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Riepilogo di LinkedIn: partire dai perché (e dal cerchio magico di Sinek)

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Nei corsi per cercare lavoro online applico alcuni principi base del marketing e del digital marketing: del resto ognuno di noi deve trovare un posizionamento e proporsi sul mercato. Dopo aver spiegato come usare gli insegnamenti di Carnegie quando si scrive una lettera o mail di presentazione e quelli di Maxwell Sackheim per vendere sé stessi, passiamo a come ci si presenta. Per esempio scrivendo il riepilogo del proprio profilo LinkedIn, solitamente tasto dolente di chi deve sistemare il profilo.

Secondo Simon Sinek, autore del libro “Partire dal perché”, i grandi leader e le grandi aziende non impostano la loro comunicazione su che cosa fanno o come lo fanno. Partono dal perché. L’esempio tipico è quello di Apple (ma potrei citare anche Harley-Davidson): l’azienda di Cupertino lancia messaggi che partono dal perché, da uno scopo, da una causa o da un ideale che non ha nulla a che fare con quello che Apple fa. Quello che fa non è più la ragione d’acquisto, viene piuttosto utilizzato come prova tangibile di dedizione a una causa. In parole povere: Apple non è vista come un’azienda che fa computer, quindi se produce un lettore MP3, un aggeggio da attaccare alla TV o un orologio, poco cambia. Se invece Dell, azienda di computer, produce un lettore MP3, il prodotto è un flop. Partire dal perché e non dal cosa, tra l’altro, permette di non finire nel pantano delle commodity o a scannarsi sul prezzo.

Sinek parla di cerchio magico, con al centro il perché e, più esterni, come e cosa: ricalca la sezione del cervello umano, dove al centro c’è il sistema limbico e solo alla periferia c’è la neocorteccia, responsabile del pensiero razionale e analitico del linguaggio. Tradotto: la comunicazione deve essere di tipo emotivo, non razionale.

Che cosa c’entra tutto questo con il Riepilogo di LinkedIn, quei 2.000 caratteri che stanno prima delle posizioni lavorative? Se dico che cosa faccio o ho fatto in passato, sto solo elencando una serie di esperienze e skill. Se invece dico perché ho deciso di intraprendere quella carriera, perché mi alzo tutte le mattine (la risposta non è “guadagnare”: quello è un risultato), la comunicazione diventa molto più efficace. Del resto Herb Kelleher (fondatore di Southwest Airlines) disse:

“Non si assume qualcuno per le sue competenze, lo si assume per le sue attitudini. Le competenze si possono sempre insegnare”.

Sinek, per spiegare in modo semplice il concetto, racconta la storia di due scalpellini. Chiedete al primo: “Ti piace il tuo lavoro?”. Lui risponde:

“Non mi ricordo neanche più da quanto tempo sto costruendo questo muro. Il lavoro è monotono. Lavoro tutto il giorno sotto un sole cocente. Le pietre sono pesanti e sollevarle ogni giorno può essere massacrante. Non so nemmeno se vivrò fino a vedere questo progetto completato. Ma è un lavoro. Mi permette di campare”.

Poi invece fate la stessa domanda a un secondo scalpellino, e questo risponde:

“Amo il mio lavoro. Sto costruendo una cattedrale. Certo, non mi ricordo neanche più da quanto tempo sto costruendo questo muro e a volte il lavoro è monotono. Lavoro tutto il giorno sotto un sole cocente. Le pietre sono pesanti e sollevarle ogni giorno può essere massacrante. Non so nemmeno se vivrò fino a vedere questo progetto completato. Ma sto costruendo una cattedrale”.

I due fanno lo stesso lavoro. Ma uno dei due ha uno scopo. Ha un perché.

Sulla scia di queste considerazioni ho riscritto il mio Riepilogo di LinkedIn. Prima parlavo di quello che facevo, con particolare enfasi sui social media, sui blog, sugli eBook. A pensarci bene tutti strumenti che non si usavano in passato e potrebbero non esserci in futuro. Ora invece il mio Riepilogo suona così:

“Ho da sempre una smodata passione per comunicazione e cultura digitali. Cerco di portare l’entusiasmo per la tecnologia in tutto quello che faccio: creo contenuti (il mio vero “core business”) per siti, blog, libri ed eBook, social media, corsi per professionisti e lavoratori, convegni, strategie di content marketing o consulenze aziendali. Queste passioni mi hanno travolto quando ancora ero uno sbarbato (da allora però ho sempre portato la barba). A 16 anni ho iniziato…”

Se fatichi a trovare il tuo perché, prova a usare il metodo dei cinque perché di Sakichi Toyoda.
Se invece cerchi una mano per sistemare il tuo profilo LinkedIn (o il Riepilogo), scrivimi!

“Existential Marketing” di Iabichino e Gnasso

Dopo il marketing relazionale, emozionale, esperienziale, virale, conversazionale, non convenzionale e tribale… Dopo lo smarketing, il demarketing, l’unmarketing, il murketing, il buzz e il guerrilla… Si sentiva il bisogno di un’altra etichetta, serviva anche il “marketing esistenziale”?
La risposta è: (tendenzialmente) sì. Quello che fa il libro di Stefano Gnasso e Paolo Iabichino è spiegare che, morte le grandi narrazioni del Novecento, ora sono le aziende a dover creare “esperienze dotate di senso, capaci di colmare il vuoto esistenziale o quanto meno tentare di ridurlo”.
Il libro, interessante e ben scritto, spiega molto bene che cosa sta accadendo. Non sono qui certo per riassumerlo: leggetelo!
Qui vorrei prendere solo uno spunto del testo e proporvelo. Da tempo, infatti, tutte le volte che tengo un corso sui social network, quando parlo del Web 2.0 e spiego che cos’è UGC, lo “user generated content”, mi chiedo quanto potrà andare avanti questa storia. Per quanto tempo ancora le aziende potranno coinvolgere gli utenti per avere contenuti (e trucchetti per l’engagement) a costo praticamente zero? Per quanto riusciranno a coinvolgere la gente, voi-noi, facendo produrre foto, video, storie, tweet prima che loro-noi, ci si stanchi? Proprio nel libro “Existential Marketing” ho trovato materiale su cui riflettere. Vi si legge:

Ci siamo fatti prendere la mano dal cosiddetto user-generated content. Se nell’epoca dei mass media a nessuno potevano essere negati quindici minuti di celebrità, la profezia attribuita a Warhol e risintonizzata sui giorni di YouTube fa diventare megabyte i minuti, cosicché ogni individuo può aspirare (almeno) a 15 mega di spazio nel mare magnum della Rete. Dev’essere proprio questo che hanno pensato i primi direttori marketing alle prese con Internet perché, a un certo punto, non c’era progetto digitale che non contemplasse il contributo degli user.
A questi poveri utenti è stato chiesto di mandare video, fotografie, commenti in 140 caratteri, cortometraggi e business plan per improbabili startup. Non era il talento a interessare, ma una serie di contenuti a basso costo per popolare siti Internet, pagine Facebook e canali YouTube. Finché il giochino si è rotto e anche il fenomeno dello user-generated content è evaporato come neve al sole, insieme ai fenomeni virali fini a se stessi, agli entusiasmi per il guerrilla marketing e per i flash mob prestati alla pubblicità, una contraddizione in termini, quest’ultima, che per fortuna si è ridimensionata quasi istantaneamente”.

Detto questo, ribadisco: se siete rimasti al marketing che considera il cliente un target e non un interlocutore cui raccontare storie e da coinvolgere direttamente, vi conviene leggere “Existential Marketing” (il sottotitolo spiega molto: “I consumatori comprano, gli individui scelgono”).

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Intervista ad Antonella La Carpia, Pr & Marketing Director di Ebuzzing Italia

Di che cosa vi occupate in Ebuzzing e qual è il tuo ruolo?

ALC: Creiamo engagement attraverso esclusive esperienze di video advertising online. Distribuiamo Ad a un pubblico fortemente targetizzato, tramite il posizionamento di contenuti pubblicitari su: mobile, social media e sui siti di informazione appartenenti al nostro network di premium publisher online.
Oggi siamo felici di poter annunciare che abbiamo realizzato migliaia di campagne, per tutti i più importanti brand multinazionali tra cui: Coca Cola, Adidas, Samsung, Telecom, Heineken, Acer, LG, Evian, Toyota e molti altri. La società è stata fondata da Bertrand Quesada e Pierre Chappaz (ex direttore di Yahoo Europa) nel 2007.
Ebuzzing conta oltre 200 risorse interne e uffici in tutto il mondo. Il nostro dipartimento di R&D è rappresentato da oltre 50 ingegneri che sono il cuore pulsante e la forza dell’innovazione tecnologica dei nostri prodotti. Io sono arrivata nel 2011 e sono responsabile di tutte le attività di marketing e PR per l’Italia. Il mio è un ruolo fortemente differenziato nelle responsabilità e negli obiettivi: dall’emissione di comunicati stampa allo sviluppo di strategie di marketing per la costruzione della brand awareness di Ebuzzing; dall’organizzazione di eventi alla gestione di contenuti corporate per i canali social. Dedico molto tempo ed energie al mio lavoro ma sono molto felice e soddisfatta, soprattutto, perché collaboro con un team internazionale da cui non smetto mai di apprendere.

Come è cambiato il tuo lavoro con l’avvento dei social network?

ALC: I social network hanno radicalmente rivoluzionato il modo di fare comunicazione e marketing. La mia dichiarazione potrà risultare banale e scontata ma è la realtà dei fatti. Oggi gli obiettivi di comunicazione sono tarati per sublimare in tempo zero il concetto di “brand activation” e di conseguenza il tanto speculato engagement. I linguaggi, i ritmi con cui vengono scanditi i processi di “comuni-azione” (comunicare e attivare) e le metriche per misurarne i risultati oggi, sottendono a KPI che fino a pochi anni fa non erano nemmeno contemplabili. Basti pensare a quanto le strategie SEO abbiano influenzato il modo di produrre i contenuti. Un comunicato stampa che nel 2013 viene distribuito anche sul web deve essere prima di tutto pensato e orientato verso questo media. Internet è affollato da “junk content” per questa ragione ci sono regole e procedure ben precise che bisogna seguire per valorizzare un post, un video o un’immagine. Ti faccio un altro esempio: per monitorare i contenuti che quotidianamente condivido sui social o sui siti di informazione devo usare 3 piattaforme diverse. Se mi guardo indietro rimango sconvolta ripensando a quanto il mio lavoro sia stato stravolto alla velocità della luce. Ho iniziato la mia carriera professionale molto giovane. Mi sono iscritta all’ordine dei giornalisti a 22 anni. Ancora sorrido se penso ai primi anni di gavetta in un ufficio stampa istituzionale. La rassegna stampa si faceva ancora a mano: forbici, colla e fotocopie. Adesso, ricevo ogni mattina – in maniera automatizzata – un estratto degli articoli più rilevanti sulla base delle keywords che io stessa aggiorno su un tool di monitoraggio che uso anche per l’emissione dei comunicati stampa. Il riscontro più immediato – rispetto a come stia costantemente cambiando il mio lavoro – ce l’ho anche quando osservo la crescita della pubblicità online. I dati di Nielsen più recenti testimoniano che i media tradizionali hanno subito un crollo considerevole; i brand sono completamente assorbiti dalle dinamiche dei social. Per questo è indispensabile che aziende come la nostra e i direttori marketing non perdano di vista i propri obiettivi di target. E’ fondamentale osservare il mercato costantemente per essere pronti a cambiare rotta in qualsiasi istante, anticipando, prevedendo. Vi consiglio di leggere una celebre intervista di Einstein in cui lui dichiarava: “Non penso mai al futuro. Arriva così presto”. Pe questa ragione l’innovazione in tempo reale è una prerogativa su tutte perché non sono solo realtà come Ebuzzing a imporre cambiamenti e innovazione sulla Rete, piuttosto, l’evoluzione è spesso influenzata da come mutano i comportamenti degli utenti stessi su internet.

Nell’era dei social network, secondo te, è ancora importante avere un sito Web, aziendale o personale?

ALC: I social network hanno amplificato la voce dei brand e ridotto la distanza tra questi ultimi e i consumatori. Allo stesso tempo, sono stati responsabili dei processi di frammentazione dei contenuti. Ogni giorno una singola persona o un brand produce una moltitudine di video, foto, messaggi, articoli che vengono seminati su Twitter piuttosto che su Facebook. Io, personalmente, non ho il tempo per seguire tutto, pertanto, un sito o un blog aziendale hanno ancora la loro funzionalità nel costruire un’identità digitale sintetica e immediata di un utente o di un brand/azienda.

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Intervista a Mirko Pallera, autore di “Create!”:

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