkedIn sfruttando i commenti sotto i post altrui (comment marketing). Buona visione:

Cultura e digitale: come i classici e il pop aiutano a capire Web e social

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La foto perfetta per il profilo social con Profile Pic Maker

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Avere una foto sul proprio profilo social è diventata ormai un’esigenza. È un po’ come avere un logo personale, un biglietto da visita. Una foto è soprattutto “qualcosa” di magico che facilita il contatto tra le persone, regalando un po’ di umanità a tutti quegli account digitali che vengono utilizzati per qualsiasi servizio o tipo di comunicazione. D’altronde, avere un profilo con una foto professionale può giovare non poco alla tua carriera lavorativa specialmente su una piattaforma come LinkedIn, così come uno scatto perfettamente riuscito può farti incontrare l’amore della vita in un sito/app di appuntamenti. Facebook, WhatsApp, Twitter, Telegram, TikTok, Instagram, Zoom, Google Meet, Microsoft Teams e tutti gli altri social network per essere sfruttati al 100% richiedono a gran voce una foto da implementare nel proprio profilo. Considerando che il cervello umano tende a elaborare le informazioni visive 60.000 volte più velocemente del testo, si tratta di una scelta è praticamente obbligata.

Il vantaggio di avere una foto in un profilo

Una foto professionale su un profilo di LinkedIn, per esempio, deve conferire autorevolezza, competenza e infondere fiducia a chi la osserva. Perché la prima impressione, nella maggior parte dei casi, è quella che fa la differenza. I numeri, poi, non mentono mai: i profili con una foto ricevono 14 volte più visualizzazioni di quelli senza. Inoltre, aggiungendo una foto professionale al tuo profilo LinkedIn hai 36 volte più probabilità di essere contatto da un recruiter o da un’azienda. È chiaro che la piattaforma che si utilizza fa la differenza: per esempio, su un social network come LinkedIn si tende a inserire nel profilo una foto che ritrae il soggetto con un look professionale; su Facebook invece la maggior parte delle persone pensa a condividere delle immagini rubate alla propria sfera privata. Questo è un errore da non fare: spesso ci si dimentica che i vari WhatsApp, Telegram o Facebook vengono usati anche in ambito lavorativo, per cui avere una foto del profilo che ti ritrae al mare circondato da bellezze in topless o in discoteca mentre balli può essere controproducente. Purtroppo, in un mondo sempre più digitalizzato è diventato maledettamente difficile riuscire a separare la propria vita lavorativa da quella privata. Questo discorso non vale solo per i personaggi pubblici o per quelli che ricoprono cariche istituzionali, vale anche per un giovane neolaureato che sta cercando di costruirsi un’immagine professionale. Per evitare qualsiasi tipo di problema, ti consiglio di utilizzare dei profili diversi (con foto diverse) in base alle tue esigenze lavorative e private.

Come scattare la foto da inserire nel profilo

Quando si conosce una persona in ambito professionale (e non solo) si ha la tendenza a cercare su un normale motore di ricerca informazioni del tipo “chi è”, “cosa fa”, “chi sono i suoi amici” e altro ancora. Per questo motivo è importante farti trovare nei risultati in Google con una immagine/foto adeguata e che possa mettere in risalto la tua professionalità, perché dimostrando di aver cura di te stesso è un po’ come se lo facessi con un potenziale cliente.

Quindi, se non disponi di una foto con questi requisiti puoi sempre scattarne una: devi realizzare un’immagine di qualità, con buona illuminazione (niente sfocature) e in alta risoluzione. Serve una foto “identificativa” che possa trasmettere agli altri un’impressione positiva di te stesso: sono assolutamente da evitare gli scatti datati o con qualche filtro particolare, meglio puntare su un look attuale che possa rappresentare chi sei tu oggi.

È importante che la foto sia occupata per almeno un 50%, anche più, dal tuo viso. Sono banditi cappellini, occhiali da sole e altri accessori/elementi che possano distogliere l’attenzione dalla tua faccia. È meglio mostrarsi a volto scoperto e in posizione frontale rispetto all’obiettivo. Da evitare, poi, l’inserimento di oggetti, animali domestici, amici, fidanzate (i profili di coppia sono banditi) e qualsiasi altra cosa ti venga in mente ti aggiungere. Come dice il proverbio, “meglio soli che male accompagnati”.

I consigli per realizzare lo scatto perfetto

Quali regole devi seguire per valorizzare il tuo viso senza correre il rischio di snaturare il tuo aspetto? Quale look devi scegliere per essere assolutamente credibile? Tanto più è professionale la piattaforma per cui devi scegliere la foto del tuo profilo, quanto più il tuo look dovrà essere adeguato al contesto. Un completo classico, per esempio, può essere la scelta ideale per la foto del profilo di un avvocato, mentre un tailleur è perfetto per una donna d’affari e così via. Sia per uomini, sia per donne sono sconsigliati indumenti che possano mettere in dubbio ogni credibilità professionale, mentre è consigliabile puntare su tinte unite (nero e blu scuro) prediligendo maniche lunghe e camicie.

Dopo aver scelto il look perfetto devi prestare attenzione allo sfondo della tua foto: scegline uno neutro, possibilmente chiaro. Puoi selezionare anche uno sfondo diverso come un ufficio, una stanza, una biblioteca o un locale: tutto deve essere illuminato in modo adeguato e, soprattutto, deve essere ordinato. La luce è l’elemento chiave in un ritratto e basta variare leggermente l’angolazione per avere degli effetti diversi.

La teoria dei neuroni specchio suggerisce che gli altri sono condizionati dal nostro atteggiamento, quando ci guardano. Se sbadigli, sbadigliano. Se startutisci, starnutiscono. Per quanto riguarda l’espressione del tuo viso, quindi, cerca di mantenere un atteggiamento rilassato e spontaneo (senza esagerare!) e sorridi, mostra un po’ di denti! Da evitare una risata sguaiata (meglio sorridere con gli occhi!) o un atteggiamento troppo serioso. Un altro consiglio da seguire è quello di guardare dritto in camera, evitando possibilmente gli autoscatti: meglio farsi aiutare da un amico o un famigliare per scattare la foto.

Se hai la possibilità, affidati a un fotografo professionista che troverà la posa giusta per mettere in risalto i tuoi tratti (si chiama “fotogenia”), oltre a disporre di tutto il necessario (attrezzatura, set e altro). La foto può essere scattata in studio ma anche nel luogo di lavoro oppure in una suggestiva location.

È importante realizzare un’immagine che si adatti al contesto (la piattaforma dove verrà pubblicata) e usare sempre lo stesso scatto per ogni profilo social permette di non essere scambiati per un’altra persona in caso di omonimia. Per questo motivo ti suggerisco, al contrario di quello che fanno molti utenti, di non cambiare troppo spesso l’immagine che usi nei profili social.

Questa è la foto LinkedIn del vecchio Zio Bill (quello che ha creato la pandemia con dentro il 5G), mi pare un ottimo esempio:

Profile Pic Maker è perfetto per creare la foto del tuo profilo

Dopo aver capito come realizzare lo scatto perfetto per il tuo profilo, è arrivato il momento di inserirlo. Ogni foto può essere modificata nella dimensione che desideri, migliorata e persino personalizzata. Sono disponibili in Rete diversi servizi e programmi per fare ciò: alcuni sono gratuiti, altri sono a pagamento. Uno dei più utilizzati è Profile Pic Maker, un programma gratuito semplice da usare e piuttosto versatile che vanta più di 1.5 milioni di utenti iscritti in tutto il mondo e più di 15 milioni di immagini realizzate per profili (quelle generate sono più di 85 milioni!).

Profile Pic Maker (l’app non è ancora disponibile!) è lo strumento ideale per creare la foto perfetta per il tuo profilo e che puoi condividere su qualsiasi piattaforma social, chat, curriculum o dove vuoi.

Foto professionali con due clic

Come detto precedentemente, tutto quello che devi fare è inserire la foto che hai scattato o quella che vuoi utilizzare per il tuo profilo. L’immagine dev’essere in formato .jpg o .png (se non lo è puoi convertirla in quei formati) e non deve superare il limite di 5 Mb. Per inserirla basta trascinarla nel programma o cliccare sull’icona a forma di “+”. Una volta aggiunta, l’Intelligenza Artificiale studia l’immagine e provvede a togliere in modo automatico lo sfondo. Lo strumento di rimozione dello sfondo è piuttosto efficace e anche se per ottenere risultati migliori è fondamentale caricare una foto di ottima qualità, con una buona illuminazione e assicurandosi che la testa non sia tagliata ai bordi dell’immagine.

Una volta scontornata l’immagine il programma permette di modificare lo sfondo: in che modo? Profile Pic Maker mette a disposizione una serie di colori, ombre e filtri per realizzare la foto che desideri. Il programma è semplice da usare e soprattutto offre una versatilità unica: infatti, puoi realizzare un’immagine dall’aspetto professionale partendo persino da un semplice selfie. Profile Pic Maker, infatti, riesce a fare questo e molto altro: per esempio, può creare delle fantastiche immagini partendo anche da una vecchia foto, da uno scatto con il tuo fedele amico a quattro zampe o con un gruppo di tuoi amici. E, soprattutto, riesce a creare qualcosa che possa mettere in evidenza il tuo profilo LinkedIn, YouTube, Instagram o qualunque sia. Il programma permette anche la creazione di emoji personalizzate, che possono far comodo su vari Instagram, TikTok e compagnia bella.

Se cerchi un programma che possa migliorare la foto del tuo profilo, Profile Pic Maker è senza dubbio la scelta ideale. Bastano davvero un paio di clic per far guadagnare autorevolezza al tuo profilo di LinkedIn e dare una svolta alla tua carriera lavorativa.

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I KPI di LinkedIn per profili privati e aziendali: come individuarli e misurarli

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Quando si effettua una qualsiasi azione – che si tratti di comunicazione, vendite, ottimizzazione processi – è fondamentale definire una serie di indicatori così da poter misurare l’efficacia della strategia in ogni momento. Questi indicatori sono definiti KPI, acronimo di Key Performance Indicator: sono uno strumento fondamentale all’interno di qualsiasi strategia aziendale, anche quando facciamo personal branding su LinkedIn, o quando vogliamo promuovere la pagina aziendale.

Ma quali sono gli indicatori da tenere sott’occhio? Questo dipende dai risultati che desideri ottenere e di conseguenza se il tuo obiettivo è promuovere la brans awareness della tua azienda: saranno differenti da quelli che ti porresti nel caso il risultato desiderato fosse ottenere un numero maggiore di lead. Di seguito vedrai quali utilizzare a seconda delle tue necessità.

I KPI non sono il risultato finale

Mi è capitato molto spesso di incontrare persone che confondevano i KPI con l’obiettivo finale, un errore grossolano ma molto diffuso. Per dire, se lo scopo ultimo di una campagna di marketing è quello di trovare nuovi clienti per l’azienda, il KPI non saranno i clienti portati. Quello, appunto, è il risultato finale.

I KPI sono degli indicatori intermedi che ti aiutano a comprendere se l’approccio che stai seguendo sta funzionando ed è in linea con le attese nelle varie parti del funnel. Ti faccio un esempio pratico: se stai cercando clienti, avrai impostato un funnel di marketing.

Un esempio potrebbe essere quello di realizzare un ebook su uno specifico argomento e promuoverlo su LinkedIn tramite un post sponsorizzato che rimanda a una tua landing page dove dovranno lasciare l’e-mail prima di poter scaricare il premio. I KPI in questo caso sono differenti a seconda delle varie fasi nel funnel: prima di tutto, quanti vedono l’annuncio. Il passo successivo da misurare è quante persone fra quelle che l’hanno visto hanno cliccato sul link. Muovendoci ancora nel funnel avremo un altro indicatore: quanti di quelli che sono andati sulla pagina di destinazione hanno poi lasciato l’e-mail?

Sono tutti necessari? Assolutamente sì, è il motivo è facile da comprendere: se ti poni obiettivi specifici in ogni fase, potrai capire dove la tua strategia funziona e dove invece ci sono intoppi, fatto che ti aiuterà a ottimizzare ogni passaggio del funnel e – in ultimo – a ottenere un numero maggiore di clienti E, soprattutto, a individuare i problemi principali: se molte persone vedono l’annuncio ma ci clicca sopra una percentuale molto bassa, diciamo inferiore al 2%, allora c’è qualche problema nel messaggio, che potrebbe essere poco chiaro o poco invitante. In tal caso, dovresti cercare di migliorare il testo, l’immagine o la CTA (Call to Action).

Se al contrario sono in tanti a visitare la landing page ma nessuno ti lascia l’e-mail, il problema è nella pagina di destinazione: forse la CTA non è messa nella giusta evidenza, o forse quello che stai promettendo in questa pagina non coincide con l’annuncio iniziale. Se per esempio hai parlato di un manuale su come ottimizzare i processi nell’ambito delle HR e poi nella landing inserisci un white paper sull’IoT in ambito industriale, è normale che nessuno ti dia i propri dati di contatto. Certo, ti ho portato un caso estremo ma molto spesso succede che nel ciclo di mille revisioni, i vari testi vengano a volte modificati tanto da arrivare a non rispecchiare più l’intento iniziale. Avere impostato dei KPI per ogni passaggio ti aiuta a isolare le cause e capire cosa, nello specifico, non sta funzionando.

KPI per il social selling sul profilo LinkedIn privato: quali sono quelli da tenere d’occhio?

Se vuoi usare il tuo profilo LinkedIn per fare networking e trovare nuove opportunità di business, l’obiettivo finale sarà quello di migliorare il tuo Social Selling Index (SSI). Si tratta di un indicatore messo a disposizione di LinkeIn che ti aiuta a comprendere il “valore” del tuo profilo dal punto di vista del social selling. Andando a questo indirizzo e loggandoti con il tuo account LinkedIn, potrai ottenere un punteggio sulla base di una serie di parametri oggettivi. Come tutti i punteggi, non è un Vangelo e va preso con le pinze: non devi impazzire ore per ottenere un punteggio leggermente superiore (che in ogni caso continuerà a oscillare col tempo), ma devi sfruttare questo strumento per capire i punti di forza e di debolezza del tuo profilo.

Il Social Selling Index si basa su quattro componenti, che puoi considerare come i 4 KPI chiave:

  • Creare il brand professionale
  • Trovare le persone giuste
  • Interagire con le informazioni rilevanti
  • Costruire relazioni

LinkedIn ti offrirà anche dei suggerimenti su come migliorare ognuno di questi parametri. L’ideale è partire da quello in cui hai ottenuto il risultato peggiore e poi migliorare anche gli altri. Vediamo come fare partendo dall’esempio che vedi nell’immagine qui sotto.

Iniziamo dal punteggio peggiore: interagire con informazioni rilevanti. Il suggerimento che offre LinkedIn è piuttosto generico: “Scopri e condividi aggiornamenti rilevanti per creare relazioni e rafforzarle”. Nella pratica, significa che se devi migliorare questo parametro, devi contribuire maggiormente, scrivendo più post, sia nella tua timeline sia su Pulse, la piattaforma di blogging di LinkedIn, ma anche nei gruppi di discussione. Del resto, è evidente: puoi essere il miglior professionista del mondo, ma se non pubblichi nulla, nessuno potrà mai saperlo. Fondamentalmente, quindi, armati di pazienza, prepara un piano editoriale e inizia a pubblicare qualcosa, ovviamente in tema con il tuo lavoro.

Il secondo aspetto da migliorare nell’esempio che ti ho fatto è “Trovare le persone giuste”. Fondamentalmente, cerca di sfruttare al meglio gli strumenti che LinkedIn ti mette a disposizione per trovare lead e prospect, a partire dalla ricerca dei profili. Considera che coi profili “normali”, quelli NON a pagamento, avrai un numero di ricerche mensili limitato, ma comunque sufficiente ad espandere notevolmente la tua rete. Inizia a sfruttare gli strumenti gratuiti, però, non avere fretta di passare a un account a pagamento. Quando avrai preso la necessaria confidenza e sentirai la necessità di espanderti ulteriormente, valuta se ha senso investire qualche decina di euro al mese per un account con meno limitazioni.

Nell’esempio che ti ho fatto il KPI “Creare il brand professionale” indica un valore piuttosto elevato: per incrementarlo è necessario inserire tutte le informazioni rilevanti nel profilo (esperienze, competenze, traguardi e via dicendo), oltre che postare contenuti in grado di stimolare la discussione. “Completa il tuo profilo tenendo in considerazione il cliente. Diventa un thought-leader pubblicando post rilevanti”, si legge sulle indicazioni di LinkedIn, fatto che possiamo tradurre così: “Una volta che hai completato il tuo profilo con tutti i dati necessari, scritto in ottica SEO e pensando al cliente di riferimento, inizia a postare contenuti”.

Ultimo KPI personale è “Costruire relazioni”, che in questo caso ha ottenuto un valore decisamente elevato. Questo significa avere non solo un elevato numero di contatti: questi devono essere di contatti in tema con il tuo business e soprattutto devono esserci interazioni: commenti sui post, conferme di competenze, raccomandazioni e via dicendo.

Il primo passo per migliorare il tuo profilo personale di LinkedIn è quindi quello di lavorare per migliorare il tuo Social Selling Index. Come già anticipato, non impazzire ad avere il massimo per ogni voce: sarebbe un’impresa sisifea e fine a se stessa. Puoi però prendere queste indicazioni come spunti per comprendere dove puoi migliorare facilmente.

Naturalmente, il SSI è solo una parte del tuo lavoro e dovrai poi andare ad analizzare i KPI dei tuoi singoli post: quante persone li vedono, quante interagiscono con un like, un commento o una condivisione? Con quante di queste, infine, sei riuscito a instaurare un rapporto di business?

LinkedIn: i KPI della pagina aziendale

Un profilo LinkedIn aziendale è ben differente da quello personale dei suoi dipendenti, nonostante tutti lavorino su un obiettivo comune. Il motivo è facilmente comprensibile: ogni persona all’interno di un’organizzazione ha un suo ruolo specifico e, di conseguenza, i suoi obiettivi personali. Come fare a capire se la pagina LinkedIn della tua azienda sta avendo successo? Prima di tutto, è importante comprendere cosa definisci per successo, quindi, quali sono i tuoi obiettivi con questa pagina. Posto che il risultato finale sarà potenziare il tuo business e, in pratica, aumentare il fatturato (e possibilmente gli utili), quali sono le azioni necessarie per ottenerlo? In certi casi, potrebbe essere necessario attirare nuovi talenti. Se per esempio lavori in settori ad alta specializzazione – diciamo nel fervido ambito dell’intelligenza artificiale – per espanderti ulteriormente potresti avere bisogno di nuovi ingegneri e specialisti del settore. In tal caso, i KPI saranno quelli relativi alla capacità di attrarre nuovi professionisti: i risultati dei tuoi annunci di lavoro, in pratica.

Se invece hai già nel tuo organico tutte le competenze necessarie e la tua necessità è quella di potenziare le vendite, allora i KPI dovranno essere relativi alla capacità di ottenere nuovi lead e prospect tramite la piattaforma. Maggiori saranno questi contatti, maggiori le possibilità che fra questi ci siano nuovi clienti. E questi come li misuri? Ci sono vari strumenti: il numero di visitatori della pagina, il numero di persone che vedono i post condivisi sul profilo aziendale e, inevitabilmente, le interazioni che questi contenuti ricevono. Se I tuoi post includono dei video, anche questo sarà un KPI fondamentale per capire il successo: al di là del risultato della reach e delle interazioni, infatti, diventerà fondamentale capire quanti effettivamente hanno visto il video. Se lo ha fatto una percentuale molto piccola di persone raggiunte, i casi sono due: o devi accorciare i video, o devi trovare il modo di renderli più accattivanti. Soprattutto, nei primi secondi: un utente mediamente decide nei primi 3 secondi se proseguire a visualizzare il video o passare ad altro. Evita quindi loghi o introduzioni: sono deleteri. Vai subito al dunque.

Infine, se fai delle sponsorizzazioni, dovrai tenere conto dei risultati che ti portano: quanto hai speso? Quante persone hai raggiunto? Quante di queste hanno convertito, dove per conversione intendo l’obiettivo che ti eri posto con gli annunci: aumentare il numero dei follower, le visite al sito aziendale o una landing page, l’iscrizione a un evento, le risposte a un annuncio di lavoro e via dicendo.

Come controllo i KPI della mia pagina LinkedIn Aziendale?

Fino a ora ti ho spiegato quali sono i KPI che dovresti tenere d’occhio per comprendere l’andamento della tua pagina aziendale, ma dove si trovano? LinkedIn fortunatamente offre una serie di strumenti destinati agli amministratori delle pagine. Per accedervi, entra nella tua pagina LinkedIn col tuo profilo da amministratore e vai alla voce Analisi.

Qui troverai quattro voci:

  • Visitatori: indica il numero di persone che visita la tua pagina aziendale di LinkedIn;
  • Aggiornamenti: le statistiche sull’andamento dei post pubblicati sulla pagina LinkedIn aziendale;
  • Follower: statistiche relative al numero di follower della pagina;
  • Employer Advocacy: i KPI relative ai risultati dell’employer branding.

Analizziamoli uno per uno.

Analisi dei visitatori

Questi sono i dati più semplici: quante persone hanno visitato la tua pagina? Di per sé è un valore di relativa importanza, ma è un indicatore utile a capire se la tua strategia di brand awareness sta funzionando. Se hai attivato delle campagne, a pagamento o meno, di brand awareness per attirare nuovi talenti, è importante che nel periodo in cui la campagna è attiva le visualizzazioni della pagina aumentino. Significa che le persone raggiunte stanno mostrando interesse e vogliono vedere cosa fa la tua azienda, quali servizi o prodotti propone, le posizioni aperte.

Puoi naturalmente prendere in esame un periodo temporale a tua scelta intervenendo sui parametri. Come già detto, non preoccuparti dei valori assoluti: quello che ti interessa è vedere i risultati migliorare nel caso tu abbia attivato una campagna per farti conoscere o per assumere nuove persone.

Non limitarti al grafico delle visite però: scrollando più in basso noterai che sono presenti ulteriori dati aggregati. Nello specifico, potrai sapere l’ambito di azione di queste persone (marketing, vendite, HR e via dicendo), dove vivono, la seniority (l’anzianità lavorativa), il settore (industria, It, comunicazione…) e le dimensioni dell’azienda. Se stai cercando uno sviluppatore full stack e la maggior parte delle visite arrivano da esperti di comunicazione, c’è qualche problema, per capirci. Così come se cerchi talenti in Lombardia e la maggior parte delle visite arrivano dal Missisipi. Probabilmente, c’è qualche problema nelle tue sponsorizzazioni o nella strategia.

Aggiornamenti

Il grafico che noterai in questa sezione è identico a quello che abbiamo visto prima, ma invece di indicare le persone che hanno visitato la pagina, fa riferimento all’andamento dei post pubblicati sul profilo aziendale. Qui hai a disposizione una serie di parametri più granulare: l’impostazione predefinita mostra le visualizzazioni, ma potrai concentrarti sulle visualizzazioni uniche (un post, soprattutto se sponsorizzato, può essere visto più volte dalla stessa persona), i clic, le reazioni (come Consiglia, Festeggia, Geniale, Cuore, insomma, gli equivalenti delle Reactions di Facebook), i commenti, le condivisioni e, infine, la percentuale di interazioni. Quest’ultimo è un parametro molto importante che ti aiuterà a capire i post che hanno avuto più “successo” non in termini numerici (visualizzazioni assolute), ma in termini di engagement, che è il parametro più importante. Considera un aspetto fondamentale: i KPI relativi all’engagement sono molto più importanti rispetto a quelli delle visualizzazioni. Una visualizzazione significa che quel post è finito nel feed di una persona, che magari l’ha scrollato senza dargli alcuna importanza. Se invece l’ha cliccato, commentato, condiviso o ha messo una reazione, allora quel post ha avuto un impatto. Concentrati su quelli che hanno performato meglio e cerca di capire cosa hanno in comune: un’immagine particolarmente d’impatto? Una CTA chiara? Degli hashtag specifici?

Più in basso nella pagina, troverai i dati relativi a ogni singolo post pubblicato nel periodo in esame, fatto che ti aiuterà a estrarre informazioni utili.

Follower

Come suggerisce il nome, questa sezione ti indicherà il numero di follower che si sono aggiunti (o ti hanno abbandonato) giorno per giorno. Si tratta di una pagina molto importante se stai facendo operazioni per aumentare la brand awareness, utili anche a comprendere l’efficacia del tuo piano editoriale. Il umero di persone che infatti vede o interagisce coi tuoi post è sicuramente importante, ma ti interessa vedere anche quanti sono così interessanti da mettere diventare follower della pagina, così da vedere un numero maggiore di aggiornamenti da te pubblicati. In definitiva, è uno dei KPI che ti aiuta a comprendere se il tuo piano editoriale sta avendo successo o meno nel portarti nuovi “lettori”.

Scrollando verso il basso vedrai gli ultimi follower che si sono aggiunti, così come dei dati aggregati sulla loro provenienza, anzianità, settore lavorativo e via dicendo. Andando ancora più sotto, infine: troverai una sezione decisamente curiosa, Aziende da monitorare. Fondamentalmente, LinkedIn ti mostrerà qui delle realtà che operano nel tuo stesso ambito e ti permetterà di confrontare la tua crescita con la loro. Stanno facendo meglio di te? Non prendertela: cogli l’occasione per andare sulla loro pagina e vedere cosa pubblicano, come e quanto. Potrebbe darti degli spunti per far crescere la tua pagina.

Analisi di Employee Advocacy

Quest’ultima è una sezione che LinkedIn ha recentemente aggiunto agli Analytics che torna utile per chi applica i concetti dell’employer branding. Di cosa si tratta? Delle interazioni ottenute sui post dei dipendenti dell’azienda. Sono infatti finiti i tempi in cui la comunicazione aziendale su LinkedIn veniva gestita solo dagli esperti del reparto marketing. Oggi la strategia migliore per potenziare le attività di comunicazione sulla piattaforma LinkedIn è quella di coinvolgere i dipendenti, spingendoli (non obbligandoli, mi raccomando) a condividere i post aziendali così da potenziarne l’effetto. Quanto? Secondo LinkedIn, l’efficacia della comunicazione aziendale potrebbe aumentare fino a 10 volte se un numero maggiore di dipendenti fosse coinvolto. Mediamente, infatti, solo il 2% dei lavoratori condivide attivamente quanto pubblicato sulla pagina aziendale. Coinvolgere tutti, a ogni livello, è insomma fondamentale per garantire il successo delle campagne di comunicazione su LinkedIn. Per farlo, però, non basta dire ai dipendenti “condividete”: vanno ovviamente formati su come farlo nel modo giusto. Non tutti del resto sono esperti di comunicazione e social media, quindi prima di coinvolgere i tuoi dipendenti, assicurati che siano pronti e che conoscano le basi.

Se hai optato per coinvolgerli, la sezione Analisi di Employee Advocacy ti aiuta proprio a tenere traccia delle loro azioni, indicandoti quanti contenuti della pagina aziendale hanno consigliato, condiviso e commentato i contenuti che hai consigliato loro. E includono anche i post sui loro profili personali. Un tempo queste funzioni erano disponibili solo per chi aderiva al programma Elevate di LinkedIn, ma questo programma è volto al termine e i suoi strumenti sono stati integrati negli strumenti di amministrazione della pagina.

Come già detto, per far sì che il programma di employer advocacy abbia successo, è necessario che i dipendenti siano coinvolti, formati e che si sentano parte della società. È insomma importante “tirarli in mezzo”, farli sentire davvero parte dell’ingranaggio aziendale, e non dei semplici minion. In molti casi, questo impone un ripensamento della struttura stessa dell’azienda: abbattere i silos, stimolare la partecipazione, potenziare le responsabilità di ognuno. Una filosofia che non sempre fa parte del pensiero aziendale, ma che può aiutare molto. Sicuramente ha funzionato per Steve Wynn, anche se al di fuori dell’ambito dei social. Wynn è il personaggio che ha trasformato Las Vegas in quello che è adesso, creando alberghi come il Mirage, il Bellagio e, successivamente, il Wynn e l’Encore, che poi ha esportato anche in oriente, nella nuova mecca del gambling, Macau. Il suo motto è convincere ogni impiegato che può essere l’artefice del successo dell’azienda. E quanto un impiegato fa qualcosa di grande, è fondamentale che tutti lo sappiano, che lo vedano come esempio positivo da seguire. Lui lo fa nel mondo fisico dei suoi enormi resort: perché non applicare questo approccio alla tua azienda, nel mondo digitale?

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“La regola del maiale”: il content repurposing online

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Chi produce contenuti digitali è sempre alla ricerca di nuove idee per promuoverli. La comunicazione digitale (o digital communication) spazia dai contenuti scritti (come e-mail o i post sui social network) fino a quelli audio-visivi, quali podcast e video.

I contenuti si dividono anche in altre due distinte categorie: una dedicata alla fruizione dei multimedia di rapido consumo, un’altra a quelli considerati evergreen. Alla prima categoria appartengono per esempio i post che vengono pubblicati quotidianamente su vari social network come Instagram, Facebook o Twitter e che ottengono una visibilità immediata e tendono a dissolversi rapidamente; alla seconda tutti quei contenuti che rimangono visibili nel tempo e continuano a essere validi e rilevanti nel corso dei mesi o addirittura degli anni, come nel caso di un articolo di un blog.

Produrre contenuti digitali per sfruttare le potenzialità dei canali social è molto semplice e il risultato è pressoché immediato. Realizzare dei contenuti che restino nel tempo è un lavoro più complesso rispetto al pubblicare dei post e richiede un po’ d’esperienza e delle buone competenze (come conoscere tutti i trucchi del SEO).

Content Repurposing: l’arte del riciclo

Produrre contenuti digitali di grande qualità non è sempre facile e spesso richiede tempo e denaro. Le persone stesse fruiscono dei contenuti multimediali in modi diversi: chi ama leggere un ebook, chi adora ascoltare un podcast o chi non si perde un post su Facebook. Ci sono poi dei contenuti che non passano mai di moda e che possono essere riproposti semplicemente aggiornandoli o pubblicati in un nuovo formato/veste. Quindi, se disponi di contenuti di questo tipo di contenuti, allora puoi “riciclarli” e proporli a nuovo pubblico.

Questa strategia ha un nome ben preciso e viene chiamata “content repurposing”: si tratta di ripubblicare contenuti esistenti e presentarli in un nuovo formato per allungarne durata e portata. Con il content repurposing, per esempio, puoi condividere un articolo in diversi modi e adattarlo a ogni contesto.

È importante specificare che il “content repurposing” non si pone come una vera e propria alternativa alla creazione di nuovi contenuti. Questo non significa pubblicare lo stesso contenuto in maniera ripetitiva su ogni canali social disponibile. Con il content repurposing, per esempio, puoi rielaborare un contenuto da te creato in precedenza e adattarlo al contesto attuale della tua azienda.

Qual è il vantaggio che offre la tecnica del content repurposing? La risposta è semplice: il tempo. Puoi ottimizzare e risparmiare tempo come? Per esempio, riutilizzando un vecchio articolo che hai scritto per il tuo blog e adattando nel formato podcast per un nuovo episodio. Le potenzialità del content repurposing sono notevoli.

Come faccio a decidere quale materiale riutilizzare?

Per decidere cosa riciclare può essere interessante analizzare e raccogliere dei dati sull’andamento dei tuoi contenuti. Con Google Analytics, per esempio, hai a disposizione tutti gli strumenti necessari per avere un’idea precisa dei post che sono piaciuti di più ai tuoi lettori. Analizzando il numero delle visualizzazioni o il tempo medio trascorso su una pagina, tu e il tuo team avete tutti i parametri per capire se un contenuto proposto può essere rielaborato per una seconda pubblicazione, oppure comprendere come riproporre uno che non è andato particolarmente bene e così via.

Anche i contenuti di qualità che continuano a generare condivisioni e clic potrebbero beneficiare ulteriormente da una nuova riproposizione, soprattutto se è trascorso molto tempo dalla loro pubblicazione. Piccola ma doverosa precisazione: quando si parla di un “possibile riciclo” ci si riferisce sempre a un contenuto di cui si è i legittimi proprietari.

Se ti accorgi che un articolo non è aggiornato – come potrebbe essere – ma continua a generare ancora molto traffico, evita di pubblicare un nuovo post. Aggiorna “semplicemente” il contenuto all’interno dello stesso post in modo da mantenere l’URL esistente e non perdere il valore SEO.

Creare dei buoni contenuti digitali richiede parecchio tempo e denaro. Con il content repurposing è possibile allungarne la vita e ottimizzare le spese: in che modo? Riproponendo i contenuti creati, per esempio, su tutte le piattaforme social e adattandoli al contesto (ogni social network ha un proprio pubblico e linguaggio).

Un’altra strategia efficace è quella di riproporre questi contenuti dopo un certo periodo di tempo: in questo modo viene rafforzato anche il messaggio che si vuole trasmettere, un po’ come accade regolarmente da anni con le campagne pubblicitarie che vengono ritoccate o aggiornate dopo diverse annate.

Il content repurposing può essere sfruttato dalle aziende per avere una comunicazione mirata su ogni canale social utilizzato: in questo modo è possibile parlare al pubblico di riferimento in modo diretto e senza ingerenze. Pubblicare un post su Instagram è diverso dal farlo su Facebook o LinkedIn: riproporre lo stesso contenuto senza i giusti accorgimenti /adattamenti può rivelarsi controproducente. Quindi, ricordati di modificare e rivedere il tuo contenuto in base a dove andrai a pubblicarlo.

Il content repurposing offre dei vantaggi significativi per chi si trova a produrre testi ottimizzati per i motori di ricerca (SEO). Aumentare il numero dei contenuti relativi a un determinato argomento e utilizzare canali diversi è molto apprezzato dagli algoritmi di Google (e dai crawler degli altri search engine) che ricompenseranno il creatore con un miglior posizionamento e un traffico aumentato sulle proprie pagine.

Come riproporre i contenuti

Per riciclare i vecchi contenuti vengono utilizzate due semplici tecniche. La prima è quella di riprendere un contenuto e suddividerlo in più parti; la seconda è quella di scegliere diversi e unirli in un blocco unico.

La cosa più importante è individuare i contenuti giusti da inserire. La scelta ideale è quella di attingere direttamente dal proprio archivio (per qualsiasi tipo di contenuto digitale) e studiare quelli che potrebbero essere importanti per te e la tua azienda: devi scegliere non solo quelli che hanno generato maggior engagement e interazioni o quelli che non hanno avuto successo, soprattutto quelli che pensi che beneficiando di un nuovo adattamento/formato e dei giusti canali possano essere davvero efficaci. Quando decidi di ridare nuova vita a un vecchio contenuto è importante pensare a come integrarlo: deve essere in linea con lo stile adottato dalla tua azienda e al contesto generale.

Una delle tecniche più utilizzate nella riproposizione dei contenuti digitali è quella di aggiornare dei vecchi articoli o post. È un’operazione piuttosto semplice e facilmente realizzabile: devi semplicemente dare un’occhiata al calendario e selezionare una serie di appuntamenti fissi. Natale, la Festa della Mamma o del Papà, carnevale: i contenuti prodotti per questi eventi possono essere facilmente riadattati per il tuo scopo. Puoi anche riciclare i tuoi vecchi contenuti postandoli su altri siti o blog: è un ottimo modo per aumentare la tua visibilità complessiva.

Un altro modo di fare content repurposing è quello di citare un vecchio contenuto all’interno di uno nuovo, oppure rielaborarlo in formato di guida o come approfondimento per un singolo argomento. Proporre dei contenuti “visuali” come infografiche e slide può essere un’ottima strategia, soprattutto se devi riciclarli sui canali social. Alcuni formati, infatti, sono perfetti per la condivisione e basta davvero poco per trasformare un vecchio contenuto in qualcosa di virale.

Se disponi di un buon numero di contenuti testuali puoi anche decidere di riproporli in formato ebook o come newsletter tematica: in questo modo puoi cercare di raggiungere anche un pubblico diverso da quello abituale.

Se invece vuoi pubblicare un vecchio contenuto su una piattaforma social diversa dall’originale o contemporaneamente su altri canali, innanzitutto devi adattare il formato e il linguaggio e sfruttarne le peculiarità. Su Instagram o Facebook devi veicolare il tuo contenuto in un certo modo, su TikTok per esempio in un altro. Studiare il tuo pubblico di riferimento è un buon modo per trovare la chiave giusta per rielaborare un contenuto: in base alle reazioni ottenute puoi migliorare la successiva riproposizione.

Se il formato del contenuto che vuoi rielaborare è di tipo audio/visivo ci sono diverse possibilità. Per esempio, una diretta su YouTube o Facebook può essere riciclata come un contenuto on demand. Per esempio una mia diretta Facebook e LinkedIn per P.A. Social è diventato un contenuto da fruire successivamente su YouTube:

I contenuti audio, invece, possono essere trasformati in podcast.

Insomma, le possibilità sono molteplici: basta un po’ di originalità e un pizzico di creatività per avere di nuovi contenuti aggiornati e che possano piacere al tuo pubblico di riferimento.

Il caso dei blog

Chi fa blogging utilizza spesso la tecnica del content repurposing per riproporre i vecchi contenuti. Con un semplice aggiornamento, infatti, è possibile dare nuova vita a un articolo datato o a un post non recente: una volta modificato il contenuto basta spedirlo via e-mail (con la classica newsletter) per far tornare i propri utenti sul sito o blog.

In Rete è possibile recuperare diversi strumenti gratuiti con cui fare content repurposing: in questo modo puoi realizzare delle suggestive infografiche, dei video animati o delle presentazioni e così via. Per le infografiche, per esempio, suggerisco di provare Infogram:

Se nella creazione/produzione di contenuti multimediali ti avvali spesso del contribuito di esperti del settore, famosi influencer o ti capita di fare interviste a personaggi famosi, può essere utile estrapolare alcune citazioni e condividerle sui tuoi canali social o creare delle infografiche ad hoc.

Come sfruttare i contenuti degli altri utenti

Un’altra strategia vincente è quella di sfruttare i contenuti creati dagli altri utenti (si parla anche di “content curation“): dai commenti positivi fino ai tweet o ai sondaggi, si tratta di materiale che può essere abilmente usato per fare un po’ di content repurposing e che può essere sfruttato per i canali social.

Interagire con il tuo pubblico può aiutarti a riproporre dei vecchi contenuti: per esempio, sfruttando le risposte dei tuoi utenti o postando una semplice immagine presa dal tuo account di Facebook con una vecchia foto e così via. La condivisione è uno dei segreti per generare un efficace content repurposing.

Come fare dei montaggi video perfetti per il content repurposing

I video sono usati spesso per aumentare l’engagement nei vari canali social. Per chi vuole riadattare velocemente un vecchio post di un blog (così come un qualsiasi testo) e trasformarlo in un video può usare una serie di tool ad hoc.

Lumen5, per esempio, permette di montare dei video in modo semplice per adattarli ai vari canali social utilizzati (Facebook, Instagram o TikTok per citare i più diffusi). Si tratta di una web app che permette in pochi semplici passaggi di trasformare un qualsiasi post del tuo blog o di una pagina social in un video interattivo. L’applicazione è molto intuitiva da usare ed è accessibile anche per gli utenti meno esperti: l’intelligenza artificiale, infatti, segue tutto il processo dall’inizio alla fine.

Lumen 5 offre un servizio gratuito e uno a pagamento: l’iscrizione è obbligatoria in entrambi i casi e permette l’accesso a una libreria di immagini, video, musica e altro materiale di dominio pubblico. Per chi sceglie la modalità gratuita è importante ricordare che i video saranno limitati alla risoluzione massima di 480px e che saranno marchiati con un logo “Lumen5”. La versione a pagamento offre una risoluzione superiore e la sparizione del logo. Per creare il tuo video non devi fare altro che accedere al tuo account e cliccare su “create video” e inserire il link al post o il testo del video che desideri visualizzare. L’intelligenza artificiale farà il resto: l’app analizzerà il testo (contenuto e lunghezza) per creare una slide (c’è un limite di 140 caratteri) più che adeguata e suggerirà anche come accorciare il video. Il programma ti suggerirà anche le immagini da aggiungere allo sfondo o che è possibile cambiare in base alle tue esigenze. Dopo aver preparato le immagini e sistemato il testo, devi solo aggiungere la musica: per farlo basta cliccare su “music” e selezionare la colonna sonora ideale per il tuo video. Il programma offre un archivio di brani da usare: è possibile ascoltare un’anteprima del brano prima di selezionare il pezzo scelto. Un altro dei vantaggi di un abbonamento premium con Lumen5 è la possibilità di aggiungere il proprio logo alla fine del video. Nell’apposita sezione è possibile inserire il watermark e cliccando su “continue” è possibile avere un’anteprima della propria creazione: si può scaricare il video sul PC oppure caricarlo direttamente tramite app.

Per chi vuole sottoscrivere un abbonamento sono disponibili diversi pacchetti (Starter, Premium/Business/Enterprise) che includono un accesso illimitato a foto e video e ad altri servizi a pagamento come Getty Images o Shutterstock, possibilità di avere risoluzioni superiori e persino un account manager dedicato. Le fasce di prezzo degli abbonamenti vanno dai 19 dollari al mese per la versione Starter fino ai 500 dollari di quella Enterprise.

Un’altra ottima soluzione per fare montaggi video

Se devi riciclare un contenuto in poco tempo puoi anche usare un servizio online come Wave.video che offre qualcosa come 200 milioni di clip video in alta risoluzione e musica in sottofondo e altro ancora. Bastano pochi passaggi per creare un video da condividere sui canali social: devi solo selezionare quello adatto per il tuo progetto, inserire il testo e scegliere la musica e poi pubblicarlo. Il servizio offre una serie di formati già pronti per realizzare i video da pubblicare sui social network.

Il programma utilizza un editor in stile “drag-and-drop” per aggiungere testo e immagini con pochi clic: Wave.video prepara già il video nel formato corretto per il social network in cui desideri pubblicare. La versione a pagamento mette a disposizione una libreria di video/musica notevole, oltre alla possibilità di personalizzare la scelta dei font e dei colori, ed avere una risoluzione superiore e nessun limite di tempo nella produzione dei video. La versione gratuita ha delle ovvie limitazioni (e pubblicità): sono comunque disponibili tre tipologie di abbonamenti che variano dai 20 dollari della versione Creator fino ai 40 dollari di quella Business.

Presentazioni e infografiche per il content repurposing

Per creare i contenuti video o per riadattarli puoi anche usare uno strumento online sviluppato ad hoc. Visme è un programma versatile che permette in pochi clic anche a chi non ha grande esperienza e dimestichezza con la tecnologia di preparare in pochissimo tempo infografiche, presentazioni in PowerPoint, banner pubblicitari, ebook e spettacolari video.

Visme offre un’ottima varietà di modelli e diversi tipi di contenuti: puoi scegliere tra tre diverse tipologie di account (compreso quello gratuito). Con una versione base del programma puoi comunque iniziare a preparare i contenuti che vuoi riciclare. Visme è perfetto per creare delle nuove presentazioni o per preparare il tuo webinar, per esempio: il programma offre la possibilità di aggiungere la tua voce a ogni slide. La versione gratuita è “limitata” a solo 5 progetti e a un numero ristretto di template: sottoscrivendo un abbonamento Standard e Business (rispettivamente 15 e 29 dollari al mese) hai possibilità pressoché illimitate, mentre con quello Enterprise puoi studiare l’offerta perfetta per le tue esigenze.

Repurposing dei contenuti audio

Nello stesso modo in cui estrapoli citazioni dagli articoli o dalle interviste agli esperti del settore, puoi sfruttare il testo che possiedi per realizzare dei podcast. Può essere la base per un argomento specifico o il punto di partenza per discussioni più approfondite e altro ancora. Un modo per riciclare in modo intelligente i vecchi contenuti audio è quello di trasformarli in podcast visivi.

Con un programma come Wavve puoi ricreare dei clip audio condivisibili per i social media (Facebook, Youtube o Instagram). È molto facile e immediato da usare e ci sono diversi layout e modelli in modo da poter adattare il contenuto audio alle tue piattaforme preferite. Il programma offre anche una prova gratuita oltre a una serie di pacchetti ad hoc che vanno dai 10 fino ai 32 dollari al mese.

Crea un ebook

Se decidi di rielaborare i contenuti presenti in un vecchio blog e trasformarli in un ebook, un servizio che ti consiglio è  Designrr. Si tratta di una piattaforma che permette con un paio di clic di creare un libro digitale nei giusti formati e dall’aspetto professionale. Il servizio funziona bene con i blog creati con WordPress ma anche con le altre piattaforme. Negli ultimi mesi è stata aggiunta anche la possibilità di importare contenuti anche da Facebook e da Microsoft Word. Per creare un ebook devi semplicemente selezionare il tuo sito/blog di riferimento, copiarne l’indirizzo all’interno del programma e procedere alla creazione del progetto. Successivamente potrai personalizzare i testi e il template e trasformare il progetto nel formato che ti interessa (PDF, epub o pagina web). La possibilità di importare e trascrivere il testo direttamente da un podcast, YouTube o da Facebook Live è un’altra fantastica aggiunta. È importante notare come la piattaforma sia in grado di eliminare autonomamente tutto quello che non è strettamente necessario alla preparazione dell’ebook, come i commenti, i link esterni, le pubblicità e altro. La versione base offre la possibilità di utilizzare una serie di immagini gratuite da aggiungere ai tuoi libri, più di 700 font, una ventina di temi grafici per personalizzare il tuo libro oltre a una dozzina di progetti già pronti da utilizzare e numero limitato di articoli da importare e altro ancora. Sono previste anche copertine 2D e 3D e altro ancora. Per utilizzare questa piattaforma devi sottoscrivere un abbonamento: attualmente, pagando una cifra una tantum, 27 dollari, puoi usare senza limitazioni Designrr. È in arrivo nei prossimi mesi la possibilità di pubblicare il tuo ebook come audiolibro!

Creare dei contenuti validi richiede tempo, molta dedizione e buone risorse. Il content repurposing non vuole essere un’alternativa alla creazione di nuovi contenuti. Non devi per forza scegliere una strada oppure un’altra: puoi continuare a creare contenuti nuovi e allo stesso tempo ridare nuova vita a quelli vecchi che continuano a generare traffico ed engagement.

 

Scrivimi per un corso sul content marketing

Come funzionano i form di lead generation su LinkedIn?

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Generare un funnel di marketing di per sé non è semplicissimo, anche se dopo un po’ di esperienza le cose diventano molto più semplici. Metterlo in atto, invece, può prendere davvero molto tempo in certi casi. Questo soprattutto quando fai una campagna per acquisire delle lead, quindi l’e-mail o il numero telefonico di persone interessate ai tuoi prodotti o servizi. LinkedIn include delle funzioni che velocizza di molto questo processo, risparmiandoti un sacco di fatica. Fra poco ti spiegherò come usare al meglio, ma prima è meglio fare qualche cenno a come funziona un funnel per l’acquisizione lead e di quali strumenti avresti bisogno se non ti appoggiassi a LinkedIn.

Le basi della lead generation

Quando si parla di lead in marketing si fa riferimento a un potenziale cliente che possiamo contattare: fondamentalmente, una persona che ci ha lasciato una e-mail, un numero di telefono, o ha richiesto/accettato di far parte dei collegamenti su LinkedIn. Il vantaggio di avere dei lead rispetto alla classica pubblicità è che ti costa molto poco raggiungerli, e avendoti già dato il consenso per contattarli, sono più predisposti all’acquisto. Perché costa poco? Pensaci: quando fai una pubblicità su un social network o su Google Ads, stai pagando una certa cifra per ogni persona che stai raggiungendo. Una cifra bassa, solitamente, che ti permette di arrivare a un numero elevatissimo di destinatari. Ogni volta che vuoi fare quella pubblicità, però, continuerai a pagare, anche per raggiungere le stesse persone: i social network non ti dicono infatti chi l’ha vista. Custodiscono gelosamente queste informazioni, comprensibilmente, visto che sono alla base del loro business: far pagare gli inserzionisti per raggiungere un pubblico ben profilato. Se tu avessi però le e-mail o i numeri di telefono di alcuni utenti, potresti farti pubblicità gratis, per esempio via SMS (poco efficace), WhatsApp (più efficace) è e-mail (molto efficace).

Acquisire queste informazioni però non è semplice: le persone ne sono piuttosto gelose, anche perché sanno che equivale a essere bombardati di pubblicità. Per ottenerle, devi dare qualcosa in cambio, non c’è altro modo. Può essere una settimana di prova gratuita di un software o un servizio, un e-book da scaricare, l’iscrizione gratuita a un webinar. Devi trovare una chiave per convincerli.

Una volta che hai individuato la strategia giusta, diciamo un e-book da scaricare, devi metterla in pratica. Lo schema classico prevede di creare una landing page, una semplicissima pagina Internet che spiega cosa stai offrendo (il libro gratis, in questo esempio) e include un form da compilare per poterlo scaricare, form che solitamente richiede nome, cognome e indirizzo di posta elettronica ed eventualmente telefono. Nulla ti vieta di aggiungere più campi (lavoro, settore, e via dicendo) ma considera che più informazioni chiedi, meno è probabile che qualcuno le condivida con te.

I dati devono naturalmente essere acquisiti a norma di legge: prima di accettare le condizioni gli utenti devono quindi poterle consultare se lo desiderano, e deve esserci un link che riporta a informazioni su chi è il responsabile di quei dati e quali sono le finalità di utilizzo. Compilato il form e dato l’OK, l’utente avrà il suo bel libro e tu la sua e-mail o il telefono, e potrai quindi ricontattarlo (quasi) gratis, senza quindi dover ogni volta pagare un social network per raggiungerlo.

Ricapitolando:

  • devi farti un mini-sito
  • devi creare un form
  • devi includere tutte le informazioni richieste per legge
  • devi acquisire e conservare i dati a norma di legge

Non è difficilissimo farlo, grazie anche a tanti servizi online che ti semplificano i vari passaggi, ma è laborioso e richiede tempo.
Con i Lead Gen Forms di LinkedIn puoi semplificare tutto questo processo.

LinkedIn Lead Gen Forms

LinkedIn Lead Gen Forms è uno degli strumenti pubblicitari che LinkedIn ti mette a disposizione per generare lead attraverso il suo enorme pubblico di professionisti. È integrato negli strumenti della gestione campagne pubblicitarie, ed è molto semplice da utilizzare, come vedrai in questa guida passo passo.

Vai nel Campaign Manager cliccando su Pubblicizza e da qui crea una nuova campagna.

Scegli come obiettivo Generazione di lead

Scegli una delle audience che hai già creato o creane una per l’occasione. A tutti gli effetti, stai creando una campagna pubblicitaria su LinkedIn mirata a invitare le persone a compilare un form coi loro dati. Il vantaggio di farlo su LinkedIn è che molti dei campi del form li troveranno già precompilati, quindi non dovranno far altro che accettare, o inserire pochissime informazioni manualmente.

Seleziona il tipo di annuncio, idealmente quello con una singola immagine per questo tipo di campagna.

Imposta infine date, budget e gli altri parametri e poi clicca su Avanti. A questo punto occupati di creare il tuo annuncio, scegliendo immagine e testo appropriati. In questa sede, mi concentrerà sul form, quindi la sezione Dettagli modulo. Dovrai scegliere due parametri usando i menu a tendina. Il primo è la Call to Action. Le opzioni sono

  • Candidati ora
  • Scarica
  • Ottieni preventivo
  • Scopri di più
  • Iscriviti
  • Registrati

Scegli quella adatta al tuo obiettivo. Nel nostro esempio regaliamo un e-book, quindi sarà Scarica. Ora è il momento di creare il modulo dalla sezione Dettagli modulo. Inizia col dargli un titolo e inserire i dettagli dell’offerta. Questi sono facoltativi, ma ti consiglio vivamente di inserirli: stai chiedendo a una persona di darti l’e-mail, è meglio che valorizzi quello che gli stai offrendo se vuoi convincerla.

Molto importante è invece inserire l’url relativo alla privacy, che dovrà essere presente da qualche parte. Potrebbe essere una pagina del tuo sito oppure potresti crearne una facilmente, senza bisogno di avvocati o tecnici, utilizzando un servizio come Iubenda. Ora passa alla sezione Dettagli lead e domande personalizzate. Di default LinkedIn ti propone nome, cognome e indirizzo e-mail, ma puoi aggiungere quanti campi voi. Il mio consiglio è di non esagerare e valutare con molta attenzione questa scelta: è vero che buona parte delle informazioni verranno compilate automaticamente, ma se chiedi troppe informazioni, rischi di scoraggiare le persone, e abbassare il tasso di conversione della tua campagna.

Volendo, puoi aggiungere anche delle domande personalizzate, un massimo di 3. Ora vai nella sezione conferma e scrivi un messaggio di ringraziamento e inserisci l’url di destinazione, cioè l’indirizzo da cui scaricheranno il PDF. Una volta che un utente avrà inserito i dati, gli apparirà un messaggio contenente questo messaggio e il link. Non ti rimane che selezionare la Call-to-action del messaggio di ringraziamento, nel nostro esempio Scarica. Concludi cliccando su Crea per confermare la tua campagna.

I risultati li potrai scaricare poi dal pannello del Campaign Manager, sotto la voce strumenti o, se usi un CRM, collegare il tuo account a quest’ultimo per trovarti automaticamente le informazioni sui lead nel tuo sistema di gestione.

Contattami per una consulenza sulle campagne LinkedIn

Come aprire un profilo in doppia o tripla lingua su LinkedIn

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LinkedIn in poco meno di un ventennio è diventato il social network di riferimento nel mondo del lavoro. La piattaforma ideata da Reid Hoffman nel 2003 si è via via trasformata da punto di riferimento per i professionisti e le aziende in un vero e proprio social network con un numero di iscritti che continua a crescere anno dopo anno. Con una platea di oltre 700 milioni di membri non è facile essere notati da un head hunter. La comunità italiana è piuttosto attiva e partecipe in LinkedIn e ha da poco superato il traguardo significativo dei 14 milioni di iscritti: nel Vecchio Continente è preceduta solo da Gran Bretagna e Francia. Con un bacino d’utenza di tale portata, per diventare un candidato appetibile devi cercare di valorizzare il tuo profilo, aggiungendo nuovi contenuti per attrarre chi è a caccia di talenti per le aziende. Molti recruiter di multinazionali non conoscono bene la nostra lingua e quando utilizzano il motore di ricerca di LinkedIn si affidano tendenzialmente solo all’inglese, dando per scontato che i loro possibili candidati conoscano la lingua d’Albione. Avere un profilo scritto “solo” in italiano non sempre è la scelta vincente: molte aziende, infatti, potrebbero non trovarti o capire che cosa stai cercando di comunicare. La maggior parte degli iscritti a LinkedIn utilizza l’inglese per sfruttare tutte le potenzialità messe a disposizione dalla piattaforma. Quindi, ti consiglio di preparare un profilo in italiano e in inglese (se sei poliglotta, anche in qualche altra lingua).

Il profilo di LinkedIn è il tuo biglietto da visita

Ci sono diversi modi per valorizzare il tuo profilo in LinkedIn: dal titolo fino al sommario, senza dimenticare le competenze e altro ancora. Ti consiglio di curare con grande attenzione ogni singolo dettaglio: chi legge il tuo profilo deve comprendere velocemente che cosa tu puoi fare per lui o per la sua azienda. Purtroppo, la maggior parte dei membri iscritti non sembra essere a conoscenza di tutti gli strumenti messi a disposizione dalla piattaforma, mentre le stesse aziende spesso stentano a comprenderne le immense potenzialità.

Profilo LinkedIn in italiano, inglese o spagnolo?

Nel mondo della digitalizzazione globale avere un profilo LinkedIn ben curato e rispondente a ciò che sai fare e a quello che ti vorresti fare è un requisito essenziale per trovare una nuova occupazione o per dare una svolta alla tua carriera; averlo in più lingue (inglese in primis) può fare veramente la differenza, soprattutto sei stai cercando lavoro oltre i confini della nazione in cui vivi. Fino al 2008 la scelta della lingua incideva pesantemente sulla visibilità del tuo profilo nelle ricerche dei recruiter in LinkedIn: la piattaforma, infatti, tendeva a eliminare i contatti che non parlavano un determinato idioma, limitando così le opportunità di lavoro. Per venire incontro alle esigenze dei propri scritti, la piattaforma ha introdotto la possibilità di avere un profilo in più lingue, che può essere tradotto attualmente in più di una quarantina di idiomi diversi.

Prima di tradurre il tuo profilo in un’altra lingua è importante sapere che cosa stai cercando. In quale area geografica vuoi lavorare? In quale azienda? Che lingua parla il tuo recruiter o un tuo possibile cliente? Per prima cosa dai un’occhiata ai profili delle aziende in cui ti piacerebbe lavorare o entrare in contatto e studia le loro attività e i termini che utilizzano per descrivere le posizioni lavorative aperte. Dopo aver fatto questa ricerca, puoi iniziare a scrivere il tuo profilo LinkedIn nella lingua che hai scelto.

Come creare un profilo LinkedIn in un’altra lingua

È importare ricordare che la lingua che utilizzi abitualmente per navigare in LinkedIn non ha alcuna relazione con quella con cui hai scritto il tuo profilo. Quindi, se un recruiter italiano o un cliente che naviga dall’Italia usano abitualmente la versione inglese di LinkedIn, entrambi avranno accesso al tuo profilo inglese anche se si trovano nel Bel Paese. Come fai a scegliere il linguaggio in cui mostrare il tuo profilo? Devi innanzitutto andare sulla barra superiore in alto e cliccare sull’icona “Tu”: successivamente fai clic su “Visualizza profilo” e ancora su “Aggiungi profilo in un’altra lingua” e scegliere una di quelle disponibili.

Se la lingua che vuoi aggiungere non è presente nel menu, ti consiglio di controllare le impostazioni del tuo profilo per assicurarti che sia nello stesso idioma che hai selezionato. A questo punto gli algoritmi di LinkedIn tradurranno in automatico solo i testi che sono pre-impostati dal sistema: il resto lo devi fare tu. Adesso potrai preparare il tuo nuovo profilo traducendo i contenuti e adattandoli al contesto geografico scelto. Una volta completata l’operazione (ricordati di salvare!) chiunque potrà selezionare la lingua in cui leggere le informazioni contenute nel tuo profilo. LinkedIn permette di avere più versioni del tuo profilo: ti consiglio aggiungere un’altra lingua oltre all’imprescindibile “inglese”. Se un cliente o un recruiter utilizza LinkedIn in una lingua non prevista, la piattaforma proporrà in modo automatico il tuo profilo nell’idioma principale che hai usato durante la configurazione. È importate ricordare che si è iscritto alla piattaforma prima del 2012 avrà come prima lingua del profilo l’inglese e l’italiano come seconda. È possibile cambiare anche la lingua principale del profilo, mentre è possibile creare/aggiornare quella secondaria direttamente dalla versione desktop di LinkedIn, cosa che non è ancora possibile fare dall’app di un dispositivo mobile.

L’importanza di scrivere un sommario in un’altra lingua

Il tuo profilo in un’altra lingua va curato in ogni minimo dettaglio. Il titolo (o headline), per esempio, è una di quelle cose che vanno sistemate e a cui molti utenti continuano a non prestare particolarmente attenzione. Nell’intestazione della pagina LinkedIn, sotto il tuo nome e cognome, hai la possibilità di scrivere un breve testo (un sommario) utile per mostrare a tutti il ruolo che stai ricoprendo attualmente, il nome dell’azienda per cui stai lavorando e per far conoscere te stesso agli altri. Insomma, una specie di mini-annuncio pubblicitario che viene visualizzato accanto al tuo nome e alla foto del tuo profilo ogni volta che gli utenti ti vedranno nel loro feed. Molti utenti, poi, si limitano a inserire solo la qualifica aziendale: infatti, la maggior parte delle headline che puoi trovare in LinkedIn recitano più o meno le stesse frasi (“Account manager presso azienda XXX”). Con una platea che si sta avvinando al miliardo di iscritti come fai a distinguerti da tutti gli altri professionisti presenti in LinkedIn? La chiave per differenziarti è in quello che scrivi in quei 120 caratteri: devi scrivere una mini presentazione mostrando ciò che ti distingue dagli altri. Le parole che utilizzi (e anche le keyword) devono far trasparire la tua personalità e per far capire velocemente che cosa sei in grado di fare. Ricorda: il sommario è il primo testo che LinkedIn mostra a chi è interessato al tuo profilo o che appare quando commenti un post. Si tratta di convincere qualcuno a cliccare per visitare il tuo profilo e per trovare tutte le informazioni che sta cercando: il sommario, quindi, non può essere una semplice descrizione della propria qualifica aziendale, deve essere un resoconto della tua carriera lavorativa in linea con la tua personalità.

Che tipo di sommario scrivere?

Puoi scriverne uno riproponendo la tua qualifica e l’azienda per cui lavori, aggiungendo qualche keyword o frase per renderlo più appetibile. Oppure puoi osare un po’ di più e utilizzare quei 120 caratteri per proporre qualcosa di creativo e innovativo: un messaggio pubblicitario, per esempio. In questo caso è importante non esagerare: troppa originalità può rivelarsi un boomerang per gli algoritmi di ricerca di LinkedIn. Usare dei caratteri speciali può essere una buona idea per catturare l’attenzione dei recruiter o dei clienti: in ogni caso ricordati di aggiungere keyword relative al tuo settore (un paio possono bastare). Mettere in bella vista il nome dell’azienda per cui lavori non sempre è la scelta ideale: si tratta comunque un’informazione che è facilmente trovare all’interno del tuo profilo di LinkedIn. Se il ruolo che ricopri in azienda è particolare, allora, può avere senso riportarlo anche nel sommario, la stessa cosa se lavori per un brand prestigioso. Da un punto di vista linguistico, ti consiglio di evitare alcune frasi abusate come “motivato” o “responsabile” (sono caratteristiche che un selezionatore del personale si aspetta) e di mettere troppo in evidenza i traguardi che hai raggiunto (i superlativi sono banditi!). Non usare, poi, un linguaggio troppo tecnico. Ricapitolando, per creare il sommario perfetto devi includere una serie di elementi indispensabili: la tua qualifica lavorativa e il nome dell’azienda per cui lavori, il risultato più importante che hai mai raggiunto e una serie di keyword relative al tuo settore (che potrebbero essere già incluse nel tuo titolo). E per distinguerti dalla massa devi descrivere la motivazione che ti ha spinto/spinge a lavorare per la tua azienda o in un certo settore e così via. Se riuscirai a inserire la maggior parte di questi elementi nel tuo sommario, ti assicuro che il tuo profilo LinkedIn ne beneficerà in modo sorprendente. Infine, ti suggerisco questo trucco: se aggiorni il tuo sommario nell’app di LinkedIn su smartphone o tablet, hai a disposizione ben 210 caratteri invece dei soliti 120 disponibili su desktop! Una volta preparato il tuo sommario, ora, puoi tradurlo nella lingua aggiuntiva (o più di una) che hai scelto.

Dopo il sommario devi curare anche il riepilogo in LinkedIn

Un’altra sezione che devi curare attentamente è il riepilogo, che non è altro che una breve descrizione delle tue esperienze lavorative e dei tuoi progetti futuri. Si tratta di scrivere un piccolo riassunto di quello che sai fare, di quello che hai fatto e ottenuto nella tua carriera e di quello che vorresti fare nei prossimi anni e degli obiettivi che vorresti raggiungere. Devi riuscire a mettere in risalto le tue capacità anche con un pizzico di originalità: per farlo puoi usare lo stile che preferisci per trasmettere una buona impressione a tutti quelli che ti cercheranno su LinkedIn. Rispetto al sommario qui il numero delle parole a disposizione è nettamente superiore: con 2.000 caratteri puoi raccontare la tua carriera lavorativa e far capire ai recruiter o ai clienti perché sei un profilo interessante. Uno stile meno formale (ti consiglio di scrivere in prima persona) può aiutarti a creare un rapporto personale con le persone che vogliono mettersi in contatto con te. Come sempre è importante aver chiaro a chi è diretto il tuo messaggio, a chi vuoi rivolgerti: vuoi attirare l’attenzione di un recruiter? Stai puntando a nuovi clienti? Una volta definito il tipo di pubblico a cui vuoi parlare, sfrutta il riepilogo di LinkedIn per spiegare ai tuoi potenziali visitatori quali obiettivi vuoi raggiungere e cosa potresti fare per loro. Essere troppo diretti non sempre è la strada migliore: puoi usare anche degli escamotage (qualche domanda indiretta, per esempio) per stimolare i visitatori a contattarti e a interagire con loro. Se hai il blocco dello scrittore o non hai la minima idea di cosa scrivere puoi prendere spunto anche dagli altri profili con posizioni simili alla tua. Nei casi più disperati, LinkedIn stesso ti viene in soccorso proponendo un riepilogo creato dai suoi algoritmi che tengono conto delle attività lavorative e delle competenze che hai inserito. Una volta creato non ti resta che tradurlo nella lingua che hai scelto.

Ottimizzare le parole chiave nella lingua del tuo profilo

Il tuo profilo viene vivisezionato dallo stesso motore di ricerca di LinkedIn e degli altri search engine presenti in Rete. Per questo motivo è importante aggiungere le keyword relative alla tua professione: ti consiglio di ottimizzarle in inglese in primis, e successivamente nelle eventuali altre lingue.

Programmi per tradurre in un’altra lingua

Se non conosci alla perfezione un idioma puoi sempre usare un programma di traduzione. Attenzione, però: usali come spunto, non limitarti a un mero copia e incolla. Per quanto i traduttori automatici siano migliorati di molto negli ultimi anni, grazie anche all’intelligenza artificiale sui cui si basano, sono ben lungi dall’essere perfetti, e rischieresti di rimediare solo una figuraccia.

Ci sono alcuni servizi gratuiti online e degli ottimi tool disponibili in Rete che puoi sfruttare. Per esempio, con Windows 10 puoi usare Microsoft Translator, un’app per PC e i dispositivi mobile che permette di tradurre i testi scritti e anche il parlato, un’opzione molto interessante per tradurre materiale audio in tempo reale. Un altro programma valido è Qtranslate, un traduttore gratuito per Windows (disponibile anche in versione mobile) che ti consente di tradurre i tuoi testi in modo veloce e intuitivo. Per chi usa un Mac, iTranslate è una scelta più o meno obbligata: questa applicazione a pagamento permette di tradurre un centinaio di lingue in maniera estremamente facile e veloce. Se invece preferisci usare un servizio online, il più apprezzato è senza dubbio Google Traduttore. Oltre a supportare la traduzione di oltre un centinaio di lingue è anche uno dei servizi più affidabili e in continuo miglioramento. Un altro strumento valido per fare delle traduzioni è Bing Translator, un servizio gratuito messo a disposizione da Microsoft che funziona più o meno come il sopracitato Google Traduttore. Un altro servizio online piuttosto valido è Reverso Traduzione  che supporta molteplici lingue e persino la correzione ortografica, e soprattutto ti offre numerosi esempio dell’utilizzo dei termini e delle frasi all’interno di un testo di senso compiuto: ti aiuterà a comprendere meglio in contesto, e soprattutto a tradurre correttamente i termini più tecnici (che a meno di avere un dizionario tecnico possono essere davvero ostici). WordReference, invece, è un sito online pensato per tradurre singole parole e frasi che non sono particolarmente lunghe.

Ripeto ancora, per non dare adito a fraintendimenti: questi strumenti, utilissimi, vanno usati come supporto, quando non riesci a trovare il termine più adatto o quando sei alla ricerca di un sinonimo. Non affidarti troppo a loro. Il sottotesto è semplice: scrivi solo profili in altre lingue che conosci bene. In caso contrario, rischi di rimediare solo figuracce e, soprattutto, di dare meno valore al tuo profilo.

Per trovare un nuovo lavoro o dare una bella svolta alla tua carriera lavorativa avere un profilo in una seconda o terza lingua può davvero aiutarti. La scelta dell’inglese come alternativa all’italiano è pressoché obbligatoria, mentre per aumentare la visibilità del tuo profilo essere partecipi e attivi in un social network come LinkedIn è un altro requisito essenziale. Se hai un’ottima conoscenza dell’inglese o di un’altra lingua, cerca di interagire il più possibile con la rete dei tuoi contatti: puoi essere veramente la svolta per la tua carriera lavorativa!

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5 cose da NON fare su LinkedIn (secondo Daniel Disney)

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OK, finalmente ti sei deciso a sistemare il tuo profilo LinkedIn e non usarlo come una sorta di CV online. Hai tolto quella foto con gli occhiali da sole mentre sorseggi un Negroni sostituendola con una più sobria immagine in tenuta da lavoro; hai spiegato bene chi sei e cosa fai dal punto di vista lavorativo; hai compilato tutte le sezioni inserendo informazioni rilevanti. Eppure, niente, i risultati non arrivano: non trovi nuove lead e prospect e il business non decolla. Cosa succede?

Di seguito ti racconterò alcuni dei principali errori che puoi fare su LinkedIn, dandoti qualche spunto per potenziare la tua attività e migliorare le tue qualità di social seller. Tieni però conto di una cosa: la pazienza è tutto. Coltivare relazioni professionali e ottenere risultati concreti (inteso come nuovi clienti o collaborazioni) richiede tempo. E, soprattutto, devi essere proattivo: non è che basta pubblicare qualche contenuto stimolante e ben realizzato per vedersi piovere contratti o proposte di collaborazione.

Le opportunità mancate

Un aspetto che puoi non aver considerato è che magari le opportunità sono arrivate, ma non te ne sei accorto, o non sei riuscito a coglierle. Un’opportunità non è una telefonata o e-mail di qualche utente che ha letto un tuo post e ha deciso di contattarti per acquistare i tuoi servizi. O meglio, è a tutti gli effetti un’opportunità, ma è raro che succeda questo, a meno che tu sia un guru ultra-riconosciuto nel tuo settore di riferimento, e in quel caso probabilmente avrai così tanti clienti da faticare a stare dietro alle offerte. Nella maggior parte dei casi, tutto nasce in maniera più semplice. Un po’ come quando conosci qualcuno nel tuo bar preferito, e fra una chiacchiera e l’altra – dopo mesi a discutere del più e del meno – salta fuori che lui fa l’avvocato e tu hai bisogno dei suoi servizi.
Ecco, anche sui social, in particolare su LinkedIn, funziona così: ci si “annusa” e solo col tempo da uno scambio di opinioni nasce una proficua collaborazione. Daniel Disney (che non ha niente a che fare con Topolino e Pippo, ma è un esperto di social selling molto attivo sulla piattaforma, nonché autore di parecchi libri sul tema), indica cinque tipici errori effettuati dagli utenti della piattaforma.

Non controllare le visite al tuo profilo

A meno che hai deciso di navigare in maniera privata sulla piattaforma (spuntando l’apposita voce nelle impostazioni della privacy, cosa che ti sconsiglio di fare, se non in rarissimi casi in cui vuoi rimanere anonimo per scelta), verrai informato su chi ha visitato il tuo profilo negli ultimi giorni. Se decidi di abbonarti alla versione Premium del social, questa lista sarà sbloccata del tutto.
Se qualcuno ti ha cercato, ci sarà un motivo e, al contrario di quanto accade su Instagram o altre piattaforme, il motivo dell’interesse non sarà quello di tentare un approccio galante (si spera).

Verifica chi è, cosa fa di lavoro, in quale azienda lavora e ragiona sopra queste informazioni: può essere una potenziale lead? O anche solo una persona che può darti qualche spunto interessante? Se sì, prova a contattarlo direttamente, ovviamente senza partire vendendogli un servizio, ma cercando di instaurare una conversazione stimolante e interessante. Cosa che ci porta direttamente al secondo errore.

Iniziare male le conversazioni

Contattare una persona che non conosci direttamente è un po’ come una chiamata a freddo. Hai presente quando in azienda ti arriva una chiamata di un agente che vende prodotti o servizi di cui non hai mai sentito parlare, o che vuole incontrarti a quello scopo? Ecco, una roba del genere. Molto meno invasiva e decisamente più efficace, ma il concetto è quello: stai ricevendo un messaggio da uno sconosciuto, che potrebbe pure offrirti l’opportunità della tua vita, ma la tua prima sensazione sarà quella di uno scocciatore, un po’ come i venditori di case che suonano al campanello chiedendoti se vuoi vendere la tua casa (cosa a mio avviso molto poco intelligente, dato è un po’ come sparare a occhi chiusi e sperare di colpire il bersaglio).

Cura bene il tuo primo messaggio (che probabilmente verrà letto), cercando di dare uno stimolo per proseguire la conversazione. Vuoi invitare qualcuno a un webinar perché pensi che possa essere interessato? Non sbattergli in faccia un semplice link all’evento: spiegagli brevemente perché stai contattando proprio lui e perché credi che possa essere interessato. Qualcosa del tipo

“Ciao, ho visto che sei interessato all’argomento XXX e sto organizzando un webinar sul tema: credo che potrebbe interessarti perché approfondiremo la questione insieme agli esperti Tizio, Caio e Sempronio. Ti piacerebbe partecipare?”.

Se ti risponde di sì, hai conquistato una lead. Se risponde che non è interessato/non ha tempo o altro, hai comunque avviato una conversazione: ringrazialo in ogni caso e chiedigli può essere interessato in futuro ad altri eventi, o se vuole entrare nella tua cerchia di contatti.

Non hai un brand personale

Puoi essere il miglior comunicatore al mondo ma se non hai una tua audience, è un po’ come gettare sassi in uno stagno. Affinché i tuoi contenuti raggiungano un numero adeguato di persone e, soprattutto, le coinvolgano. Avere un’audience però non significa aggiungere alla tua cerchia chiunque ti capita a tiro: devi fare una selezione, crearti una rete di persone che abbiano senso per il tuo business, che possano essere interessate a quelli che hai da dire. Non devono essere necessariamente clienti o potenziali tali, ma l’obiettivo è quello di discutere di temi comuni. Del resto, non manderesti l’invito per una degustazione di vino a un gruppo di astemi o ex alcolisti, giusto?

Pubblicare contenuti di bassa qualità

A volte il problema non è quello dell’audience poco reattiva o poco mirata, ma quello dei contenuti stessi. Se per chi lavora nella comunicazione è relativamente facile (ma mai banale) realizzare post e articoli accattivanti, in grado di catturare l’attenzione, negli altri casi è molto più difficile. Ho avuto a che fare con ingegneri bravissimi nel loro campo, che hanno scritto eccellenti white paper, ma sono incapaci di farsi comprendere da un pubblico più generico. Così come ho incontrato grandi esperti di finanza ed economia, persona alle quali affiderei senza problemi i miei risparmi, ma che quando scrivono, o fanno conferenze, sono troppo tecnici, e risultano comprensibili solo agli esperti del settore.

Non è colpa loro, naturalmente: l’arte della comunicazione, sia essa scritta o parlata, va coltivata col tempo e se passi le giornate a gestire temi ultratecnici insieme a persone che hanno le tue stesse competenze, può essere molto difficile riuscire a comunicare con un pubblico privo delle basi. Migliorare però è possibile e io propongo un metodo di mia invenzione, O.P.E.R.A, che può semplificarti la produzione.

O.P.E.R.A è l’acronimo che sta per OBIETTIVO, PAIN, EMOZIONALE, RAZIONALE, AZIONE. Ecco come funziona:

OBIETTIVO: prima della costruzione di un contenuto devi partire dal perché. Perché stai creando questo contenuto? Che cosa vuoi ottenere? Chi vuoi coinvolgere, quale target? Sono tutte domande indispensabili, senza le quali si rischia di fare cilecca.

PAIN: dopo aver individuato l’obiettivo della comunicazione e, quindi, il target di riferimento, devi individuare il problema che toglie il sonno a chi legge il contenuto, o al limite il suo bisogno impellente.

EMOZIONALE: prima ancora di conquistare il lettore con offerte irresistibili, devi attirarne l’attenzione. In due modi: con un ottimo contenuto visuale per ottenere lo “stop the scroll” (fermare il frenetico scorrere dei contenuti in una bacheca virtuale, come fa la scimmia che vedi sopra) e con un altrettanto buon copy, per dimostrargli che farebbe bene a leggere oltre. Immagine e testo non devono essere ridondanti: devono dire cose diverse, complementari, per completare il messaggio.

RAZIONALE: ogni volta che realizzi una strategia di marketing, stai facendo una promessa a qualcuno. Nel caso specifico prometti di risolvere il suo problema, quindi devi evidenziare il beneficio del bene o servizio proposto. Il lettore si chiede “What’s in it for me?”. Bene, digli chiaramente che cosa ci guadagna.

AZIONE: la call to action finale, come nel modello A.I.D.A., è il naturale approdo di tutta la comunicazione; è come il gol nel calcio, dopo un’azione manovrata e un bell’assist. Non sempre è scontato: ti è mai capitato di andare a un evento bellissimo ma di uscirne con la domanda “e quindi?”. L’utente vuole essere guidato.

Rete di contatti limitata

Come tutti i social network, anche LinkedIn funziona sui grandi numeri e per potenziare le tue opportunità di fare networking e trovare dei potenziali clienti, è necessario avere una rete di contatti il più estesa possibile. Non esiste un numero specifico, ma di certo 50 contatti non sono sufficienti per fare ai tuoi contenuti la visibilità che meritano. Non ti resta quindi che armarti di pazienza ed estendere la tua rete di contatti, ma evita di aggiungere persone a caso. E non avere fretta. Prenditi l’abitudine di chiedere il collegamento con tutte le persone con cui hai a che fare professionalmente e, se inizia a intervenire in gruppi di discussione o a commentare post, non avere timore e chiedi pure il contatto con le persone con le quali stai interagendo. Tieni poi sempre d’occhio le persone che visitano il tuo profilo: per farlo, basta cliccare dalla homepage di LinkedIn sulla voce “chi ha visitato il mio profilo”. Vedi di chi si tratta, come ti ha raggiunto e, se in target, manda pure una richiesta di collegamento.

Scrivimi per organizzare un corso LinkedIn o per una consulenza

[VIDEO] Personal branding con LinkedIn: evento live con Thesis 4U

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Il 4 novembre 2021 sono stato inviato da Thesis 4U, startup che mette in collegamento aziende e studenti nello sviluppo di progetti di tesi di laurea, per parlare di personal branding con LinkedIn.

I temi chiave sono stati questi:

  • Che cosa si intende per personal branding?
  • Che differenza c’è tra visual identity e virtual identity?
  • Come si inizia a curare la propria presenza online?
  • Come ci si presenta correttamente su LinkedIn?
  • Come si evidenziano gli elementi differenzianti?
  • Come ci si rende credibili su LinkedIn?

Puoi rivedere la registrazione dell’evento qui:

 

 

 

LinkedIn e privacy: tutto quello che devi sapere sulle opzioni di visibilità

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LinkedIn offre numerose opzioni per modificare la privacy e la visibilità del tuo profilo, così da consentire a ogni utente di personalizzare la propria esperienza. Ci sono per esempio persone che preferiscono non dare l’e-mail a tutti, ma solo alle persone della propria rete, così come altre che preferiscono far apparire solamente l’iniziale del cognome agli utenti al di fuori delle proprie cerchie. I più attenti alla privacy preferiranno non far vedere agli altri quando sono connessi al social. Alcuni vorranno informare il proprio network di ogni modifica apportata, incluso il cambio della foto del profilo, altri al contrario desiderano evitare di bombardare i contatti di notifiche. Le opzioni sono davvero tantissime e permettono a tutti di trovare il giusto equilibrio fra la massima visibilità e una maggiore riservatezza.

Per accedere a queste impostazioni, entra nel tuo profilo, clicca sull’immagine e poi dal menu a tendina seleziona Impostazioni e Privacy.

Visibilità del tuo profilo e rete

Quando visiti il profilo di una persona, questa verrà avvisata della tua visita, anche se si trova al di fuori della tua cerchia. Ovviamente, anche tu puoi fare lo stesso cliccando sulla voce Chi ha visitato il tuo profilo? Questo dettaglio è estremamente utile, dal momento che ti consente di sapere chi è venuto a cercarti e, soprattutto, come: nei dettagli infatti viene specificato se ti ha trovato tramite la ricerca o l’homepage. Solitamente, è consigliabile tenere attiva questa funzione perché dà una notevole spinta alle possibilità di interagire con nuovi profili ed espandere la tua rete professionale. Ci sono però casi in cui preferiresti poter fare ricerche in maniera totalmente anonima, senza lasciare tracce. Per farlo, clicca su Opzioni di visualizzazione del profilo e cambia l’impostazione.

Quella predefinita mostrerà ai profiili che visiti tutti i dettagli su di te, con tanto di link al profilo. Puoi scegliere anche di condividere solo alcune caratteristiche generiche, e quindi i visitatori vedranno qualcosa del tipo “Giornalista nel settore Media online – Milano”, oppure essere totalmente anonimo, e in tal caso verrà visualizzato Membro anonimo di LinkedIn.

Se decidi di non aprirti del tutto, però, dovrai pagare uno scotto: non avrai più modo di vedere chi ha visitato il tuo profilo, indipendentemente dalle impostazioni del visitatore. A questo puoi porre rimedio passando a un abbonamento di tipo Premium, che ti darà accesso completo alle info di chi ha visitato il tuo profilo negli ultimi 90 giorni (sempre che quest’ultimo non abbia deciso a sua volta di restringere la visibilità del suo).

Lo stesso vale per le Storie, una funzione recentemente introdotta da LinkedIn che strizza l’occhio all’omonima funzione di Instagram e Facebook. Nell’impostazione predefinita, quando visualizzi una storia il creatore ti vedrà nell’elenco dei viewer, ma puoi decidere di dare informazioni generiche oppure vederla come membro anonimo di LinkedIn.

Come ti vedono gli altri?

Come forse sai, i profili di LinkedIn sono indicizzabili dai motori di ricerca. Chiunque può vederlo, anche senza essere iscritto al social del business. Puoi però decidere di avere un profilo pubblico differente da quello che vedranno i search engine e le persone non loggate sulla piattaforma. Cliccando su Modifica il tuo profilo pubblico potrai decidere cosa far indicizzare a Google & Co e quali sezioni vedrà chi non è iscritto alla piattaforma: potresti per esempio decidere di mostrare i gruppi a cui sei iscritto, le pubblicazioni e le esperienze precedenti solo agli utenti loggati, per esempio.

La tua foto, invece, merita un discorso a parte: puoi infatti decidere di renderla pubblica, così come di mostrarla solo agli utenti di LinkedIn o, restringendo ulteriormente, solo ai collegamenti di primo grado. Nome, numero di collegamenti e area geografica, invece, devono essere obbligatoriamente pubblici.

Un dato ancora più sensibile della foto è l’indirizzo e-mail e alla voce Chi può vedere o scaricare il tuo indirizzo email puoi decidere se mostrarla a tutti, ai soli collegamenti di primo grado, a tutti i tuoi collegamenti o, in generale, a qualsiasi utente di LinkedIn. Un dettaglio molto interessante è che, pur lasciandola visibile, puoi decidere di impedire che venga inclusa negli export di dati effettuati dagli utenti.

Alla voce Collegamenti, invece, puoi scegliere se chi fa parte della tua rete può vedere anche i tutti i tuoi collegamenti. Se decidi di disattivarla, in ogni caso, gli utenti del social potranno vedere i collegamenti che avete in comune così come quelli che hanno confermato le tue competenze sul tuo profilo.

Il cognome è mio e non te lo mostro

Navigando su LinkedIn avrai notati che ci sono numerosi profili dove il cognome viene abbreviato con la sola iniziale, tipo Mario R. o Christiane F. Se anche tu desiderassi per qualche motivo farlo, puoi andare alla voce Chi può vedere il tuo cognome così che solo chi fa parte della tua rete lo visualizzi in maniera completa. Chi fa una ricerca utilizzando il tuo nome e cognome, però, potrà trovarti lo stesso.

Ricerca del profilo tramite e-mail e numero di telefono

LinkedIn ti permette di andare alla ricerca dei tuoi contatti personali accedendo alla rubrica delle e-mail o del telefono. Fondamentalmente, vede se ci sono profili associati a questi dati e te li propone come collegamenti: una funzione molto utile per i nuovi iscritti al social, che possono così automatizzare l’invio di richieste di collegamento con le persone che già conoscono. Puoi evitare che accada agendo sulle impostazioni di Ricerca del profilo con email/numero di telefono, specificando se possono trovarti in questa maniera tutti, nessuno o i solo contatti di 1° grado.

Visibilità della tua attività su LinkedIn

LinkedIn ti permette di avere controllo sulla visibilità della tua attività. Alla voce Gestisci il tuo stato di connessione puoi decidere chi può vedere quando sei online, mentre Condividi gli aggiornamenti del tuo profilo con la rete potrai decidere se la tua rete riceverà notifiche in caso di modifiche al profilo (posizione lavorative, ruolo, foto…) e di anniversari lavorativi. Se stai facendo esperimenti sull’ottimizzazione del tuo profilo, ti consiglio di disattivarla, almeno momentaneamente: rischieresti di mandare un’infinità di notifiche poco utili.
La voce Fai sapere ai collegamenti quando il tuo nome è menzionato nelle notizie, come suggerisce il nome, invierà notifiche alla tua rete quando vieni menzionato su un post o su un articolo Pulse: ti consiglierei di lasciarla attiva, e di fare lo stesso alla voce Menzioni o Tag. Potresti infatti decidere di non dare agli altri utenti la possibilità di taggarti, ma dal mio punto di vista non è molto intelligente farlo, dato che limiterebbe di molto la tua visibilità.

Ultimo cenno è relativo alla visibilità di quello che posti: alla voce Follower puoi decidere se i tuoi aggiornamenti sono visualizzabili pubblicamente da tutti gli utenti LinkedIn o solo dai tuoi collegamenti. Anche in questo caso, consiglierei di renderli pubblici: se pubblichi un contenuto, del resto, vuoi raggiungere il maggior numero di persone possibili.

La gestione delle comunicazioni su LinkedIn

Nella sezione Comunicazioni delle impostazioni di LinkedIn puoi cambiare le impostazioni delle notifiche, sia quelle sulla piattaforma sia quelle inviate via mail. Se hai un’attività intensa, limita queste ultime, perché potresti seriamente venire subissato di e-mail ogni pochi istanti. Idem per i pop-up sui dispositivi mobile. Le impostazioni sono piuttosto granulari, così da permetterti in ogni caso di ricevere quelle che ritieni più importanti.

Nell’area Chi può contattarti, invece, puoi porre un freno a chi può inviarti inviti a connettersi (ma a meno che ti chiami Elon Musk te lo sconsiglio: il tuo obiettivo è quello di espandere la rete il più possibile, non certo di limitarla) e quali inviti puoi ricevere dalla tua rete. Personalmente, ho preferito evitare di ricevere inviti a seguire pagine e organizzazioni su LinkedIn e di non avere inviti alle newsletter. Il motivo? Troppe richieste, la maggior parte delle quali non in tema con le mie attività.

In Messaggi puoi infine decidere se ricevere o meno messaggi e messaggi InMail, oltre a messaggi sponsorizzati. Vale lo stesso discorso fatto poche righe sopra: sei su un social network e il tuo obiettivo è quello di espandere la tua rete, creando nuove connessioni e interagendo coi tuoi contatti. Non ricevere messaggi o Inbox limiterebbe enormemente la tua attività, dal momento che potresti chattare solo coi tuoi collegamenti di 1° grado. Puoi invece disattivare senza alcun impatto i messaggi sponsorizzati.

Altri profili consultati: un’opzione da disattivare

Nella voce Preferenze Account, nella sezione Preferenze sito, c’è una voce poco nota, attiva di default e che io ti consiglio di disattivare. Sto parlando di Altri profili consultati, che suggerisce a chi visita il tuo profilo ulteriori contatti LinkedIn cui potrebbero essere interessati. È molto utile per LinkedIn, che in questa maniera stimola gli utenti a continuare la navigazione, ma rischia di avere un impatto negativo sul tuo profilo: il tuo obiettivo è far sì che i visitatori spendano più tempo sulla tua pagina che a visitare altri profili. Togliendo il segno di spunta, eliminerai questa potenziale “distrazione”.

Contattami per un corso LinkedIn

Corso LinkedIn per studenti e laureandi

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La prima volta che ho proposto di tenere un corso LinkedIn per chi non è ancora entrato nel mondo del lavoro, studenti e laureandi, i responsabili della formazione di scuole e università mi hanno regalato uno sguardo perplesso: a che cosa serve un social network professionale per chi non ha ancora una professione?

Qui viene il bello. LinkedIn serve a uno studente per tre motivi diversi:

  1. La costruzione della propria carriera professionale inizia prima di entrare nel mondo del lavoro
  2. Chiunque, anche un under 20, ha una reputazione digitale da monitorare e, spesso, da costruire da zero
  3. Molto spesso i recruiter, in alcuni settori, cercano risorse talmente junior che non sono ancora laureate o diplomate (succede per esempio con informatici, programmatori, ingegneri, tecnici e così via)

Per questi motivi, insegnare le basi della comunicazione e reputazione digitale, declinati come corso sull’uso strategico di LinkedIn, è fondamentale.

Il corso sull’uso strategico di LinkedIn per laureandi da 3 ore

Il corso può avere durate diverse:

  • Un solo incontro di tre ore
  • Tre incontri di tre ore

Nel primo caso, un solo incontro, i temi sono i seguenti:

• Introduzione al tema della reputazione digitale
• Introduzione a LinkedIn
• Uso strategico di LinkedIn e posizionamento professionale degli specializzandi
• Ottimizzazione del profilo
• LinkedIn SEO: posizionamento dei profili con le keyword giuste
• Ampliare la rete di collegamenti
• Ricerca del lavoro online

Il corso sull’uso strategico di LinkedIn per laureandi da 3 incontri

Nel caso del corso che prevede tre incontri, eventualmente da organizzare anche online, i temi sono i seguenti:

1° INCONTRO: RICERCA DEL LAVORO ONLINE E REPUTAZIONE DIGITALE

La selezione del personale nel mondo del lavoro è completamente cambiata con la digitalizzazione e l’esplosione dei social: temi quali software di recruiting (ATS), social recruiting, digital reputation sono ormai imprescindibili. Il corso si concentra sul tema della reputazione online: saranno mostrati casi di studio, strumenti e indicazioni pratiche.

2° INCONTRO: L’USO STRATEGICO DI LINKEDIN

LinkedIn è ormai usato da 15 milioni di professionisti italiani. Come usarlo per posizionarsi correttamente e come usarlo per fare networking, pubblicare e risultare appetibili (e autorevoli) sul mercato del lavoro pur non avendo ancora iniziato la propria carriera? L’incontro si basa sul metodo LinkedIn10C.

3° incontro: CONTENUTI LINKEDIN + CHECK-UP DEI PROFILI + DOMANDE & RISPOSTE

Il terzo incontro, dopo aver affrontato il tema di come pubblicare su LinkedIn per rendersi interessanti, serve per raccogliere le domande degli studenti e per controllare il lavoro fatto sui profili LinkedIn.

L’esempio del corso per la facoltà di Scienza del Materiali dell’Università di Padova

Nel settembre 2021 la facoltà di Scienza del Materiali dell’Università di Padova mi ha coinvolgo nel percorso “Il Lavoro degli Scienziati dei Materiali: Orientamento e Networking Alunni-Alumni”:

Ecco il volantino dell’iniziativa:

Shaping_World_Class_University_Scienza_dei_Materiali

 

LinkedIn per neolaureati: 10 dritte

I corsi possono essere molto utili anche per chi ha appena concluso gli studi. In questo articolo si trovano dieci dritte per l’ottimizzazione del profilo LinkedIn di un neolaureato:

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