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Fan page di Facebook e illeciti: l’intervista all’avv. Marisa Marraffino

L’avv. Marisa Marraffino è esperta di reati informatici e dei rischi della Rete in generale, collabora a progetti contro il cyberbullismo nelle scuole, a Master universitari e con la sezione “Norme e Tributi del Sole 24 Ore”. È anche, con me, docente a Primopiano per i corsi (di dentologia) per i giornalisti.
In questa breve intervista si parla di social media, e in particolare degli aspetti legali legati alla gestione di una fan page di Facebook. Secondo l’avvocato Marraffino, gli illeciti che si possono commettere gestendo una pagina Facebook sono sostanzialmente tre:

  • violazioni della legge sul diritto d’autore;
  • sostituzione di persona;
  • diffamazione aggravata, per commenti con frasi denigratorie.

Per guardare un’altra intervista dell’avvocato Marraffino (su social, genitorialità e minori) fai clic qui.

Fare marketing con LinkedIn: intervista a Silvia Pettinicchio Krebs

 

Ho conosciuto Silvia Pettinicchio Krebs tramite LinkedIn. Mi aveva colpito il suo profilo ricco di spunti: scorrendolo si scopre, tra le altre cose, che è la fondatrice di The Garage Marketing e docente di marketing e “International Strategic Management” alla European School of Economics. Ora le chiedo di raccontarci la relazione tra LinkedIn e il marketing.

Molte aziende sono spaventate da LinkedIn: pensano sia solo uno strumento che usano i dipendenti per trovarsi un altro lavoro. Non ne comprendono le potenzialità, se non per trovare nuovi talenti. Secondo te si può fare marketing e content marketing efficacemente con LinkedIn?

Incontro spesso aziende piccole e grandi che non sono molto a proprio agio quando si parla di social media. In alcuni casi vietano completamente ai propri dipendenti di utilizzarli durante l’orario di lavoro, temendo che possano perdere tempo a chattare e distrarsi dalle attività lavorative. Altre aprono qualche spiraglio, permettendo di accedervi ma imponendo di utilizzarli solo per veicolare contenuti istituzionali e pre-approvati dall’ufficio marketing.  Sono ancora poche, secondo la mia esperienza, le aziende che comprendono appieno il potenziale dei social network e in particolare LinkedIn per lo sviluppo del proprio business. La maggior parte non comprende che LinkedIn, utilizzato al meglio per quello che è, cioè la più grande rete professionale al mondo, permette di ottenere ottimi risultati in uno degli ambiti centrali per ogni professionista, ovvero creare e coltivare relazioni.

Per questo serve l’account a pagamento?

Anche senza un account prime, LinkedIn permette di entrare in contatto con persone che potrebbero essere interessate alla tua figura professionale, oltre che al tuo prodotto o servizio, aprire un canale di comunicazione, uno scambio di opinioni, consigli, suggerimenti che permetta di “conoscersi” e familiarizzare con i propri interlocutori.

Come contattare le persone?

La modalità affinché questo avvenga non è l’invio di un messaggio diretto, che molto spesso vedo usare da utenti un po’ sprovveduti come canale di vendita push. Solo perché hai accettato l’invito a entrare nel loro network, pensano di riuscire a vendere qualsiasi cosa. Il messaggio InMail di LinkedIn non è molto diverso da un messaggio email tradizionale. Ha però una differenza importante: chi lo riceve, se non ti conosce, può vedere chi sei, che cosa fai e come la pensi, attraverso l’osservazione delle tue attività sul social (cosa pubblichi, cosa condividi, cosa commenti ecc.).

Quindi qual è il modo migliore per creare una relazione con chi non ti conosce ancora?

Non è certo l’invio a freddo di messaggi in mail di vendita, ma la partecipazione a conversazioni di interesse per il nostro target, il pubblicare contenuto sotto forma di articolo o di post con una certa frequenza (c’è chi pubblica quotidianamente, chi più volte al giorno, chi su base settimanale). Il contenuto da pubblicare o da condividere deve essere sempre di interesse per il nostro target e mostrare la nostra area di competenza.

Questa è la base per creare una immagine digitale di sé che possa essere un riferimento sul mercato in cui ci muoviamo come professionisti o in cui si muove la nostra azienda.

Sembrerà scontato ma voglio ricordarlo lo stesso: L’immagine che dobbiamo dare è di persone corrette, dotate di etica professionale e personale, competenti ma anche avvicinabili. Pensateci: sono così le persone con cui vorremmo fare business, no?

Sei fautrice di una comunicazione etica e corretta… Ci sono temi che proprio non dovremmo trattare?

La social etiquette (o netiquette) prevede che i commenti e le battute di tipo politico, razziali, sessisti, così come chi si prefigurata come un hater, non siano ben visti e vengano segregati o peggio ancora banned (bloccati). E questo accade su LinkedIn più che sugli altri social.

Che cosa postare?

Consiglio di postare contenuti che sviscerano problemi ma trovano anche soluzioni. Oppure consigli e mini consulenze nei propri ambiti di competenza, siano esse tecniche, manageriali, scientifiche. Evitare di parlare male di un collega, un datore di lavoro, un cliente o fornitore a meno che vogliate seriamente danneggiare questa persona o azienda. Anche se, come ho detto prima, chi danneggia pubblicamente, anche se a ragion veduta, non è mai visto bene dalla community.

Questo dovrebbe essere il modo di utilizzare LinkedIn. Dal proprio profilo personale ma sempre pensando che si rappresenta una azienda. Anche quando si fa un commento leggero. E forse è per questo che le aziende hanno paura dei social. Perché non si fidano dei propri dipendenti. Ma questa è un’altra storia.

Quali obiettivi può porsi un’azienda che vuole usare LinkedIn a scopo di marketing? Solo visibilità o anche altro?

È uno strumento veramente versatile, offre parecchie delle attività che abbiamo imparato a conoscere nel marketing tradizionale: l’advertising, il direct marketing, l’e-mail marketing. Nello specifico è possibile fare ricerca, ascoltare e osservare, identificare, contattare, fare engagement e rimanere visibili.

 

LinkedIn però non è solo una bacheca…

La sua vera forza sta nel permettere alle persone di creare relazioni. E dalle relazioni nasce il “business”. Faccio un esempio concreto: l’80 % e più di tutti i clienti della mia agenzia arrivano grazie a relazioni aperte su LinkedIn. Badate bene: non ho detto che vendo i miei servizi su LinkedIn. Creo relazioni. Le vendite vengono fatte offline. Ma ci sono casi celebri di aziende, anche B2C, che hanno fatto la propria fortuna utilizzando questo social come piattaforma di vendita.

E come è possibile?

Chi usa questo social solitamente fruisce contenuti più complessi, dedica più attenzione ai contenuti che sceglie di leggere o guardare perché la qualità è tendenzialmente alta.

Dal punto di vista marketing, quali sarebbero i contenuti migliori per un piano editoriale?

Oltre al contenuto di carattere più tecnico, o a quello puramente istituzionale, consiglio sempre di raccontare delle storie seguendo gli insegnamenti dello storytelling. Ogni impresa ha almeno una storia da raccontare. La storia del fondatore, la storia dell’impegno dietro lo sviluppo di un novo prodotto. Storie delle persone che lavorano, storie di clienti che hanno beneficiato dei nostri servizi. Storie di difficoltà ma anche di vittorie.

Puoi farci qualche esempio?

Di alcune aziende che sto seguendo ho raccontato la nascita attraverso la storia del fondatore o della fondatrice: storie di sogni, passione, determinazione, difficoltà e successi. Pubblico sempre le foto delle persone, degli imprenditori ma anche dei dipendenti. È efficace anche il raccontare i grandi progetti: i cantieri, le costruzioni, i dietro le quinte. Rende l’azienda più umana, più vera. E noi tutti, alla fine, vogliamo lavorare con persone vere.

Segui il mio videocorso gratuito su LinkedIn

Per ricevere gratuitamente le videolezioni via email fai clic qui oppure premi sul banner qui sotto:

La mia intervista per Surgelati Magazine

La rivista Surgelati Magazine mi ha intervistato in merito all’uso dei social media nel settore Food. L’intervista è stata pubblicata sul numero 1 del 2017, che puoi consultare a questo link. Ecco le due pagine dell’intervista (che poi continua nelle pagine successive con contributi altrui):

 

eBook gratis “30 errori da non fare su LinkedIn”: da oggi in PDF, ePub e formato Kindle

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LinkedIn è il social network professionale per eccellenza. Macina numeri importanti:

– 400 milioni di iscritti nel mondo;

– 8 milioni di profili in Italia;

– incalcolabili errori commessi da tutti.

Nessuno è immune: uso improprio dello strumento, foto profilo sbagliate, contenuti fuori target, profili scarni o non ottimizzati, keyword generiche e inutili, rete vuota o piena di contatti poco strategici e chi più ne ha…

Per celebrare la nascita di bee-biz, nuova business unit di Sangalli M&C dedicata al social media marketing, ho scritto un eBook pieno zeppo di suggerimenti per correggere quegli errori, trucchi per ottimizzare il profilo e dritte per ilpersonal branding e per il networking.

Potete scaricarlo gratuitamente in tre formati.

PDF 

Kindle (Amazon)

ePub

Buona lettura! 😉

 

 

“Social Media B2B” di Bodnar e Cohen

Dopo essermi occupato per diverso tempo di Social Media B2C, da qualche tempo mi occupo prevalentemente di Social Media B2B. Che differenza c’è? “Social Media Business To Consumer” vuol dire gestire pagine che parlano direttamente al cliente finale (la pagina Facebook di un ristorante, il profilo Twitter di un hotel, il canale YouTube di un professionista) mentre il “Social Media Business To Business” si occupa di profili che si rivolgono ad altre aziende o professionisti. Lo scenario cambia completamente: cambiano i temi, cambiano i toni, cambiano gli scopi. Se un tempo si parlava solo di Social Media B2C, ora invece l’uso dei social per fare, per esempio, lead generation (in soldoni: trovare nuovi clienti) sta letteralmente esplodendo.

Questo testo, scritto da due guru del settore (Bodnar, per esempio, lavora presso HubSpot: quelli, per intenderci, che hanno inventato l’espressione “inbound marketing“), parte con un concetto molto forte: i social media sono più adatti al B2B che al B2C. Boom! I motivi sono diversi, ne cito un paio. Primo perché il target è noto e profilato e, secondo, perché i contenuti sono molti e di qualità. Partendo da questo presupposto gli autori mostrano quali sono gli strumenti per fare lead generation (non solo social, ma anche il Web con le landing page) e quali le best practice. Molte le dritte, alcune davvero preziose: per esempio come fare reach building, come si calcola il ROI (ritorno dell’investimento) dei social media e quali caratteristiche devono avere eBook e Webinar per diventare veri contenuti “conversori”.

 

Per acquistare il libro su Amazon, fai clic qui:

“L’arte dei social media” di Guy Kawasaki

L’arte dei social media – Guy Kawasaki

Spesso mi chiedono (e mi chiedo) che lavoro faccio. Quando facevo il giornalista, era facile da spiegare. Ora che mi occupo di social media per una nuova social media agency (EffettoDomino) non è facile far capire a chi non si occupa di social network professionalmente che… no, non basta buttare qualche bella foto su Facebook o twittare con l’hashtag giusto. Fare il social media manager, come spiega questo libro di Guy Kawasaki (Hoepli), vuol dire avere una strategia, programmare, usare i tool giusti, seguire le fonti migliori, creare contenuti interessanti e, perché no, potenzialmente virali.
Guy usa gli stessi strumenti che usiamo anche noi di EffettoDomino tutti i giorni: da Hootsuite a Buffer e IFTTT (strumenti di automazione), da Social Mention a Social Bro (strumenti di monitoring), da SlideShare (per condividere le presentazioni) a Canva (tool per la creazione di immagini con template, azienda dove lavora Guy), da Storify (tool per fare curation), da Likealyzer (per analizzare pagine Facebook di cui non si è amministratore) a fino agli spreadsheet condivisi su Google Doc per i calendari editoriali e altro.
Nel libro, di livello base e quindi utile per chi social media manager professionista non è, si trovano dritte di ogni sorta: dalle liste di Twitter alle comunità di Google+, dal numero ideale di post da pubblicare in un giorno a come monitorare i commenti (e rispondervi senza fare danni), da come integrare social media e blogging a come si crea una mailing list con MailChimp, dalle dritte su come aumentare il numero di follower a come rendere social ogni tipo di evento (e mandarlo in streaming).

Per comprendere il tono del libro, abbiamo selezionato alcune citazioni interessanti:

“La mia teoria è molto semplice: se sui social non rompi le scatole agli altri, vuol dire che non li usi nel modo giusto.”

“Non c’è nulla da fare: sui social media è la sintesi ad avere la meglio sulla prolissità.”

“Ti consigliamo di aggiungere sempre due o tre hashtag ai post. Se ne usi di più, passerai per l’#idiota che vuole #sfruttareilsistema per i propri interessi.”

“Se condividi contenuti per la sola gioia di aiutare gli altri, rimarrai sorpreso dalla quantità di bontà e reciprocità che riceverai.”

“È un dato di fatto che pagare per promuovere i post su Pinterest, Facebook e Twitter funziona. È infatti un modo per garantirsi che i propri post siano letti da un maggior numero di lettori. Facebook, in particolare, è sempre più una piattaforma ‘pay to play’.”

“Ricorda: ABC (Always Be Curious) e sperimenta tu stesso per scoprire cosa funziona meglio per le tue esigenze.”

“A nostro giudizio, la SEO (Ottimizzazione per motori di ricerca) è in buona parte una grande sciocchezza, se si parla di social […] Non ascoltare questi presunti maghi della SEO e pensa solo a creare, curare e condividere grandi contenuti. È la cosiddetta SMO: Social Media Optimization.”

“Giacché gli altri ti osservano, sforzati di conservare un tono positivo e gradevole nelle tue risposte, anche di fronte a commenti banali, irritanti o provocatori.” (Alla Gianni Morandi, aggiungo io…: vedi Rispondere agli insulti come farebbe Gianni Morandi)

“Segui le regole della boxe amatoriale e combatti tre soli round. La campanella d’inizio incontro è la pubblicazione del primo post. Round 1: il commentatore manifesta la sua opinione. Round 2: tu rispondi. Round 3: il commentatore esprime un giudizio sulla risposta. Fine del match”.

“La gran parte delle aziende non usa i social media per aumentare la visibilità e il valore degli eventi. Al contrario, si dedicano solo alle promozioni prima dell’evento mirate ad attrarre visitatori, e durante l’evento non fanno pressoché nulla per sfruttare le grandi potenzialità offerte dai social media.”

“Suggerire agli altri cosa condividere non è solo sintomo di insipienza: ne è il manifesto.”

Chiudo con… “La definizione di ‘guru dei social media’ è davvero un ossimoro perché nessuno sa davvero come funziona questo mondo.”

Insomma, un libro interessante che gli addetti ai lavori possono usare per un (piacevole) ripasso.

 

PS: Post pubblicato anche sul blog ufficiale di EffettoDomino a questo indirizzo.

Per acquistare questo libro su Amazon:

“Existential Marketing” di Iabichino e Gnasso

Dopo il marketing relazionale, emozionale, esperienziale, virale, conversazionale, non convenzionale e tribale… Dopo lo smarketing, il demarketing, l’unmarketing, il murketing, il buzz e il guerrilla… Si sentiva il bisogno di un’altra etichetta, serviva anche il “marketing esistenziale”?
La risposta è: (tendenzialmente) sì. Quello che fa il libro di Stefano Gnasso e Paolo Iabichino è spiegare che, morte le grandi narrazioni del Novecento, ora sono le aziende a dover creare “esperienze dotate di senso, capaci di colmare il vuoto esistenziale o quanto meno tentare di ridurlo”.
Il libro, interessante e ben scritto, spiega molto bene che cosa sta accadendo. Non sono qui certo per riassumerlo: leggetelo!
Qui vorrei prendere solo uno spunto del testo e proporvelo. Da tempo, infatti, tutte le volte che tengo un corso sui social network, quando parlo del Web 2.0 e spiego che cos’è UGC, lo “user generated content”, mi chiedo quanto potrà andare avanti questa storia. Per quanto tempo ancora le aziende potranno coinvolgere gli utenti per avere contenuti (e trucchetti per l’engagement) a costo praticamente zero? Per quanto riusciranno a coinvolgere la gente, voi-noi, facendo produrre foto, video, storie, tweet prima che loro-noi, ci si stanchi? Proprio nel libro “Existential Marketing” ho trovato materiale su cui riflettere. Vi si legge:

Ci siamo fatti prendere la mano dal cosiddetto user-generated content. Se nell’epoca dei mass media a nessuno potevano essere negati quindici minuti di celebrità, la profezia attribuita a Warhol e risintonizzata sui giorni di YouTube fa diventare megabyte i minuti, cosicché ogni individuo può aspirare (almeno) a 15 mega di spazio nel mare magnum della Rete. Dev’essere proprio questo che hanno pensato i primi direttori marketing alle prese con Internet perché, a un certo punto, non c’era progetto digitale che non contemplasse il contributo degli user.
A questi poveri utenti è stato chiesto di mandare video, fotografie, commenti in 140 caratteri, cortometraggi e business plan per improbabili startup. Non era il talento a interessare, ma una serie di contenuti a basso costo per popolare siti Internet, pagine Facebook e canali YouTube. Finché il giochino si è rotto e anche il fenomeno dello user-generated content è evaporato come neve al sole, insieme ai fenomeni virali fini a se stessi, agli entusiasmi per il guerrilla marketing e per i flash mob prestati alla pubblicità, una contraddizione in termini, quest’ultima, che per fortuna si è ridimensionata quasi istantaneamente”.

Detto questo, ribadisco: se siete rimasti al marketing che considera il cliente un target e non un interlocutore cui raccontare storie e da coinvolgere direttamente, vi conviene leggere “Existential Marketing” (il sottotitolo spiega molto: “I consumatori comprano, gli individui scelgono”).

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Social Media ROI

Intervista a Vincenzo Cosenza, autore di “Social media ROI”:

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A Top Tech ho intervistato Federica Dardi, editor Apogeo e autrice di “Twitter”:

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Facebook per tutti

A Top Tech abbiamo parlato di “Facebook per tutti” con l’autrice, Chiara Cini:

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