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Come usare ChatGPT nella vendita B2B [VIDEO – webinar]

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Il 22 marzo 2023 ho tenuto un webinar con Luca Image sul tema “Come usare ChatGPT nella vendita B2B“. In mezz’ora abbiamo ho raccontato la mia esperienza con l’uso di questa tecnologia nella comunicazione aziendale e come può essere utile nei processi di vendita. Ho evidenziato l’enorme potenziale di ChatGPT grazie alla sua vasta quantità di dati usati per l’addestramento e alla sua struttura neurale. Tuttavia, ne ho menzionato anche i limiti.

I temi del webinar

  • ChatGPT è una tecnologia utile per la comunicazione aziendale e può essere utilizzata nei processi di vendita.
  • Può essere utile per migliorare le relazioni e la comunicazione con i clienti.
  • Può essere utilizzata per studiare il mercato e individuare nuove opportunità di vendita, quindi anche per fare marketing.
  • Può supportare il venditore nel processo di social selling.
  • Può aiutare nella creazione di contenuti personalizzati e mirati per i clienti.
  • Può rivelarsi utile anche per il training dei venditori, simulando negoziazioni.

Qui un articolo di approfondimento:

La registrazione dell’evento

Ecco il video integrale:

Il corso su ChatGPT e le AI generative

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ChatGPT nelle vendite B2B

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Con la crescente importanza dei canali digitali nella comunicazione commerciale, per un venditore B2B è diventato sempre più importante acquisire nuove competenze legate a personal branding, social selling e relazioni online. Oppure trovare un assistente che dia una mano su questi aspetti, mentre si è impegnati altrove (visite, telefonate, lavoro d’ufficio, ecc.). L’assistente, però, non deve necessariamente essere un umano!

Perché un chatbot può essere utile nelle vendite B2B?

Esistono molte differenze tra le vendite B2B e quelle B2C, anche se con l’avvento dell’online ormai si parla sempre più spesso di H2H (da umano a umano, indipendentemente dal tipo di business). Ma se una differenza va sottolineata, è questa: le vendite B2B si basano sulle relazioni, tra l’altro con diversi attori. Come diceva il Cluetrain manifesto, i mercati sono “conversazioni”. Per questo un chatbot, vale a dire un programma nato per imitare le conversazioni umane e i mercati, risulta ideale per aiutarti nella vendita.

Più nello specifico, le competenze di un venditore B2B sono le seguenti.

  • Comprensione approfondita dei prodotti e servizi offerti.
  • Abilità nella gestione delle relazioni con i clienti.
  • Capacità di identificare le esigenze dei clienti e sviluppare soluzioni personalizzate.
  • Capacità comunicative, comprese le abilità di presentazione e negoziazione.
  • Competenze nell’utilizzo di strumenti digitali per la promozione della propria attività.

Uno strumento che può essere particolarmente utile per i commerciali B2B, in tutte queste attività, è ChatGPT, un chatbot che sfrutta l’intelligenza artificiale, sviluppato da OpenAI (per metà ormai nelle mani di Microsoft). Questo strumento, allenato con una quantità di dati mai vista prima, può aiutare i venditori B2B in molti modi: per esempio nella comunicazione, nell’automazione dei processi e nella raccolta di informazioni sul cliente. Prima ecco un’introduzione video a questo straordinario strumento:

Ora vediamo esempi d’uso pratici.

Lo studio del cliente

Prima di incontrare un cliente, puoi sfruttare ChatGPT per studiare l’azienda e l’interlocutore. Potresti partire dall’analisi dell’annual report. Ho chiesto al chatbot di analizzare il testo sulla strategia 2022-2025 di Eni e di evidenziarne i punti salienti. Pagine e pagine di testo sono riassunte in questo comodo bullet point:

Spesso, però, gli annual report sono molto lunghi (quello di ENI supera le 400 pagine). Per questo puoi usare Chatpdf: puoi caricare qualsiasi PDF (se oltre le 200 pagine, devi usare le API Key di OpenAI) e interrogare il chatbot sul contenuto del documento:

Per aziende meno strutturate basta prendere dei testi dal sito Web, o da una brochure, e chiedere a ChatGPT di riassumere i punti salienti riguardo storia, produzione, mercato, clienti e così via.

Puoi prepararti anche sui target. Questa la SWOT analysis di un buyer a partire dal suo profilo LinkedIn (a patto che non sia vuoto):

Qui mostro come fare la SWOT analysis di un CV:

La comunicazione con i clienti

ChatGPT può essere utilizzato per generare e personalizzare la comunicazione con i clienti. Facciamo un esempio concreto. Grazie a un prompt (insieme di istruzioni) personalizzato – dove si stabilisce qual è il tono, il contenuto e quale la call to action finale – puoi chiedere al chatbot di scrivere un’email al cliente per fare upselling.

Pensa invece se potessi scrivere un messaggio di follow-up dopo la riunione con il cliente con i punti salienti. Basta che registri l’incontro, trasformi il parlato in testo e chiedi a ChatGPT di fare il riassunto. Se la riunione è online, e usi Microsoft Teams (Microsoft è uno dei maggiori azionisti di OpenAI), puoi usare la nuova funzione di recap.

Sempre per quanto concerne le comunicazioni con i clienti, è possibile anche installare dei plugin di Chrome (segnalo WriteGPT) per chiedere a ChatGPT di rispondere direttamente alle mail, generando messaggi che tengano in considerazione tono, temi e contesto di quanto scritto dal mittente.

Altro punto interessante: internazionalizzazione della comunicazione. ChatGPT, al pari di traduttori che usano l’intelligenza artificiale come Deepl (consigliatissimo!), risulta particolarmente utile per scrivere in lingua straniera o revisionare testi e messaggi, nonché tradurre da e in qualsiasi lingua.

Lo studio del mercato

In ottica di “business artificial intelligence” (come la chiama McKinsey), ChatGPT può essere utilizzato per raccogliere informazioni sul mercato: sul cliente e sui competitor. Si può partire dallo studio di questi ultimi, gli “avversari”. Posso chiedere a ChatGPT di elencare aziende di un determinato settore, i loro prodotti, il modello di business e addirittura il fatturato stimato.

Mi raccomando: controllare sempre le informazioni generate. Spesso, purtroppo, ChatGPT inventa delle informazioni! Conviene quindi, a questo scopo, usare Bing.

Se i dati sono attendibili, si può proseguire. Potrei chiedere di restituire altri risultati o aggiustare il tiro. Se invece queste informazioni servono per una presentazione (a proposito, puoi delegare anche quella grazie a Tome), possiamo chiedere di metterle in una comoda tabella:

Tutte queste informazioni vanno controllare, perché ChatGPT non è (ancora) un motore di ricerca e le informazioni che ha “studiato” risalgono al 2021.

Lato studio dei clienti, Il chatbot può analizzare e raccogliere informazioni sulle loro esigenze, preferenze e comportamenti di acquisto. Per esempio, potrei dare in pasto al chatbot tutti i commenti che si trovano in un forum B2B, o in un e-commerce, per evidenziare le problematiche più ricorrenti espresse dal target. Io l’ho fatto per una sedia da ufficio. Sono andato su Amazon, ho filtrato per commenti a una stella e le ho copiate:

A quel punto, con le recensioni in memoria (in diverse lingue e con informazioni irrilevanti tra un testo e l’altro), ho chiesto a ChatGPT di evidenziare le critiche espresse al prodotto in un elenco. Il risultato è molto interessante:

Il marketing (e il personal branding)

Puoi anche chiedere a ChatGPT di aiutarti nel marketing. Lo so che non è il tuo mestiere, ma spesso nelle aziende meno strutturate non c’è un reparto marketing e devi arrangiarti, per esempio creando materiali di vendita, organizzando eventi o la presenza in fiera, e via dicendo.

Abbiamo parlato di analisi del target. Per creare contenuti e strategie funzionali, serve conoscere molto bene il target. Uno strumento usato nel marketing, oltre alla buyer persona, è la empathy map:

Possiamo chiedere a ChatGPT di aiutarci anche in questo:

Pensiamo a una strategia di inboud marketing: quanto sarebbe utile avere un cosiddetto “lead magnet”, un contenuto che generi contatti? Pensiamo a un webinar tecnico (format che ha spopolato durante la pandemia) o, meglio ancora, a un eBook. Potresti chiedere a ChatGPT di scrivere un libretto centrato sul problema del cliente. Non hai nemmeno idea di quale contenuto scegliere? Chiedilo a lui!

Poniamo che una di questa ti piaccia: per esempio la decima, “L’arredo ufficio a misura di dipendente: comfort e benessere sul posto di lavoro”. Possiamo chiedere a ChatGPT di proporre una scaletta dell’eBook.

Ora non resta che fargli scrivere i capitoletti.

E così via, fino a confezionare l’eBook, che potrebbe essere impaginato con Canva, magari con un cover creata da Dall-E, altro strumento di intelligenza artificiale di OpenAI che genera immagini a partire da istruzioni testuali. Per spingere quel contenuto online, potresti aver bisogno anche di fare della campagne di digital marketing, su Google o sui social: ovviamente ChatGPT può essere un ottimo copywriter per i tuoi annunci.

Lato marketing, ma di sé stessi, puoi farti aiutare da ChatGPT nel personal branding. Per sistemare il profilo LinkedIn, magari cercando le migliori keyword, legate anche al tuo business, per farti trovare.

Gli script di vendita

Se la tua azienda usa il telemarketing, potresti usare il chatbot per creare gli script di vendita.

Il training

Altra idea strampalata. Siccome una volta, per divertimento, ho chiesto a ChatGPT di impersonare un personaggio famoso, tipo Socrate, nulla mi vieta di chiedergli di mettersi nei panni di un cliente o, viceversa, di un venditore. Questo per allenarsi, superare le obiezioni, chiudere le trattative. Soprattutto se si è alle prime armi, ovviamente.

Puoi anche sbizzarrirti. Prova a usare un prompt del genere: “Agisci come un esperto venditore che ha studiato La bibbia delle vendite di Jeffrey Gitomer. Prova a vendermi un nuovo antivirus per aziende. Fai una domanda e aspetta la mia risposta”. Oppure chiedigli di applicare gli insegnamenti sulla persuasione di Robert Cialdini o i principi del lupo di Wall Street Jordan Belfort. O ancora sottoponigli le obiezioni dei clienti, per esempio con questo prompt: “Mi occupo di telemarketing. Vendo sistemi di sicurezza per la casa telefonicamente. Il cliente sostiene che non gli serve un sistema di sicurezza per la casa perché non possiede nulla di valore. Come posso rispondere a questa obiezione?

GPTBoss è uno strumento che consente di “assumere”, si fa per dire, dei chatbot al posto dei dipendenti. Alcuni di questi sono stati istruiti per fare i business coach.

Il webinar sull’uso di ChatGPT nella vendita B2B

Il 22 marzo 2023 ho tenuto un webinar con Luca Image sul tema “Come usare ChatGPT nella vendita B2B“.

Il corso su ChatGPT

Scrivimi per una consulenza o per organizzare un corso su ChatGPT

 

 

 

Social selling per l’HoReCa: 5 dritte

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Il ruolo del venditore, nell’era digitale e dopo la pandemia del 2020, è profondamente cambiato. Temi quali reputazione digitale, social selling, prospecting online e social customer care non possono essere trascurati.

Ne ho parlato il 24 novembre in occasione di un corso sul social selling per il settore HoReCa (la sigla sta per hotellerie-restaurant-café e indica il mondo della ricettività in senso lato) durante un corso tenuto per Doreca, azienda di distribuzione di bevande. Il corso, ideato e tenuto insieme a Silvano Rusmini, consulente per la comunicazione con trent’anni di esperienza nel canale HoReCa, vuol essere il primo di un percorso che affronta anche i temi della reputazione digitale, creazione di contenuti ed employer branding.

I 5 motivi per usare il social selling nell’HoReCa

Pochi venditori hanno già scoperto il social selling, anche se lo usano in modo istintivo. Per gli altri vale la pena ribadire quali sono i 5 motivi per usare i social nella propria attività commerciale:

  1. Non si può non comunicare online: se non ci sei, stai evitando la conversazione con clienti.
  2. L’attività di lead generation, ovvero trovare nuovi clienti, passerà sempre più dai canali online, nei prossimi anni.
  3. Intercettare i trend del mercato.
  4. Presidiare il mercato (e monitorare la concorrenza).
  5. Fare networking.

5 dritte per sfruttare al massimo il social selling nell’HoReCa

Durante il corso ho dato, tra le altre, le seguenti cinque dritte:

  1. Il social selling non vuol dire vendere online. Si vende senza vendere (da tempo si parla di vendita consulenziale)!
  2. Il posizionamento e la reputazione digitale sono fondamentali per ogni venditore, soprattutto perché i clienti dell’HoReCa sono particolarmente “social” (pensa a pub e ristoranti…): come ti trova chi ti cerca online?
  3. Sei quello che posti: immagini e video di pessima qualità, soprattutto se parliamo di cibo e bevande, squalificano il tuo lavoro.
  4. Rendi il più empatica possibile la tua comunicazione: al centro di ogni contenuto ci devono essere le persone.
  5. La tecnologia ci aiuta: con una logica “mobile first” usa smartphone e tablet per creare contenuti e tenere le relazioni.

Un esempio concreto

Michele Camastra, Beer Category Manager di Doreca Italia, è un buon esempio di come creare contenuti “amichevoli” con protagonista non il prodotto, bensì le persone. Questo il post che ha pubblicato in occasione del nostro corso presso la sua azienda.

 

Contattami per organizzare un corso sul social selling nella tua azienda

Social selling per assicuratori: 5 errori da non fare [VIDEO intervento all’evento “La forza degli intermediari”]

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Il 7 ottobre 2021 sono stato invitato all’evento “La forza degli intermediari“, organizzato da Insurance Connect, per tenere uno speech dal titolo “Social selling per assicuratori: 5 errori da non fare”

Quali sono gli errori che gli assicuratori spesso fanno online?

  1. Non esserci
  2. Sbagliare la scelta dei canali
  3. Sbagliare approccio
  4. Non ascoltare
  5. Andare out of topic

10 temi chiave del mio intervento

  1. Non si può non comunicare (anche online)
  2. No alla comunicazione autoreferenziale!
  3. Il social selling non vuol dire “vendere online”: non provare a piazzarmi una polizza al primo messaggio!
  4. Occorre puntare sulle relazioni (parliamo di “social”…), non sulle trattative
  5. Dai valore: fai vera cultura assicurativa (magari anche con dei video…)
  6. Meglio scegliere pochi canali e presidiarli bene
  7. Non si può presentarsi come esperti di tutto: serve focalizzazione
  8. Non si può comunicare allo stesso modo su tutti i canali
  9. Ascolta il tuo pubblico online
  10. Tenere separata la comunicazione personale da quella professionale (no foto delle vacanze su LinkedIn)

Queste le slide che ho usato:

Bonanomi_social_selling_assicuratori_InsuranceConnect

Guarda il video “social selling per assicuratori: 5 errori da non fare”

Questo il video integrale (18 minuti) del mio speech (fai clic sull’immagine):

Social Selling: 10 tattiche che funzionano

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Quello del social selling è un trend in continua crescita, come dimostra anche l’incremento delle ricerche sull’argomento a livello mondiale.

Ma cosa si intende per social selling? Secondo Wikipedia “è il modo in cui un’azienda o un professionista utilizza i social media ed il potere del network per creare relazioni e per raggiungere, o meglio superare, gli obiettivi di vendita prefissati. Attraverso i social network più diffusi si costruisce con i clienti potenziali dei solidi rapporti di fiducia, concentrandosi sui loro gusti e coinvolgendoli con approfondimenti, notizie e informazioni utili”.

Fondamentalmente, il social selling non è usare i social network per vendere prodotti o servizi (quello, al limite, sarebbe social commerce), ma creare le condizioni per farlo. Non tramite le classiche sponsorizzazioni, ma creando una rete di connessioni, fidelizzando i clienti, stimolando conversazioni con gli utenti che, col tempo, potrebbero portare all’acquisto. Per capirci, se vai a spammare su un forum e gruppi di appassionati di sneaker le tue super offerte scontatissime, NON stai facendo social selling, ma solo spam, che non verrà apprezzato.

Per intenderci: l’assicuratore che mi contatta e, un minuto dopo aver accettato il collegamento, cerca di piazzarmi una polizza non fa social selling. Fa incazzare e basta.

Se però sfrutti i social per condividere le tue considerazioni, gli articoli del tuoi blog, stringere nuove connessioni, dare consigli, allora questo è a tutti gli effetti social selling. Un processo che richiede tempo e impegno ma che può dare grandi risultati, se avrai la pazienza e la costanza necessari per creare il tuo brand personale.

Di seguito ti presento 10 tattiche che potrai usare per potenziare la tua attività di social selling online.

1 – Usa gli insights

I dati sono lo strumento più potente che hai in mano. Capire quali sono i trend del momento più apprezzati dalla tua rete di contatti ti permetterà di avere sempre argomenti “ricercati” cui agganciarti per dare una spinta alla tua attività. Questo non significa però che devi prendere le keyword del momento e sbatterle dentro i tuoi contenuti sperando di accalappiare qualche visualizzazione in più (così sfioreresti il clicbait). Un approccio simile è destinato a fallire velocemente, dato che i tuoi contenuti non sarebbero attinenti con l’intento della ricerca.

Quello che funziona, invece, è analizzare i gusti dei tuoi follower sulle varie piattaforme e capire cosa li accomuna, per poi sfruttare questa leva per stimolare il loro interesse. Se realizzi che molti dei tuoi follower su LinkedIn tendono a seguire dei webinar, può essere lo stimolo per iniziare a organizzarne qualcuno sui temi di cui ti occupi. La cosa importante è analizzare tutte le informazioni che hai a disposizione e capire chi hai di fronte, così da entrare maggiormente in sintonia.

2 – Frequenta i gruppi di discussione

Il social selling si basa sulla fiducia e sull’autorevolezza. Se le persone ti considerano una persona competente nel tuo settore e si fidano dei tuoi consigli, perché vedono che offri preziosi suggerimenti e che hai una conoscenza approfondita della tua materia, saranno più propensi a fidarsi di te.

Ma come dimostri queste qualità? Con la tua attività sui social, naturalmente. Iscriviti ai gruppi Facebook e LinkedIn relativi al tuo settore e inizia a contribuire attivamente, supportando gli utenti meno esperti, rispondendo alle loro domande, ma anche offrendo spunti di discussione. Facendo così ti potrai porre fra i punti di riferimento, trend setter (eviterei il termine influencer, per carità) del tuo settore. Anche qui, non entrare in un gruppo per “spammare”: nella migliore delle ipotesi verrai ignorato, nella peggiore escluso dal gruppo stesso. Se poi hai un elevato numero di follower molto coinvolti, perché non apri il tuo gruppo di discussione?

3 – Sfrutta i social trigger

I social trigger sono quegli eventi fondamentali nella vita di una persona, che oggi puoi individuare grazie agli strumenti messi a disposizione dai social network. Ma cosa sono questi trigger? Tutti quegli eventi in grado di stravolgere la vita di una persona (nel bene, soprattutto, ma non solo) e che creano in questa nuove esigenze. Un matrimonio, la nascita di un figlio, cambiare lavoro, traslocare. Individuali tramite i social: LinkedIn, per esempio, ti permette di capire chi ha cambiato lavoro – o ruolo all’interno dell’azienda – di recente (Sales Navigator ha una voce apposta!). Potrebbe essere l’occasione per proporre a queste persone dei contenuti che possano catturare la loro attenzione; contenuti che prima probabilmente avrebbero ignorato bellamente e che ora diventano estremamente importanti data la “novità” nella loro situazione.

4 – Interagisci anche su canali che non sono i tuoi

Prima ti ho parlato dei gruppi, ma non sono certo gli unici luoghi virtuali dove poi interagire con persone che potrebbero essere tuoi clienti. Ci sono altri canali, come i blog di altre persone, dove puoi inserirti nei commenti per mostrare il tuo punto di vista, dare ulteriori spunti e, in generale, contribuire tenendo alto il tono della conversazione. Ci vuole molto tatto, ovviamente, e devi farlo in maniera disinteressata: non puoi andare nella casa (virtuale) di qualcuno a vendere i tuoi prodotti. Sarebbe praticamente spam, e rimedieresti un ban in tempo zero, giustamente. Però, se sei esperto di una tematiche e vedi che viene affrontata un in blog, perché non dire la tua? Avrai modo di entrare in contatto con un pubblico che è già coinvolto (anche se da un altro) e, col tempo, potrai costruire relazioni utili anche alla tua attività professionale. Inutile sottolineare che non puoi farlo sui blog dei concorrenti, ma su quelli che affrontano tematiche più generiche. Negli Stati Uniti un canale che potrebbe offrirti un gran potenziale è Reddit, che purtroppo in Italia non è così diffuso, ma è destinato a crescere: perché non dargli una chance?

5 – Rispondi sempre ai tuoi lettori

Come avrai ormai capito, la chiave per il successo nel social selling è l’interazione. Devi interagire il più possibile, su più piattaforme, producendo contenuti rilevanti per il tuo potenziale pubblico. Non fare però l’errore di trascurare i tuoi canali personali: capita a volte di essere così impegnati a interagire su gruppi, forum e piattaforme di ogni tipo e poi dimenticarsi di rispondere ai propri follower di Instagram, Facebook, LinkedIn.

Questo è un errore da non fare: se qualcuno pubblica un commento sotto a un tuo post su LinkedIn, cogli la palla al balzo per reagire a tua volta. Una risposta da parte tua dimostrerà che sei una persona disponibile e attenta a quanto succede. Non devi scrivere papiri: a volte può bastare una semplice faccina, altre un commento. L’importante è non ignorarli e non far passare troppo tempo prima di rispondere.

6 – Usa gli strumenti di monitoraggio dei social

Capire quali sono le discussioni rilevanti e riuscire a introdursi nel discorso è fondamentale per potenziare la tua attività di social selling, e se inizialmente usare forum, gruppi e fare ricerche online può dare ottimi risultati, col tempo espandersi ulteriormente diventa molto difficile se conti solo sulle tue forze e sulle tue intuizioni e sensazioni.

Qui tornano molto utili gli strumenti di monitoraggio dei social, che ti dicono quali sono le discussioni più seguite, su quali canali, quali tipologie di utenti coinvolgono e qual è il tone of voice prevalente. Un esempio è Sprout, una delle piattaforme di social media monitoring più apprezzate, ma non mancano alternative come Talkwalker. Questi potenti strumenti non sono ovviamente gratuiti e possono avere un costo non trascurabile, ma quanto inizi a crescere, diventeranno un supporto fondamentale per le tue attività.

7 – Presidia tutte le piattaforme principali. E fallo sapere al tuo pubblico

Sicuramente ci sono piattaforme che ti piacciono maggiormente e altre che proprio detesti, ma se vuoi fare social selling non ti puoi permettere di ignorare queste ultime. Fondamentalmente, dovresti essere presente su ogni social rilevante, oltre ad avere una presenza online.

Sul tuo sito (che non può mancare, soprattutto rispettando il modello hub and spoke) inserisci i link a tutte le piattaforme sulle quali hai un profilo: DEVI avere necessariamente una presenza su LinkedIn (per me ovviamente prioritario), Facebook, Instagram e, se pubblichi anche contenuti video, su Youtube (uno dei social più “costanti” e ottimi anche in chiave SEO). E devi curare tutti questi canali, ovviamente investendo maggiori energie su quelli che ti danno un maggiore ritorno.

Se vuoi fare presa anche su un pubblico molto giovane (ricordati che i figli in casa sono quelli che decidono gli acquisti familiari, o quantomeno hanno un’importante voce in capitolo, che si tratti di cambiare tv o di scegliere la prossima auto) devi essere anche su TikTok. Capisco che se hai più di 30 anni non lo capirai – io faccio una gran fatica! – e ti sentirai fuori luogo, ma il lavoro è anche questo. Non ti preoccupare se non lo capisci: è una questione anagrafica, è normale. Tieni poi d’occhio Clubhouse – il social network fatto di solo audio – che ultimamente ha catalizzato l’attenzione, inizialmente appannaggio solo dei possessori di iPhone ma ora disponibile su Android.

Naturalmente, puoi ignorare bellamente le piattaforme poco significanti: un tempo avere un profilo su A Small World voleva dire essere un figo: era solo su invito, e non lo potevi chiedere. Da quando è diventato a pagamento ha perso tutta la sua attrattiva, e pure i VIP hanno iniziato a disinteressarsene. Peccato, perché nel suo periodo di massimo splendore aveva una guida ai ristoranti che Tripadvisor levati.

8 – Trovati collaboratori e sfrutta l’automazione

Come avrai visto, la mole di lavoro è tanta, tantissima. Da solo non è semplice riuscire e stare dietro a tutto: ecco perché dovresti trovarti qualcuno che ti dia una mano, in modo che tu possa concentrarti sul core business, delegando il controllo delle piattaforme e la pubblicazione dei contenuti (ma anche la moderazione dei commenti, se necessario, oltre che la gestione delle interazioni) a un tuo collaboratore.

Per ottimizzare ulteriormente, ti consiglio anche di affidarti ad alcune soluzioni di automazione, per gestire gli aspetti più noiosi e ripetitivi del mestiere. Hootsuite, Buffer e PostPickr non solo ti permettono di condividere velocemente i contenuti su più piattaforme con pochi clic, ma ti danno anche modo di misurare i risultati, in maniera anche più precisa rispetto agli strumenti offerti dai social stessi. E superano anche alcune delle loro limitazioni: LinkedIn non consente di programmare i post, un limite a mio avviso fastidiosissimo. Per aggirare la limitazione usa uno degli strumenti che ti ho suggerito: basta anche il piano gratuito.

9 – Installa un chatbot sul tuo sito

Non potrai essere sempre disponibile e presente per rispondere a tutti i commenti e le interazioni, e non essere online al momento giusto può costarti una lead o prospect. Perché non usare un chabot, quindi? Ti eviterà di venire subissato di e-mail di richieste di ogni tipo, e i dati dicono che piacciono molto agli utenti. Eviterà a te e ai tuoi collaboratori di rispondere mille volte alle stesse domande ripetute da tantissimi utenti, e ti offrirà qualche insights in più su chi ha visitato il sito.
Nonostante l’intelligenza artificiale abbia fatto passi da gigante negli ultimi anni, però, i chatbot sono spesso molto sempliciotti, e non sono in grado di reggere una conversazione: usali per le cose più semplice, come listini prezzi, faq, informazioni sull’indirizzo della tua sede o sul contatto telefonico. E perché no, aggiungi qualche risposta spiritosa, che ci sta sempre bene.

10 – Sfrutta al massimo i dati che hai già a disposizione

Fino a ora ti ho spiegato come raggiungere nuovi clienti, ottenere nuove lead e prospect tramite i social e altre piattaforme, ma non dimenticarti di un dettaglio: è più facile coinvolgere chi già conosci che “tirare dentro” un perfetto sconosciuto. Ecco perché dovresti sempre sfruttare al massimo tutti i contatti che hai già avuto e che otterrai nel corso di un’attività di social selling. Non solo i clienti che hai già, ma anche chi ti ha chiesto un preventivo e poi non ha acquistato il servizio/prodotto, chi ti ha contattato per semplici informazioni, le persone con le quali hai interagito. Tutte queste interazioni sono preziose e se hai acquisito (a norma di legge, sia chiaro) e-mail e numero di telefono di queste persone sarà facile contattarle e raggiungerle su tutti i canali su cui sono attivi, senza doverti ricercare a mano. Non solo: sia LinkedIn sia Facebook che Instagram ti permetteranno di usare questi dati per derivare un pubblico nuovo, che condivide con loro una serie di caratteristiche individuate dall’IA delle piattaforme. Credimi: è molto più potente della targetizzazione per interessi e attività, per quanto tu sia bravo farla.

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7 tips per il social selling con LinkedIn: il mio webinar per la Milano Digital Week 2021

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La Milano Digital Week è uno dei più importanti eventi sul digitale in Italia. Lo scorso 16 marzo è stato pubblicato il mio webinar on demand dal titolo “7 tips per il social selling con LinkedIn“, realizzato in collaborazione con la Fastweb Digital Academy.

Il webinar è stato visto centinaia di volte!

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Negoziazione su LinkedIn: il metodo delle 7P di Gianluigi Bonanomi

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Ultimamente mi è capitato di leggere il testo “Fanatical prospecting” di Jeb Blount. Si tratta di un testo molto interessante, soprattutto per chi, come me, lavora prevalentemente sull’inbound marketing. La visione di Blount è più quella del venditore tradizionale, di chi brucia un sacco di gasolio ogni anno ma soprattutto passa un sacco di tempo al telefono per fare prospecting, una “cold call” dietro l’altra. Nel testo si afferma che un venditore deve bilanciare le attività di outbound (le telefonate appunto) con quelle inbound (social selling). È anche vero che il testo è stato scritto molto prima della pandemia del 2020-21, ora le cose sono radicalmente cambiate (probabilmente per sempre).

In ogni caso ho trovato molto interessante la parte sul social selling e, in particolare, sull’uso di LinkedIn per fare prospecting. Ho studiato con attenzione i suggerimenti di Blount: dopo un po’ di rielaborazione, mi hanno ispirato il metodo delle 7P utile per la negoziazione su LinkedIn. Quando si usa? Prima si fa prospecting e targeting, si individuano i prospect giusti (con la ricerca avanzata di LinkedIn e, a pagamento, con il Sales Navigator) e poi li si contatta, per esempio inviando una InMail. Il metodo serve per costruire il messaggio.

La differenza tra il metodo ABCD e il metodo delle 7P

Il metodo ABCD non fa parte della fase di negoziazione, ma serve per chiedere correttamente il contatto su LinkedIn a una persona che non si conosce. Vi sono degli elementi che ritroverai nel metodo delle 7P, ma sono due strumenti diversi da usare in situazioni diverse: uno al primo approccio per far entrare qualcuno nella propria rete, l’altro per una proposta commerciale. Soprattutto la nota di contestualizzazione della richiesta di collegamento permette di creare messaggi da 300 caratteri mentre le InMail permettono di scrivere 1900 battute e aggiungere anche un allegato.

Il metodo delle 7P

Il metodo delle 7P è un percorso in 7 step, ognuno dei quali permette di costruire una parte di un messaggio di vendita da inviare via LinkedIn (oppure altrove, per esempio via e-mail). Ecco le 7P:

Ora analizzerò le 7P, una a una.

1P – la presentazione

Quando si invia una InMail a una persona che non ci conosce occorre salutare (citando il nome del destinatario) e poi presentarsi, giocare a carte scoperte: si scrive nome e cognome, ruolo e azienda, eventualmente raccontando in pochi caratteri di che cosa si occupa l’azienda.

Salve Mario,
sono Gianluigi, fondatore di Link&Lead, startup che si occupa di incentivare la comunicazione su LinkedIn dei dipendenti grazie a meccanismi di gamification, formazione e LinkedIn coaching.

2P – i punti in comune

In questo divertente spot di Wilkinson di qualche anno fa, si dimostra l’importanza di presentarsi al meglio, evidenziando elementi comuni rispetto al target:

Evidenziare dei punti in comune crea familiarità, permette di non contrapporsi, di non essere sui due lati della barricata:

Ho visto dal suo profilo e dai contenuti che pubblica su LinkedIn che entrambi siamo appassionati di comunicazione digitale.

3P – partire dal perché

Come ci ha insegnato Simon Sinek quando la comunicazione parte dal “perché” risulta più efficace. Ma basti invece un esperimento di Ellen Langer (psicologa di Harvard) citato da Robert Cialdini nel suo “Le armi della persuasione” per inquadrare il tema:

Un principio del comportamento umano noto a tutti dice che, se chiediamo a qualcuno di farci un favore, l’otterremo più facilmente se forniamo una qualche ragione: alla gente piace avere delle ragioni per quello che fa. La Langer ha dimostrato sperimentalmente questo fatto per nulla sorprendente, chiedendo un piccolo favore alle persone in coda alla fotocopiatrice di una biblioteca:

<<Scusi, ho cinque pagine. Posso usare la fotocopiatrice, perché ho una gran fretta?>>

L’efficacia di questa richiesta-con-spiegazione è stata quasi totale: il 95% degli interpellati l’ha lasciata passare avanti nella fila. Si confronti questa percentuale di successi con i risultati ottenuti con la semplice richiesta:

<<Scusi, ho cinque pagine. Posso usare la fotocopiatrice?>>

In questa situazione acconsentiva solo il60%. A prima vista sembra che la differenza decisiva fra le due formule sia l’informazione aggiuntiva contenuta nelle parole “perché ho una gran fretta”. Ma una terza formula ha dimostrato che le cose non stanno esattamente così. A quanto pare a far differenza non era la serie intera di parole di senso compiuto, ma solo la prima, “perché”. Invece di fornire una vera ragione per giustificare la richiesta, la terza formula si limitava a usare il “perché” senza aggiungere nulla di nuovo:

<<Scusi, ho cinque pagine. Posso usare la fotocopiatrice, perché devo fare delle copie?>>

Il risultato fu che ancora una volta quasi tutti (il 93%) acconsentirono, anche se non c’era nessuna informazione nuova che spiegasse la loro condiscendenza. Come il “cip-cip” dei pulcini mette in moto la risposta automatica della mamma tacchina, anche se proviene da una puzzola impagliata, così la parola “perché” faceva scattare una risposta automatica di acquiescenza da parte dei soggetti della Langer, anche se dopo il “perché” non seguiva nessuna ragione particolarmente decisiva.’

Insomma, occorre inserire nel proprio messaggio il motivo alla base del contatto:

La contatto perché mi piacerebbe confrontarmi con lei sul tema della gamification applicata alla comunicazione dei dipendenti.

4P – individuare il problema

Individuare il problema (o pain), parlandone in modo empatico e soprattutto usando le parole del target, risulta fondamentale per coinvolgerlo e interessarlo. Come si individua il problema di chi sta dall’altra parte? Nel marketing si usa lo strumento “buyer persona”, che possiamo tradurre liberamente come profili di cliente: vanno correttamente identificate per poter fare una comunicazione efficace per ognuno. Per identificare le Buyer Personas può essere utile fare delle vere e proprie schede, così da meglio comprenderli e meglio immedesimarsi nelle loro necessità. Per esempio si può usare questa scheda:

In questa scheda, oltre ai dati anagrafici o meglio socio-demografici (non più sufficienti), mi piace molto la parte di destra, in particolare i “pain point” oltre ai desideri, aspettative e le leve d’acquisto. Faccio un esempio di quel che intendo. Se propongo a una responsabile marketing di una impresa di medie dimensioni un progetto di consulenza sul content marketing, che superi le lacune della comunicazione com’è impostata e che permetta all’azienda di ottenere più risultati. Lei mi bloccherà, perché uno dei suoi obiettivi è quello di fare bella figura con i superiori. Per questo proporrei lei come titolare del progetto, e io come consulente. Lei deve fare bella figura con i capi, non io.

Un utile strumento per capire quali sono le leve motivazionali da usare nel B2B c’è questa bella infografica che rappresenta la piramide di Maslow adattata a questo mondo business. È detta anche “piramide del valore” ed è stata realizzata da Bain & Company nel 2018:

Nella mia comunicazione uso questo paragrafo che fa leva sul pain:

Dopo anni di formazione e consulenza su LinkedIn, condividevo con HR e Marketing manager la frustrazione per la mancata partecipazione dei dipendenti alla comunicazione dell’azienda. Ho individuato i tre motivi per i quali i dipendenti non partecipano:

  1. non sono / non si sentono preparati
  2. non sono seguiti
  3. non ci guadagnano nulla

La mancata partecipazione dei dipendenti, a detta di LinkedIn, è un problema. L’audience dei contatti dei dipendenti è 10 volte superiore a quella dell’azienda. Oltretutto ogni sei condivisioni si porta a casa un follower per la pagina LinkedIn aziendale, senza ricorrere alle costose campagne di advertising di LinkedIn, spesso un bagno di sangue.

Come vedi nella frase vi sono espressioni emozionali (frustrazione, bagno di sangue) perché, contrariamente a quanto si possa pensare, anche nella comunicazione B2B (sempre che ci possa ancora distinguere tra B2C e B2B…) la parte emozionale è preponderante. Ne parlo abbondantemente, di solito, nel mio corso sul neuromarketing per la creazione di contenuti social.

5P – i benefici del prodotto o servizio

Dopo aver evidenziato e sclerotizzato il problema, come insegnato dallo schema P-A-S (problema-agitazione-soluzione) arriva il momento della soluzione. Sempre per essere coerenti con l’assunto visto in precedenza, ovvero che la comunicazione emozionale debba essere preponderante, qui non si parla delle caratteristiche del prodotto: non ne avremmo lo spazio. Si parla dei benefici del prodotto: un vecchio assunto del marketing recita: “non si parla della pomata, ma del prurito“.

Ecco come proseguo nella mia comunicazione:

Per rispondere a tutti i tre problemi (impreparazione, mancanza di motivazione e di incentivi dei dipendenti) ho deciso di creare una piattaforma di gamification (una gara con punti, classifica giornaliera e generale e premi!), formazione online (con portale dedicato) e LinkedIn coaching per trasformare i dipendenti, collaboratori e reti vendita in brand ambassador, entusiasti portavoce dell’azienda su LinkedIn e generatori di contatti e lead. La piattaforma, con algoritmo proprietario, si chiama appunto Link&Lead.

6P – portare le prove

I destinatari sanno che voglio vendere qualcosa. Non per questo saranno necessariamente prevenuti, se li ho agganciati correttamente con la P del problema. Ma restano scettici, come tutti gli acquirenti. Del resto acquistare è un processo delicato, perché acquistando si rischia denaro ma anche qualcosa di molto più prezioso: la propria rispettabilità e l’autostima. Per questo l’onore della prova è tutta sulle spalle del venditore, che deve dimostrare incontrovertibilmente che quel che vende sia la soluzione giusta. Può farlo con due tipi di prove: riprova sociale (per tornare a Cialdini) e numeri/risultati. Per questo è sempre bene predisporre una pagina, sul proprio sito, con un caso di successo che riporti dati e testimonianze. Nel caso di Link&Lead abbiamo predisposto un caso di successo sulla prima sperimentazione :
Case study: AGM SpA di Brescia. Riporto le informazioni di quella pagina, e quel caso di studio, nel mio messaggio:

Le prime sperimentazioni della piattaforma e del metodo hanno portato risultati che sono andati per oltre le nostre aspettative: in media i dipendenti di un’azienda bresciana (che ha fatto partecipare 15 persone) hanno migliorato la propria comunicazione su LinkedIn del 300%, alcuni del 700%. I follower della pagina sono passati da poco più di 100 a oltre 200 in un mese. Può ascoltare le testimonianze entusiastiche dei partecipanti a questo link: https://linkandlead.it/agm-case-study.

7P – programmare un approfondimento

Il messaggio dovrebbe chiudersi con una proposta precisa di incontro, anche virtuale, di approfondimento. Non bisogna genericamente dire: in caso di interesse, non esiti a contattarmi. Meglio chiedere esplicitamente un incontro (spesso le persone non ottengono ciò che vogliono perché non chiedono, dice Blount) e, pragmaticamente, proporre date e orari per l’incontro:

Che cosa ne dice se ci troviamo in videocall mercoledì alle 17 oppure giovedì alle 14? Se gli slot sono già occupati, mi propone lei data e orario? Buon lavoro.

La sintesi del messaggio

Tutti i testi che ho scritto sopra sono un po’ troppo lunghi. Una InMail consente di inserire, come detto, “solo” 1.900 caratteri. Ecco quindi la sintesi del mio messaggio:

Salve Mario,

sono Gianluigi, fondatore di Link&Lead, startup che si occupa di incentivare la comunicazione su LinkedIn dei dipendenti. Ho visto dal suo profilo e dai contenuti che pubblica su LinkedIn che entrambi siamo appassionati di comunicazione digitale. La contatto perché mi piacerebbe confrontarmi con lei sul tema della gamification applicata alla comunicazione dei dipendenti.

Dopo anni di formazione e consulenza su LinkedIn, condividevo con HR e Marketing manager la frustrazione per la mancata partecipazione dei dipendenti su LinkedIn. Ho individuato i tre motivi per i quali i dipendenti non partecipano:

– non sono / non si sentono preparati

– non sono seguiti

– non ci guadagnano nulla

La mancata partecipazione dei dipendenti è un problema: i contatti dei dipendenti sono 10 volte superiori ai follower dell’azienda e ogni 6 condivisioni si porta a casa 1 follower (gratis) per la pagina aziendale.

Per rispondere a tutti i tre problemi (impreparazione, mancanza di motivazione e di incentivi) ho deciso di creare una piattaforma di gamification (punti, classifica giornaliera e generale e premi!), formazione online e LinkedIn coaching per trasformare i dipendenti, collaboratori e reti vendita in brand ambassador, entusiasti portavoce dell’azienda su LinkedIn, e social seller.

Le prime sperimentazioni di Link&Lead hanno portato risultati oltre le aspettative: in media i dipendenti di un’azienda bresciana hanno migliorato la propria comunicazione su LinkedIn del 300%, alcuni del 700%. I follower della pagina sono passati da poco più di 100 a oltre 200 in un mese. Può ascoltare le testimonianze entusiastiche dei partecipanti a questo link: https://linkandlead.it/agm-case-study.

Che cosa ne dice se ci troviamo in videocall mercoledì alle 17 oppure giovedì alle 14? Se gli slot sono già occupati, mi propone lei data e orario? Buon lavoro.

Gianluigi

Chiedimi informazioni sul corso di social selling

Scrivimi per informazioni sul corso di social selling

Dritte sul social selling: la mia intervista per il libro “Acquisire nuovi clienti con LinkedIn”

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Nell’ottobre 2020 è uscito per FrancoAngeli il nuovo libro di Gambirasio e Castelletti “Acquisire nuovi clienti con LinkedIn”. Ho dato il mio contributo con una breve intervista sul social selling.

Descrivi qualitativamente e/o quantitativamente i risultati commerciali da te ottenuti grazie a LinkedIn®:
Uso LinkedIn® per tre motivi: personal branding, networking e social selling. Ogni settimana ricevo richieste di informazione per i miei corsi sulla comunicazione digitale.

Da 5 (minimo) a 10 (massimo) tips (consigli pratici-operativi) per utilizzare LinkedIn® per acquisire nuovi Clienti:
1. Completare il profilo
2. Posizionarsi con le parole chiave giuste (LinkedIn® SEO)
3. Non essere autoreferenziali: come aiuti gli altri?
4. Scegli immagini giuste: non solo quella del profilo, anche la cover
5. Allarga il network, ma in modo coerente e funzionale
6. Pubblica contenuti interessanti per il tuo pubblico
7. Inserisci progetti per far capire, in concreto, di che cosa ti occupi
8. Non trascurare i contatti, come la gente può raggiungerti fuori da LinkedIn®?
9. Scrivi un riepilogo coinvolgente, puntando soprattutto sull’incipit
10. Il profilo che emerge da LinkedIn® è coerente con la tua personalità?

Indica i principali errori da evitare nell’utilizzare LinkedIn® per acquisire nuovi Clienti:
1. Aggredire i Clienti con offerte, LinkedIn® non è uno strumento “outbound”
2. Non avere un piano editoriale e costanza nella pubblicazione
3. Trascurare le interazioni (commenti, condivisioni, messaggi)

Farmacie tra social selling e content marketing [intervista per Farmaciapotenziata.it]

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Questo articolo è stato pubblicato su Farmaciapotenziata.it nell’ottobre 2020

Farmacie tra social selling e content marketing

Social selling non significa vendere con i social, ma promuovere cosa si è capaci di fare attraverso creazione di nuove relazioni con i propri utenti. Scopriamo di più insieme a Gianluigi Bonanomi, formatore sulla comunicazione digitale.

Cosa si intende per social selling?

Prima di parlare di trucchi e buone pratiche vanno smontati i facili entusiasmi: fare social selling non vuole dire “vendere online con i social, come qualcuno potrebbe pensare. Al limite quello potrebbe essere “social commerce”, e molte farmacie già lo fanno da anni. Social selling è un misto di tecniche di posizionamento, contenuti e relazioni: di solito questa etichetta si usa prevalentemente per i business B2B, ma ormai questa distinzione è obsoleta. I social servono per far vedere che cosa fai, come lo fai, per chi lo fai e poi per sfruttare la leva dei contenuti per dare valore e creare (o tenere) le relazioni. Ecco la parola chiave: le relazioni. Del resto, parlando di “social”…

Esiste un target di cliente privilegiato per questa attività?

In realtà no. Si può fare social selling per tutti e con tutti. Seguo aziende B2B che si occupano di ventilazione industriale, così come aziende del mondo ho.re.ca (Hotellerie-Restaurant-Café). E farmacie, appunto. Queste ultime dovrebbero usare i social, come dicevamo, per le relazioni: intrattengono con video di alleggerimento, ma soprattutto educano con contenuti di valore sui temi più disparati: prevenzione, consigli alimentari, iniziative, contest, testimonianze…di tutto! Dico “dovrebbero usare” perché spesso non è così: proprio perché obnubilate dall’idea di vendere su Facebook e Instagram, riempiono le bacheche di post di prodotto e offerte. Ma la gente non segue i social per farsi “rifilare” i prodotti. Le persone usano i social – quei social – per svago e per tenere le relazioni. Non possiamo forzare la mano. Il processo è lungo e articolato.

Qual è il know-how necessario per fare social selling con successo?

Credo che l’uso dei social richieda competenze sempre più specifiche da comunicatore digitale: saper comunicare è la base, ma non basta. Bisogna coniugare le proprie capacità creative ed empatiche con l’uso di strumenti nuovi: quindi bisogna sapere creare piani editoriali, grafiche e infografiche (per chi non sa farlo, si può sempre usare strumenti come Canva.com), video magari con sottotitoli, content management systems come WordPress per il sito web, padroneggiare le metriche e gli analytics e così via. Credo inoltre che il social seller sia anche un “negoziatore digitale”: chi sa interpretare le comunicazioni online, scrivere un messaggio efficace, rispondere a una contestazione e così via.

E cosa è indispensabile avere a livello di infrastruttura digitale o di backoffice/magazzino?

Credo che più del magazzino o del backoffice serva un ottimo gestionale e un sistema di comunicazione integrata (si parla di convergent marketing: il flusso di comunicazione dovrebbe riguardare dai social agli Sms, dalle newsletter al blog). Il social seller potrebbe collegare le sue attività di comunicazione con il sito Web e il gestionale per tramutare davvero tutto quello che ci siamo detti prima in ordini e vendite. Per esempio, potrebbe produrre dei contenuti gratuiti che generano contatti, poi alimentare quei contatti con newsletter nelle quali inserire, senza esagerare, offerte o coupon da riscattare grazie all’e-commerce. Questo, in gergo, è il “content marketing”, attività che si sposa benissimo con il social selling.


Considerando la peculiarità dei prodotti venduti dalla farmacia, è ipotizzabile che essa faccia social selling?

Se, come abbiamo visto, fare social selling non è necessariamente un’attività appannaggio del commerciale o del banconista, chiunque può farlo. È però difficile portare un esempio di social selling fatto bene perché dovremmo parlare di singoli che si muovono bene, leggere i loro messaggi ai clienti e così via. Piuttosto posso segnare un buon esempio di content marketing: la farmacia Di Nardo (www.farmaciadinardolabrozzi.it) ha un buon sito con blog ed e-commerce, ma soprattutto lavora benissimo con i contenuti. Per esempio, ha realizzato una serie di video su temi come la secchezza vaginale o l’alimentazione. Oppure articoli sulla caduta dei capelli, in questo caso collegati a meccanismi di sconti e prenotazioni per l’analisi del capello.

Quali sono i limiti per la farmacia in questo tipo di attività?

I limiti sono quelli di volere tutto e subito: le attività social sono fondamentali, ma non si può pretendere di costruire relazioni e fiducia da un giorno all’altro. Un altro limite è il non voler investire, intendo tempo e risorse ma anche denaro: a volte bisogna capire che Facebook è uno strumento a pagamento, e la visibilità costa. Un ultimo limite, spesso il principale: la mancanza di competenze in termini di comunicazione digitale; quanti farmacisti hanno fatto un corso che, tra le altre cose, insegni a rispondere alle critiche online?