Tecnostress in azienda: quali soluzioni?

Lo scorso 10 aprile 2018 ho partecipato a un convegno sul tecnostress in Bicocca con un intervento dal titolo “Soluzioni tecniche, cognitive e culturali per ridurre il tecnostress in azienda” (vedi qui sotto slide e commento).

Quali erano quelle soluzioni?
Le soluzioni per ridurre il tecnostress, e per andare verso un benessere digitale in azienda, sono di quattro tipi. Ipotizzando una matrice a quattro quadranti, da una parte dividiamo le soluzioni in individuali e collettive, dall’altra parte in tecniche e psicologiche o culturali. L’incrocio di queste voci dà origine, appunto, a quattro tipi di soluzioni. Nelle prossime righe riporterò un esempio per quadrante.

Soluzioni personali di tipo tecnico

Per combattere il tecnostress e focalizzarsi sul lavoro è possibile sfruttare la tecnica del pomodoro: ideata da Francesco Cirillo negli anni Ottanta, deve il suo nome a quel famoso timer a forma di pomodoro un tempo usato in cucina. Grazie al timer ci si concentra sul lavoro per 25 minuti, per poi fare cinque minuti di pausa. Ogni quattro cicli si fa una pausa più lunga, un quarto d’ora o mezz’ora. Esistono diverse app per questo metodo, ma basta il cronometro dello smartphone.
Allo stesso modo si possono usare filtri alle chiamate o la modalità aereo.

Soluzioni personali di tipo culturale

Fatevi un regalo: compratevi “Nudge. La spinta gentile” del premio Nobel dell’economia Thaler. Parla del nudging, il pungalamento: “rinforzi positivi e suggerimenti o aiuti indiretti possono influenzare i motivi e gli incentivi che fanno parte del processo di decisione di gruppi e individui”. Un esempio che si trova nel libro: invertendo le voci di menù di una mensa scolastica, i ragazzi mangiano più verdura.
Che cosa c’entra con il tecnostress? Provate a impostare il display del vostro telefono sulla scala di grigi. Vi passerà la voglia di usarlo, non più condizionati da stimoli visivi e dal design “diabolico” di sistema operativo e app.
Per approfondire il tema suggerisco di leggere l’articolo di State of Mind “Digital Detox: nudging e uso consapevole dello smartphone”.

Soluzioni collettive di tipo tecnico

Oltre alla tecnologia “imposta” dal datore di lavoro, ogni lavoratore porta in ufficio anche la propria. Il fenomeno è talmente rilevante da meritarsi un acronimo: BYOD (bring your own device). Mi capita spesso di visitare aziende dove ogni lavoratore usa strumenti personali, e app personali, per lavorare: WhatApp per inviare documenti, Gmail per ricevere preventivi e così via.
Una soluzione potrebbe essere quella di adottare piattaforme come Slack o Trello: strumenti unificati, dedicati ai gruppi di lavoro, per gestire posta, chat, flussi di lavoro, documenti condivisi e altro ancora. Strumenti indispensabili se vogliamo iniziare a parlare seriamente di smart working.

Soluzioni collettive di tipo culturale

Dal 2017 in Francia è scattato il “diritto di disconnessione”: una norma che obbliga le aziende con più di 50 dipendenti a negoziare con i lavoratori il diritto a non rispondere a mail e telefonate al di fuori degli orari di lavoro (vedi articolo su La Stampa).
Quando faccio consulenza nelle aziende per la comunicazione digitale, faccio fare due policy: una esterna, per regolare le interazioni dei clienti sui canali social dell’azienda, e una interna, per regolamentare l’uso degli strumenti di comunicazione digitale da parte dei dipendenti. Si potrebbe integrare la policy interna con una serie di norme che regolino l’uso degli strumenti digitali: non solo le mail, ma anche le chat, le conference call, i Web meeting e altro ancora.

Se vuoi organizzare un convegno sul tema o un corso sul benessere digitale e la gestione del tecnostress nella tua azienda, contattami:

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